Giornalisti in pericolo in tutto il mondo scelti come persone dell’anno 2018 sulla prestigiosa rivista Time. Quest’anno, dunque, alcuni dei reporter perseguitati, imprigionati, uccisi nel mondo, denominati i “Guardiani della libertà”, hanno surclassato personaggi del calibro del presidente degli Stati Uniti Donald Trump – che i giornalisti usa definirli “enemies of the people” – di nuovo candidato dopo il 2016 e secondo classificato, e Robert Mueller, il procuratore speciale che al Presidente sta facendo le pulci sul Russiagate e non solo. Per quest’ultimo, ha detto il direttore della rivista Edward Felsenthal, “quest’anno era troppo presto, ma per come stanno andando le cose potrebbe toccare a Mueller la copertina della persona dell’anno 2019”.
Nell’editoriale che spiega la scelta, Felsenthal cita, in apertura, uno dei casi più recenti di persecuzione della stampa: quello dei due giornalisti Wa Lone, 32 anni, e Kyaw Soe Oo, 28, imprigionati in Myanmar per aver raccontato, per la Reuters, l’esecuzione spietata di 10 uomini Rohingya. Solo un esempio di come “oggi la democrazia in tutto il mondo affronti la sua più grave crisi da decenni a questa parte”, le cui fondamenta sono minate “dalle nuove tecnologie che alimentano impulsi antichi, da un cocktail velenoso di uomini forti e istituzioni indebolite”. “Studiando le scelte per il 2018 ci è apparso chiaramente che la manipolazione e l’abuso della verità sono stati il comune denominatore di tante delle più grandi storie dell’anno”, ha spiegato Felsenthal, che ha rivendicato agli Stati Uniti la capacità di rimanere un “faro di libertà e libertà di espressione”, nonostante gli attacchi presidenziali. “Questa”, ha scritto, “è una nazione dove, come abbiamo visto quest’anno, una compagnia di news può fare causa alla Casa Bianca e vincerla, pur essendo nelle mani di un giudice scelto proprio dalla Casa Bianca”.
Una nota di speranza e orgoglio, in un panorama altrimenti fosco. Il cui emblema più tragico è forse Jamal Khashoggi, giornalista saudita ucciso mentre si trovava nel consolato saudita a Istanbul. “Questo segna la prima volta che Time sceglie un individuo non più in vita come persona dell’anno”. Khashoggi, però, non è l’unico premiato. Oltre a lui, ci sono anche Maria Ressa, direttrice del sito di informazione online filippino Rappler, minacciata e censurata da parte del regime di Duterte; la redazione di Capital Gazette, giornale di Annapolis negli Stati Uniti oggetto di un attacco terroristico lo scorso giugno, nel quale hanno perso la vita cinque giornalisti; infine, proprio Wa Lone e Kyaw Soe Oo, giornalisti birmani della Reuters ad oggi imprigionati in Myanmar.

“La stampa ha sempre commesso e sempre commetterà errori di giudizio, di omissione, di accuratezza”, spiega l’editoriale del direttore. “Eppure, quello che fa è fondamentale”, aggiunge. E sintetizza così la scelta dei Guardiani: “Per aver corso grandi rischi alla ricerca di verità più grandi, per l’indagine imperfetta ma essenziale su fatti che sono al centro del discorso civile, per aver parlato e alzato la voce”.
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