Le recenti manifestazioni a livello mondiale determinate dall’omicidio di George Flyod per mano di alcuni agenti di polizia di Minneapolis – erroneamente confuse con le sommosse ed i saccheggi avvenuti in alcune città – hanno generato una feroce e ingiusta critica nei confronti del movimento Antifa. Non potendo condannare i diritti di manifestazione pacifica e di libertà di espressione garantiti costituzionalmente (e qualcuno ci ha comunque provato), le forze reazionarie americane hanno montato argomentazioni fittizie contro il movimento antifascista. L’amministrazione trumpiana sta minacciando di classificare Antifa come organizzazione terroristica. Nel paese che ha combattuto – e vinto – una guerra contro il fascismo, ora è considerato sovversivo essere anti-fascista.

Antifa non è altro che l’ennesima manifestazione di quell’antifascismo che esiste da quando è nato il fascismo. L’Italia ha il torto di aver generato il primo regime fascista ma ha contemporaneamente il merito di aver dato vita al primo movimento anti-fascista. Prima ancora che Mussolini fosse chiamato dal re Vittorio Emanuele III a ricoprire la carica di primo ministro, esistevano già militanti antifascista, gli Arditi del Popolo. Poiché avevano lo scopo di rispondere alle violenze delle Camice Nere con altrettanta violenza, ovviamente non furono supportati dagli organi ufficiali di stato, come polizia, esercito e magistratura, e furono ripudiati anche dai socialisti, presumibilmente rivoluzionari, e addirittura dal neo nato Partito Comunista (nonostante il suo fondatore Antonio Gramsci li supportasse). Ma per gli operai e contadini italiani, terrorizzati dalla furia delle bande delle Camice Nere che avevano il supporto di polizia, esercito e magistratura – e quindi godevano di immunità – gli Arditi del Popolo, che affondavano le loro radici nella miglior tradizione dell’anarchismo italiano, rappresentavano l’ultima speranza di difesa della società dalla rivoluzione fascista.

Al loro apice nel Settembre del 1921, gli Arditi del Popolo contavano 20.000 membri (soprattutto al nord) pronti a contrastare la violenza fascista. I loro motti erano espliciti:
Rintuzziamo la violenza/ del fascismo mercenario./ Tutti in armi sul calvario/ dell’umana redenzion./ Questa eterna giovinezza/ si rinnova nella fede/ per un popolo che chiede/ uguaglianza e libertà.
Nell’estate del 1922, mentre Mussolini e i fascisti preparavano la “Marcia su Roma”, 350 Arditi difendevano con successo la città di Parma da 20.000 fascisti. Ma una volta al potere questi ultimi, nel giro di due anni, assassinarono e imprigionarono sistematicamente gli Arditi. Uno di essi, l’anarchico Gino Luchetti, tentò di assassinare Mussolini nel 1926. I sopravvissuti furono tra i primi ad andare in Spagna a sostenere le Brigate Internazionali per la difesa della Repubblica dal colpo di stato del generale Franco e si unirono poi alla Resistenza (1943-1045) contro la Repubblica di Salà ed i Nazisti.

La milizia antifascista si mantenne viva grazie al PCI (Partito Comunista Italiano) e Giustizia e Libertà, movimento fondato nel 1929 da Carlo Rosselli, Alberto Tarchiani ed Emilio Lussu. Rosselli sosteneva che il fascismo fosse qualcosa senza precedenti nel panorama politico e che potesse essere combattuto e sconfitto solo con azioni estreme. Anch’egli fu tra i primi ad attivarsi per la difesa della Repubblica Spagnola. Dopo il suo discorso su Radio Barcellona, “Oggi in Spagna, domani in Italia”, fu assassinato insieme a suo fratello, lo storico Nello Roselli, da La Cagoul francese. Durante la Resistenza, Giustizia e Libertà si trasformò nel Partito d’Azione e potè vantare membri del calibro di Primo Levi, Ferruccio Parri, Joyce Lussu, Piero Calamandrei, Natalia Ginzburg, Norberto Bobbio e Ada Gobetti.
L’Antifascismo fu integrato nella Costituzione italiana, promulgata l’1 gennaio 1948, come parte fondante della neo nata Repubblica Italiana.
Ma sopravviveva sotterranea una corrente fascista e neo-fascista che culminò nei cosiddetti “Anni di Piombo”. Ancora una volta l’Italia e gli italiani si ritrovarono di fronte al dilemma etico e morale su come contrastare il fascismo. Fu il sopravvissuto all’olocausto Primo Levi che in un saggio del 1974 giustamente allertava: “Ogni tempo ha il suo fascismo”.
La demonizzazione del fascismo cominciò ancor prima della fine della Seconda Guerra Mondiale. L’assalto ad un battaglione di polizia tedesca in Via Rasella a Roma il 23 marzo del 1944 causò la morte di 33 soldati ed il giorno dopo 335 innocenti, tra adulti e ragazzi, vennero giustiziati nell’evento noto come il massacro delle Fosse Ardeatine. Alcuni italiani incolparono del massacro la Resistenza – e non i nazisti – sostenendo che la rivalsa fosse prevedibile, anche se i tedeschi pubblicarono avvertimenti di controfferta solo dopo il compimento del massacro.
Nel dopoguerra l’antifascismo si associò all’URSS attraverso il PCI e fu condannato da alcune fazione della DC e dalla Chiesa Cattolica. Ed il fascismo – nonostante fosse bandito dalla Costituzione italiana – sopravvisse nell’MSI (Movimento Sociale Italiano) e più tardi in Alleanza Nazionale. Oggi è saldamente rappresentato dal movimento romano Casa Pound e dal partito Fratelli d’Italia. Poiché l’antisemitismo non è più accettabile in una società civile, l’odio è stato reindirizzato verso gli extracomunitari.

In tutto il mondo l’antifascismo e soprattutto Antifa si sono modificati per via dell’ascesa del neo-nazismo in Europa avvenuta a cavallo tra gli anni ’70-’80. La cultura punk rock ed i suoi concerti sono diventati i nuovi teatri di battaglia tra skinheads e anarchici di quel periodo. La caduta del muro di Berlino ha accelerato la diffusione del neo-nazismo nella Germania dell’est e in altri parti d’Europa. L’accento cadeva sul concetto di “azione diretta” che significava spesso violenza. E a partire dal dopoguerra Antifa è stato spesso equivocato come violento. Il suo aspetto più controverso risiede nel fatto che Antifa sostenga che la società non debba permettere ai fascisti e ai neonazisti il diritto ed il privilegio di una società liberale: perché garantir loro libertà di parola e di assemblea quando – in caso fossero loro al potere – sarebbero i primi a non garantirli agli altri? Perché concedergli il dono della democrazia affinché possano distruggerla? Perché parliamoci chiaro: la “gente per bene” che ha marciato a Skokie, Illinois nel 1978 e a Charlottesville, Virginia nel 2017 sono pienamente consapevoli di ciò che il loro movimento ha fatto in passato. Non possono permettersi il lusso di giustificarsi, come alcuni appartenenti ai Balilla o alla Gioventù Hitleriana degli anni ’30, affermando di non saper nulla delle camere a gas e dei forni crematori di Auschwitz. Oggi sanno perfettamente cosa stanno abbracciando. In altre parole, sappiamo come finisce il film: con la morte di milioni di innocenti.
Come ha spiegato Mark Bray, professore di storia presso la Rutgers University e autore del libro Antifa: The Anti-Fascit Handbook (Antifa: Manuale dell’Antifascista) durante una lettura al Dartmouth College, c’è una certa riluttanza tra gli studenti e la gente in generale ad affrontare l’argomento dell’antifascismo del dopoguerra. Andava bene per la Seconda Guerra Mondiale, quando si combatteva la Germania nazista ma così come fu visto con sospetto prima del secondo scontro bellico mondiale, così venne visto anche durante la Guerra Fredda ed il nuovo ordine neo-liberale dopo il 1991. Ma l’elezione di Donald Trump e l’attuale crisi politica hanno generato un nuovo interesse per il socialismo, l’anarchismo, antifascismo e Antifa. La lettura su The Philosophy of Antifa (La filosofia di Antifa) è stata visualizzata on line da più di un milione e duecentomila persone.
Il procuratore generale William Barr ed il presidente Trump stanno cercando di demonizzare la massiccia protesta nazionale contro una lunga storia di abuso di potere della polizia contro gli afroamericani sostenendo che le proteste siano organizzate da Antifa. L’FBI di Washington DC ha però dichiarato che non ci siano prove che Antifa stia pilotando le proteste e le manifestazioni. Quindi o l’FBI o l’accoppiata presidente/procuratore generale ha torto. Il senatore dell’Arkansas Tom Cotton ha pubblicato un editoriale nel New York Times in cui sostiene che i “ terroristi Antifa” sono responsabili delle manifestazioni e che l’esercito americano deve dimostrare “nessuna pietà”. Cotton, veterano di guerra, sa perfettamente che la tattica militare “nessuna pietà” è un crimine di guerra. Continua quindi la demonizzazione del movimento che, più di tutti gli altri, mantiene una posizione attiva contro gli orrori politici e morali del fascismo e del nazismo.
Traduzione Lenni Lippi