“Vi chiedo di giudicarmi dai nemici che ho avuto. FDR”. Così James Comey, l’ex direttore dell’FBI licenziato da Trump nel 2017, ha twittato sabato nel replicare a sua volta ad un tweet del presidente che lo accusava di incompetenza. Comey ha replicato usando una celebre frase di uno dei più grandi presidenti della storia USA, Franklyn Delano Roosevelt, che sconfisse Hitler e Mussolini.
Da qualche giorno è tornato a galla il sospetto che Donald Trump sia un agente al soldo della Russia di Putin, o se non proprio un agente (che implica una “appartenenza”) un uomo controllato (quindi ricattato?) da Mosca. Questo sospetto, che chi scrive ha da molto tempo e ne abbiamo infatti già scritto, arriva dopo che venerdì il New York Times ha rivelato che l’FBI, all’indomani del licenziamento di James Comey, ha aperto una investigazione da “counterintelligence”, dove il sospettato di essere un “agente” al servizio di un paese straniero che avrebbe potuto mettere in serio pericolo la sicurezza degli Stati Uniti era proprio il Presidente Trump, a causa dei suoi “strani” rapporti con la Russia. Da mesi già l’FBI si interrogava, secondo l’artico del NYT, sui particolari rapporti tra Trump e il Cremlino, e il licenziamento di Comey sarebbe stata la classica goccia che fa traboccare il vaso dei sospetti. Questa indagine sarebbe poi stata presa a cura dallo special procuratore Robert Mueller.
Dopo il NYT, ecco un altro articolo “bomba”, questa volta del concorrente Washington Post (come ai tempi dei Pentagon Papers, i due giornali nel farsi concorrenza si aiutano a vicenda a ricostruire e avvalorare la storia e a farla emergere), che rivela come all’interno della stessa amministrazione sarebbero cresciuti i sospetti sui rapporti molto strani tra Trump e Putin, soprattutto dopo che, durante il vertice a Helsinki, i due leader si videro a quattrocchi mentre tutti i consiglieri della Casa Bianca erano stati esclusi dal partecipare a quel colloquio. Addirittura poi, secondo le fonti del Post, Trump avrebbe “confiscato” all’interprete alcune note dei colloqui avvertendolo di non rivelare nulla di certi passaggi della conversazione tra i due leader con altri dell’amministrazione.
Dopo questi due esplosivi articoli, lunedì i cronisti nel giardino della Casa Bianca, mentre Trump rispondeva di fretta a delle domande in attesa di partire ancora per il Texas per propagandare il suo muro, ecco che pongono quella assolutamente legittima, e cioè se Trump fosse al servizio della Russia. Il Presidente ha risposto così: “Non è una domanda da fare questa. Non ho mai lavorato per la Russia, tutta la storia è un enorme inganno”.
Siamo quindi arrivati all’incredibile situazione che un presidente degli Stati Uniti, mentre è al centro di intense polemiche per lo “shutdown” a causa del duello con i democratici che non vogliono finanziare il suo “Muro” anti-immigrati, un braccio di ferro che potrebbe mettere in ginocchio l’economia degli Stati Uniti, debba addirittura difendersi dal sospetto di essere un agente al servizio della Russia. Ma come è possibile che il paese più potente della terra sia arrivato fin qui?
Eppure, basta ricordare certi protagonisti che già si sono dichiarati colpevoli, dal primo consigliere per la sicurezza nazionale di Trump, al suo manager della campagna elettorale fino al suo avvocato. Basterebbe anche rammentare come Trump ha trattato fin dal primo giorno della sua presidenza gli alleati della NATO, per capire che ormai l’inquilino della Casa Bianca resta l’ultimo anello di una inchiesta che deve tirare le fila sulle interferenze russe nelle elezioni del 2016 e sugli strani rapporti di Washington con Mosca. Lo farà con il rapporto di Robert Mueller, che a questo punto siamo certi stia stringendo il cerchio proprio attorno al collo del Commander in Chief.
A questo punto sospettiamo che Putin non abbia neanche la necessità di dare ordini a Trump. Al capo del Cremlino, basta sapere che il presidente degli Stati Uniti sa che lo zar della Russia sa, che lui sa quello che l’altro sa. Ovviamente, fino a quando questo grande segreto che sembra ormai legare Trump a Putin non salterà fuori, continueremo a vivere in questo bizzarro quanto terrificante mondo, dove il capo della Casa Bianca, all’uscita dall’Ufficio Ovale, deve rispondere ai giornalisti non su come possa l’America diventare “Great Again” con lo shutdown, ma suIla veridicità delle notizie che lo vogliono una spia della grande madre Russia.