Prima di andare a dormire ieri sera, Donald Trump ha lanciato un chiaro avvertimento sul suo seguitissimo profilo Twitter: “se incominciano i saccheggi, incominciano gli spari.” Il Presidente degli Stati Uniti si riferiva alle proteste avvenute nella città di Minneapolis in seguito all’uccisione dell’afro americano George Floyd. Peccato che il cinguettio di Donald abbia avuto poca vita, dato che Twitter ha immediatamente deciso di “punirlo” citando le proprie norme che proibiscono l’esaltazione della violenza. Ultimamente, il gigante di Silicon Valley ha intensificato gli sforzi per monitorare e vietare gli utenti che promuovono o commettono violenze alimentate dall’odio. In seguito a questi sforzi, alcuni personaggi dell’estrema destra come Alex Jones, Laura Loomer, e Candace Owens sono stati temporaneamente o permanentemente sospesi dalla piattaforma. Mai prima d’ora però, il social network di Jack Dorsey si era permesso di colpire l’esponente conservatore più ambito. Il profilo di Donald Trump è l’ottavo account Twitter più seguito al mondo, con oltre 80 milioni di seguaci. Limitare quello che può postare The Donald, può avere effetti devastanti sulla sua campagna elettorale. Per molti esperti, i cinguettii di Trump sono stati la chiave vincente per la sua dirompente corsa alla Casa Bianca nel 2016. Proprio per questo motivo, quando Martedì scorso Twitter ha utilizzato il “fact-checking” su un tweet in cui Trump affermava il rischio di brogli nel voto per posta, il Presidente è andato su tutte le furie. “Ma come, l’unica piattaforma che mi permetteva di dire tutte le castronerie che volevo ora mi censura?”, avrà giustamente pensato il povero Trump.

Ma caro Donald, è proprio il caso di dirlo; “chi la fa l’aspetti”. Infatti, sempre nella giornata di ieri, il Presidente USA ha firmato un ordine esecutivo riducendo la protezione contenuta nella Sezione 230 della legge del 1996, che considera i social network irresponsabili per i contenuti postati dai propri utenti. Cosi facendo, Trump ha compiuto un passo significativo nel rendere Twitter legalmente responsabile per quello che postano gli utenti, incluso il Presidente degli Stati Uniti – avido consumatore della piattaforma social. Onde evitare di essere responsabile per le parole inneggianti alla violenza twittate da Trump, Jack Dorsey si è prontamente adeguato al nuovo ordine esecutivo, decidendo di “nascondere” il post del Presidente. Ma come di consueto, Trump ha immediatamente risposto al social network di Dorsey – sempre utilizzando Twitter naturalmente – minacciando di cancellare del tutto la Sezione 230 del Communications Decency Act. Una mossa del genere potrebbe spingere Twitter, e gli altri colossi della Silicon Valley, a moderare sempre più aggressivamente quello che i propri utenti possono o non possono postare sui social, spinti dalla paura di essere legalmente responsabili per ciascuno dei 500 milioni di tweet postati ogni singolo giorno. Cosi facendo, quella che Trump ha venduto come una mossa per garantire la libertà di parola, potrebbe presto trasformarsi in un ostacolo al primo emendamento americano.
Twitter, una piattaforma lodata per il suo ‘microblogging’ aperto a tutte le opinioni, potrebbe presto diventare un mezzo stampa come gli altri, con le sue opinioni di parte e con una sua politica precisa. Prima che ogni tweet venga pubblicato, si insinuerebbe una pre-censura che controlla se quello che pubblichiamo possa mettere nei guai la piattaforma. Ma sopratutto, la piattaforma stessa potrebbe decidere per quali post sia disposta ad essere legalmente responsabile e per quali no. Potremo dunque assistere a un esacerbazione dell’echo chamber che purtroppo sta già inquinando i media tradizionali e digitali: il fenomeno in cui le informazioni, le idee e le credenze di un individuo vengono amplificate e rafforzate dalla comunicazione e dalla ripetizione all’interno di un sistema definito da ideologie ben precise. La mossa di Donald rischia di trasformare Twitter nel sistema definito che si stava cercando di evitare. A questo punto è proprio il caso di dirlo; qualsiasi cosa accada a Twitter, meno male che esiste La Voce a garantire la tanto agognata libertà. A meno che Trump non metta le mani anche su quella….