Come avrebbe reagito Hillary Clinton se, al posto di documenti diplomatici Usa, quelli distribuiti da Wikileaks fossero stati iraniani o nordcoreani?
Questa domanda nessuno l’ha posta al Segretario di Stato quando lunedì ha accusato il sito fondato da Julian Assange di essere una organizzazione pericolosa non solo per la diplomazia Usa ma per "tutta la comunità internazionale".
Già al Congresso qualche senatore vorrebbe mettere Wikileaks nella lista delle organizzazioni terroristiche. Invece giù le mani da Wikileaks! Come abbiamo già scritto, gli Stati Uniti non sono la Russia o la Cina, nella Costituzione hanno scolpito il "Primo Emendamento", che senso ha continuare con questa reazione isterica? Come già scritto domenica scorsa, gli Usa sono anche gli ideatori della dichiarazione universale dei diritti umani dell’Onu, che all’articolo 19 proclama il diritto di ogni essere umano ad essere informato e a far circolare informazioni senza restrizioni di frontiere, come la stessa Clinton ha ricordato nel suo discorso sulla protezione della libertà di informazione su internet, promunciato appena 11 mesi fa! (http://www.state.gov/secretary/rm/2010/01/135519.htm)
Dai documenti dall’ambasciata Usa di Roma sulle notti insonni di Berlusconi, Gianni Letta sarebbe la "gola profonda" dell’ambasciatore americano? Ma tutta Italia aveva già ascoltato la registrazione della "escort" Patrizia D’Addario, che al cellulare, con la voce rauca, ricordava la notte di sesso trascorso nel ‘lettone di Putin’ con Silvio: "Presidente, tutta la notte sveglia mi hai tenuta… sono stanchissima, sei proprio…" E l’infaticabile: "Ho lavorato tanto, questa mattina sono andato a inaugurare questa mostra, ho fatto un bellissimo discorso, con applauso e non sembravo stanco… Ora sto partendo per Mosca…". Chissenefrega delle informazioni "riservate" di Letta già ascoltate.
Diversa considerazione hanno gli affari energetici tra Berlusconi e Putin con la complicità dell’Eni, anche se erano stati già raccontati dalla stampa che vuol vedere, così come urlati dal senatore Paolo Guzzanti, che fuggendo dal Pdl rinfacciò pubblicamente i rapporti d’affari tra Silvio e l’ex ufficiale del Kgb diventato Zar, tanto che il senatore-giornalista disse di sentirsi pure in pericolo di vita… Altri documenti verranno e forse finalmente sapremo qualcosa che non sapevamo già.
Ma quello che è oggi veramente scandaloso è l’assalto contro Wikileaks, con la cacciata dei siti web dai server americani e con l’imminente arresto del suo portavoce fondatore Julian Assange (attento a non bere caffé in carcere…) per un mandato internazionale spiccato per la denuncia di due donne svedesi che l’accuserebbero di non aver usato il preservativo durante un rapporto consensiente…. Ma non si rendono conto nei Palazzi di Washington di ciò che è evidente all’opinione pubblica?
Il gioco è finito, non si torna indietro, ormai sarà più facile distinguere l’ipocrisia nelle relazioni internazionali e sputtanarla. Giocoforza la politica estera nelle nazioni democratiche potrà essere meglio sorvegliata, si potrà meglio condizionarla e, speriamo, contenerla nel rispetto dei valori della propria costituzione.
Hillary Clinton ha perso una grande occasione. Lunedì scorso, invece di usare contro Wikileaks quel tono più consono al regime cinese che alla nazione del Bill of Rights, avrebbe potuto dire: "Cari cittadini di tutte le nazioni democratiche, il governo Usa è molto dispiaciuto e imbarazzato per i nostri documenti diplomatici diventati così accessibili. Ma che questa eventualità accada fa parte del nostro sistema fondato su valori democratici, perché la libera stampa che ora grazie a internet riesce a costringerci di più alla trasparenza, fa parte di quel sistema di valori che i nostri diplomatici cercano ogni giorno di difendere. Infatti l’obiettivo della politica estera degli Stati Uniti è difendere più libertà nel mondo, anche quindi quella di Wikileaks di pubblicare, oltre che i nostri, un giorno anche i documenti segreti di altri Stati che questa libertà cercano di soffocarla…".
Hillary Clinton invece ha parlato come il collega italiano Frattini, che è stato il primo ad equiparare il sito di Assange al terrorismo di Al Qaeda. Ma non si vergognano?
Non abbiamo ancora sentito il presidente Obama dire la sua, lui che deve tutto alla spinta di internet per quella sua straordianria elezione alla Casa Bianca. Ha forse capito Barack che non può rinnegare la libertà nel web senza distruggere ogni residuo di credibilità del messaggio "Change, yes we can"? Il suo silenzio (finora), ci auguriamo possa significare: giù le mani da internet!
moc.oohay @araccavs