Sono stata rimandata a giudizio: fisiologico quanto scandaloso.
Ricorderete che sono stata arrestata il 12 dicembre 2013 nell’ambito di un’operazione della DDA di Reggio Calabria denominata “Inganno”.
A poche ore dal mio arresto durante la classica conferenza stampa con i giornalisti i maggiori esponenti della Procura Antimafia reggina davano notizia della prestigiosa cattura. Fu proprio il Procuratore Aggiunto, seppur non titolare dell’inchiesta ad informare gli italiani che la sottoscritta era stata arrestata perché “utilizzava i fondi del Movimento Donne San Luca per acquistare una minicar per la figlia, vestiti e borse di lusso, e viaggi tra cui una settimana bianca….”
Già dall’interrogatorio di garanzia del 15 dicembre, dimostro la mia disponibilità a voler chiarire la mia posizione e accetto di rispondere a tutte le domande del GIP. Per 4 ore rispondo senza dubbi e senza “non ricordo” a tutti gli interrogativi, ricostruendo vicende e situazioni che poi troveranno riscontro preciso nelle successive informative dei carabinieri. Ma il GIP non solo non mi revoca la misura cautelare, ma dopo qualche giorno rigetta la mia istanza per accedere al gratuito patrocinio, perché partendo da una mera presunzione di parte e soprattutto senza leggere i documenti, stabilisce che io avendo scritto un libro e avendo preso parte ad uno spettacolo teatrale, oltre ai soldi “rubati” all’associazione, potevo permettermi di pagare un avvocato.
Presento un ricorso allegando le ricevute di 58 euro di diritti editoriali relativi al libro che avevo pubblicato ed i pochi migliaia di euro relativi allo spettacolo teatrale. Presento anche copia di un altro gratuito patrocinio ottenuto a Roma in una causa in cui ero parte lesa.
Alla fine, dopo un mese di meditazione, non può fare a meno di accettarlo, e lo fa a giugno, a ridosso dell’udienza preliminare. Intanto nei sei mesi precedenti mi sono trovata costretta a stra-pagare un avvocato mettendo le mani nei pochi risparmi messi da parte per pagare gli studi di mia figlia.
Intanto arrivano le informative dei carabinieri: solo estratti conto e copie di assegni emessi dal conto corrente del Movimento donne. Poi il CD delle intercettazioni.
Di documenti inconfutabili e schiaccianti che confermerebbero le accuse infamanti: NESSUNO! Voglio ripeterlo con forza NESSUN DOCUMENTO!!! Solo parole e presunzioni.
Intanto io firmo tutti i santi giorni della mia vita dall’1 gennaio 2014. Obbligo di firma finalizzato a non si capisce bene cosa: firmo in meno di 1 minuto quindi le restanti 23 ore e 59 minuti, in teoria, potrei “delinquere” indisturbatamente. Io lo traduco come dispetto, l’ennesimo: la certezza che non mi possa muovere, riorganizzare un’esistenza.
Il 17 aprile si concludono le indagini. Di minicar, settimane bianche, vestiti di alta moda e di tutte quelle accuse che avevano indignato il popolo non c’è traccia. Io lo sapevo. Lo avevo detto chiaramente nell’interrogatorio di garanzia che “sfidavo chiunque a procurare uno straccio di prova che documentasse queste accuse infamanti”. Lo avevo urlato da La VOCE di New York con tutta la mia forza che ero pronta a togliermi la vita se avessero trovato una sola prova che accertasse la mia responsabilità di ruberie varie. E niente.
Chiedo cosi di poter essere interrogata dal PM. Mi presento il 30 di aprile con un borsone di documenti, una memoria di 68 pagine e 78 allegati con oltre 2000 fotografie, 200 articoli di giornali, protocolli d’intesa, lettere di apprezzamento da parte dei più autorevoli esponenti istituzionali nazionali degli ultimi 5 anni e 3 medaglie del Presidente della Repubblica.
Il PM ha un’aria da burocrate che fa quadrare le cose. Registra le mie dichiarazioni. Io ricostruisco la storia del mio Movimento indicato come truffa finalizzata per “fottere” soldi pubblici. A lui di questa storia romantica non gliene importa nulla.
Poi tiro fuori un documento.
Vengo accusata di aver comprato diverse migliaia di euro in vestiti da una certa Anna Maria B.; ma chi ha condotto le indagini ha totalmente ignorato che la signora oltre ad avere un negozio di vestiti, di cui io non avevo la minima idea, è la proprietaria dell’immobile in cui il Movimento donne San Luca ha la sede. Tiro fuori un contratto d’affitto regolarmente registrato e copia delle ricevute degli assegni contestati dalla Procura finalizzati all’affitto stesso dell’immobile. Il PM lo guarda, sbianca, ma non si perde d’animo. Nella richiesta di rinvio a giudizio qualche mese più tardi invece di sollevarmi cambia l’accusa e scrive: “affittava un’appartamento di tre camere a titolo personale”. Peccato che di quell’affitto il Movimento Donne San Luca ne ha pagato solo 7 mensilità mentre la sottoscritta le restanti 53.
L’errore è macroscopico, le indagini sono state svolte in maniera superficiale e parziale. Forse anche pilotate. Ma non hai modo di difenderti, le cose DEVONO andare cosi. Qualsiasi cosa porti a tuo discapito viene usata contro di te.
Poi gli chiedo che fine abbia fatto la minicar e la settimana bianca, tutte quelle accuse che avevano tanto indignato gli italiani. Mi risponde: NON CI SONO PROVE!
Dico: “La mia vita è stata assassinata civilmente, sono stata travolta e frantumata da accuse (false) di cui oggi lei mi dice che non ci sono prove? Ma il 12 di dicembre le prove per dire agli italiani queste falsità le avevate o no? E se io non avessi retto a tanto accanimento e mi fossi gettata dal balcone lei oggi avrebbe una morte sulla coscienza…”
Al PM non gliene importa niente di me, forse nemmeno di trovare la verità. Mi risponde che "non sono una vittima" che ho avuto un servizio sul TG della sera che è quello di massimo ascolto… Come se questa vicenda mi avesse offerto ancora più visibilità. Mi consiglia di andare a sfogarmi con i giornalisti se ho lamentele…
Sono mortificata. Non credevo che questa fosse la giustizia.
Presento un’istanza a maggio per la revoca della firma, mi viene rigettata dal GIP che la motiva con quello che potremmo definire una sentenza! Sono stata già giudicata e condannata…
Viene richiesto il rinvio a giudizio. Il 20 giugno viene fissata l’Udienza Preliminare, ma è solo un’udienza formale, viene rimandato tutto a venerdí 27 giugno.
Io, che nel frattempo ho deciso di farmi difendere da un altro avvocato, lavoro ogni notte fino alle 3 mettendo in fila scontrini, ricevute, fatture. Ricostruisco in maniera scientifica tutto il rendiconto del Movimento donne San Luca. Insieme ad un’amica commercialista sviluppiamo un documento tecnico inoppugnabile che descrive minuziosamente ogni passaggio di denaro giustificandone chiaramente le finalità sociali. Il lavoro è lungo e riusciamo ad arrivare al 30 giugno 2010 dove ci sono rendiconti inconfutabili per 130 mila dei 160 che vengono contestati.
Ci presentiamo con il mio avvocato in Udienza Preliminare con i documenti organizzati in faldoni. Ogni foglio una fattura con spiegazione tecnica. Chiediamo una proroga di 7 giorni. Ci viene rifiutata. “La giustizia ha i suoi tempi….”
Solleviamo un’altra obiezione: rifiutata anche quella. La direzione è a senso unico. Io devo essere processata.
Decido di rilasciare spontanee dichiarazioni. Ancora una volta parlo, affronto il drago e lo guardo negli occhi senza paura. E lo dico chiaramente “mi avete tolto tutto: lavoro, credibilità, dignità famiglia, amici… mi resta solo la mia identità quella da combattente che senza paura guarda il drago negli occhi da tutta la vita. Pensavo di potermi difendere con la giustizia ma non di dovermi difendere dalla giustizia. Sono una donna priva di apparati, per questo mi trovo qui…"
Sono troppi gli interrogativi che ho sottoposto all’attenzione del GUP, ma lui nemmeno mi ascoltava. Ho avuto la sensazione agghiacciante che fosse stato già tutto scritto e stabilito, e qualsiasi cosa io stessi dicendo era solo un inutile investimento di fiato. Quando poi ho dato spazio alla mia fede, al mio credo, mi sono vista guardare come se fossi un povera esaurita, una che ancora dopotutto crede nei miracoli…
In questo paese alla deriva, in molte aule di giustizia l’umanità è assente. Le persone vengono trattate senza alcun riguardo, senza alcun rispetto. Nei luoghi in cui la società dovrebbe essere curata avvengono gli orrori più grandi che invece l’ammalano. E proprio in nome di quel bene supremo che tutti speriamo che dovrebbe essere parte di quel Dio giusto, in nome di quella giustizia che tutti invochiamo vengono commessi gli errori più meschini. Manca l’umiltà di riconoscersi umani anche loro e quindi fallibili. Piuttosto che fare un passo indietro e dire "Mea Culpa" nelle Procure si preferisce mandare al patibolo una persona, ed Amen.
Proprio in questi giorni il magistrato che accusò Enzo Tortora ha chiesto scusa. Io posso immaginare il dolore del povero Enzo Tortora perché è lo stesso che vivo da sei lunghi mesi. Quel magistrato ha continuato a percepire il suo stipendio, a fare il suo lavoro magari inguaiando altre vite e distruggendo altre famiglie. Dovrebbe scomparire, nascondersi. Lui che rappresenta la categoria degli unici “intoccabili” in Italia a cui tutto è concesso: arrestarti, calunniarti, persino ucciderti civilmente. Quando sei scomoda, funziona così.
Alcune riflessioni sulla mia vicenda:
Perché sono stata arrestata? Perché non sono stata semplicemente indagata con un avviso di garanzia?
Perché mi hanno inserita in un’inchiesta DDA se non mi vengono contestati reati di mafia?
Perché sono stata intercettata per 8 mesi in maniera del tutto preventiva con un reato di 416 bis solo per aver ricevuto un’unica telefonata di 2 minuti da parte di Caterina Strangio in cui non si parlava di altro che di bambini? (i tre nipotini orfani)
Qualcuno aveva forse ordinato di tenermi d’occhio?
Il 12 dicembre nella conferenza stampa relativa agli arresti viene detto che avevo acquistato una minicar per mia figlia, viaggi, una settimana bianca oltre che vestiti e borse di lusso con i soldi dell’associazione. Il 17 aprile a chiusura indagini queste accuse spariscono completamente per mancanza di prove: ma il 12 dicembre quando hanno riferito agli italiani queste accuse infamanti gli inquirenti le prove ce le avevano? O queste accuse facevano parte dell’apparato scenografico dell’indagine?
Chi ha dichiarato queste falsità alla stampa, facendo leva sulla propria autorità, lo ha fatto per dolo o per irresponsabilità?
Perché prima di accusare una persona, un padre o una madre di famiglia, non ci si accerta se ci sono prove documentali inconfutabili e schiaccianti?
Perché se i carabinieri erano convinti che ci fossero delle ruberie all’interno dell’associazione non hanno mai sequestrato tutti i documenti e la contabilità del Movimento Donne San Luca in questi anni?
Perché hanno aspettato 5 anni per arrestarmi, proprio quando ero all’apice della mia popolarità?
Se avevo truffato allora, perché mi hanno lasciato libera di truffare per altri 5 anni?
Perché se porti ad un PM la prova inconfutabile che ti scagiona da un reato contestato questi invece di utilizzarla a tuo favore, quindi dell’indagato, addirittura la usa per formulare una nuova accusa?
Perché sono stata soggetta all’obbligo di firma se accusata di reati (mai commessi) che in altre procure vengono archiviati d’ufficio?
Perché con tutti i problemi concreti che quotidianamente vive questa terra la DDA perde tempo con una persona come me?
Chi voleva Rosy Canale fuori dal mondo dell’antimafia?
Se fossimo stati in un paese civile in cui esiste la responsabilità civile e penale dei magistrati tutto questo sarebbe mai accaduto?
Soprattutto una domanda mi pongo: ma in Italia la legge è uguale per tutti?