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January 15, 2019
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Trump sa che Putin sa che lui sa che lui sa? Intanto il mondo continua a tremare…

Il New York Times e il Washington Post scavano sull'incredibile relazione tra il presidente degli USA e il capo del Cremlino, in attesa del rapporto Mueller

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
G20 di Amburgo: troppe spese e grandi proteste per nulla

Vladimir Putin with Donald Trump (Ph: Kremlin)

Time: 3 mins read

“Vi chiedo di giudicarmi dai nemici che ho avuto. FDR”. Così James Comey, l’ex direttore dell’FBI licenziato da Trump nel 2017, ha twittato sabato nel replicare a sua volta ad un tweet del presidente che lo accusava di incompetenza. Comey ha replicato usando una celebre frase di uno dei più grandi presidenti della storia USA, Franklyn Delano Roosevelt, che sconfisse Hitler e Mussolini.

Da qualche giorno è tornato a galla il sospetto che Donald Trump sia un agente al soldo della Russia di Putin, o se non proprio un agente (che implica una “appartenenza”) un uomo controllato  (quindi ricattato?) da Mosca. Questo sospetto, che chi scrive ha da molto tempo e ne abbiamo infatti già scritto, arriva dopo che venerdì il New York Times ha rivelato che l’FBI, all’indomani del licenziamento di James Comey, ha aperto una investigazione da “counterintelligence”, dove il sospettato di essere un “agente” al servizio di un paese straniero che avrebbe potuto mettere in serio pericolo la sicurezza degli Stati Uniti era proprio il Presidente Trump, a causa dei suoi “strani” rapporti con la Russia. Da mesi già l’FBI si interrogava, secondo l’artico del NYT, sui particolari rapporti tra Trump e il Cremlino, e il licenziamento di Comey sarebbe stata la classica goccia che fa traboccare il vaso dei sospetti. Questa indagine sarebbe poi stata presa a cura dallo special procuratore Robert Mueller.

Dopo il NYT, ecco un altro articolo “bomba”, questa volta del concorrente Washington Post (come ai tempi dei Pentagon Papers, i due giornali nel farsi concorrenza si aiutano a vicenda a ricostruire e avvalorare la storia e a farla emergere), che rivela come all’interno della stessa amministrazione sarebbero cresciuti i sospetti sui rapporti molto strani tra Trump e Putin, soprattutto dopo che, durante il vertice a Helsinki, i due leader si videro a quattrocchi mentre tutti i consiglieri della Casa Bianca erano stati esclusi dal partecipare a quel colloquio. Addirittura poi, secondo le fonti del Post,  Trump avrebbe “confiscato” all’interprete alcune note dei colloqui avvertendolo di non rivelare nulla di certi passaggi della conversazione tra i due leader con altri dell’amministrazione.

Dopo questi due esplosivi articoli, lunedì i cronisti nel giardino della Casa Bianca, mentre Trump rispondeva di fretta a delle domande in attesa di partire ancora per il Texas per propagandare il suo muro, ecco che pongono quella assolutamente legittima, e cioè se Trump fosse al servizio della Russia. Il Presidente ha risposto così: “Non è una domanda da fare questa. Non ho mai lavorato per la Russia, tutta la storia è un enorme inganno”.

Siamo quindi arrivati all’incredibile situazione che un presidente degli Stati Uniti, mentre è al centro di intense polemiche per lo “shutdown” a causa del duello con i democratici che non vogliono finanziare il suo “Muro” anti-immigrati, un braccio di ferro che potrebbe mettere in ginocchio l’economia degli Stati Uniti, debba addirittura difendersi dal sospetto di essere un agente al servizio della Russia. Ma come è possibile che il paese più potente della terra sia arrivato fin qui?

Eppure, basta ricordare certi protagonisti che già si sono dichiarati colpevoli, dal primo consigliere per la sicurezza nazionale di Trump, al suo manager della campagna elettorale fino al suo avvocato. Basterebbe anche rammentare come Trump ha trattato fin dal primo giorno della sua presidenza gli alleati della NATO, per capire che ormai l’inquilino della Casa Bianca resta l’ultimo anello di una inchiesta che deve tirare le fila sulle interferenze russe nelle elezioni del 2016 e sugli strani rapporti di Washington con Mosca. Lo farà con il rapporto di Robert Mueller, che a questo punto siamo certi stia stringendo il cerchio proprio attorno al collo del Commander in Chief.

A questo punto sospettiamo che Putin non abbia neanche la necessità di dare ordini a Trump. Al capo del Cremlino, basta sapere che il presidente degli Stati Uniti sa che lo zar della Russia sa, che lui sa quello che l’altro sa. Ovviamente, fino a quando questo grande segreto che sembra ormai legare Trump a Putin non salterà fuori, continueremo a vivere in questo bizzarro  quanto terrificante mondo, dove il capo della Casa Bianca, all’uscita dall’Ufficio Ovale, deve rispondere ai giornalisti non su come possa l’America diventare “Great Again” con lo shutdown, ma suIla veridicità delle notizie che lo vogliono una spia della grande madre Russia.

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e diretto (2013-gennaio 2023) La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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