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A Tulsa l’America è di nuovo piccola piccola ma presto si libererà dal malefico Trump

Trump ha pianificato anche con i suoi tweet il comizio di Tulsa per lanciare il suo messaggio ai "white supremacist", ma l'America non sarà mai più quella

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
Perché Trump, sull’immigrazione, ha ragione (con buona pace degli hipster)

Donald Trump (by Antonio Giambanco/VNY).

Time: 2 mins read

Oggi a Tulsa, Oklahoma, non vedremo un’America “Great Again”,  o “White Supremacist Again”, perché è questo il messaggio che al suo comizio di inaugurazione della sua campagna elettorale vuol lanciare il più malefico Presidente della Storia USA Donald Trump.

Il comizio trumpiano di oggi era stato “scientificamente” programmato tempo fa. Sarebbe dovuto avvenire ieri, venerdì, mentre negli USA si celebrava il Juneteenth (il giorno in cui l’America ricorda quando in Texas arrivò la notizia della proclamazione di Lincoln della fine della schiavitù). Il Presidente USA lo avrebbe appunto tenuto proprio a Tulsa, Oklahoma, quella città dove il 1 giugno del 1921 avvenne uno dei più gravi massacri a sfondo razziale della storia, con centinaia di morti e distruzioni causati da una folla di bianchi che attaccò il quartiere dei neri, con la polizia e la guardia nazionale che la aiutò nell’assassinare e saccheggiare le case di inermi cittadini afroamericani. Invece il comizio che sarebbe dovuto avvenire ieri non è avvenuto: Donald Trump ha finalmente capito che non fosse il caso, in questo momento in cui in tutto il paese si manifesta contro il razzismo, di iniziare ufficialmente la sua campagna elettorale col “Make America Great Again” (avete capito ora cosa significhi quella frase?) proprio a Tulsa e per giunta in uno stadio al chiuso al tempo del coronavirus? Macché, Trump lo ha solo spostato di un giorno il comizio, che invece terrà oggi, sabato, proprio nella città dove avvenne quel massacro razziale scolpito nella storia della vergogna degli Stati Uniti.

6 giugno 1921: Il quartiere dei neri a Tulsa, dopo le devastazioni dei white suprematist fiancheggiati dalle autorità (Wikimedia Commons/Evening Public Ledger)

Quindi il presidente più pericoloso della storia USA, non soddisfatto ancora dei rischi che sta facendo correre, ieri ha inviato via Twitter le sue minacce e avvertimenti ai manifestanti del Black Lives Matter, i quali, non solo a Tulsa ma in qualunque altra città degli Stati Uniti, da settimane protestano contro il razzismo affiancati da migliaia di cittadini pacifici. Trump ha scritto che qualsiasi manifestante, anarchico, saccheggiatore farabutto che andrà in Oklahoma “non sarà trattato come a New York, Seattle o a Minneapolis. Sarà una scena molto diversa”. Inteso l’avvertimento?

Se oggi a Tulsa scoppierà un altro inferno e soprattutto se pacifici manifestanti verranno provocati e caricati dalla polizia o dai provocatori di Trump, il Primo Emendamento della Costituzione USA sarà ancora una volta calpestato da questa presidenza, che continua a twittare benzina sul fuoco. La sua strategia? Meglio che ci siano disordini, violenze e magari saccheggi, così la “Maggioranza silenziosa” voterà per la pseudo “legge e ordine” di Trump.

Eppure soffia un vento diverso in America ormai, lo vediamo ogni giorno nelle piazze delle grandi città, e abbiamo sentito che avviene persino in quelle più piccole di sperduti stati del MidWest. La maggioranza degli americani di tutti i colori si sta svegliando, ormai ha capito quanto sia razzista, pericoloso, inetto e malefico questo presidente: lo caccerà presto con la potenza della democrazia.

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e dirigo La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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