Il 3 maggio è stata celebrata la “World Press Freedom Day”, la giornata della libertà della stampa mondiale. L’Unesco, che in ambito Onu si occupa dei temi inerenti alla libertà di stampa, ha organizzato il 4 maggio al Palazzo di Vetro una conferenza intitolata “21 Secolo dei Media: Nuove frontiere, nuove barriere”, che ha visto la partecipazione oltre al segretario generale Ban Ki moon, anche di alcuni giornalisti e blogger protagonisti delle rivoluzioni in corso in Medio Oriente.
Siamo stati al lunch offerto dall’Unesco in cui era atteso il discorso di Lee Bollinger, il presidente della Columbia University e tra i maggiori esperti accademici di questioni riguardanti il “Primo Emendamento” della Costituzione Americana, quello che protegge in maniera assoluta la libertà di stampa. Bollinger, in una sala dell’ONU con vista sull’Est River, ha ribadito gli effetti positivi dell’internet sulla diffusione della libertà di stampa nel mondo, ma ad un certo punto si è detto preoccupato rispetto al fatto che certi paesi, quelli che hanno delle legislazioni che favoriscono la censura, ora possono condizionare anche pubblicazioni e giornalisti che scrivono da paesi che sono molto più avanzati in materia di libertà di stampa. E per fare un esempio il presidente della Columbia University ha detto che un articolo scritto negli Stati Uniti, oltrepassando i confini attraverso internet, potrebbe trovare la scure censoria per esempio in Italia.
Alla fine del pranzo ci siamo avvicinati a Bollinger e abbiamo chiesto se si riferisse ad un episodio in particolare di censura italiana attraverso l’internet. Lui ha accennato ad un caso dove google sarebbe stato costretto, dopo una denuncia, a chiudere un sito internet… In quel momento la direttrice generale dell’Unesco, Irina Bokova, ha chiamato a se il presidente della Columbia University e non c’è stato più il tempo di approfondire il discorso con Bollinger, ma ci riproponiamo di farlo.