Indici tutti in positivo nella seduta odierna a Wall Street, dopo che ieri la Borsa aveva chiuso registrando i peggiori risultati da settembre 2022, con le azioni tech in caduta libera e il Dow Jones che perdeva oltre mille punti. Tutti gli 11 settori dello S&P500 sono in rialzo con il settore tech che supera il 2,4 %, quello delle costruzioni l’1,4% e quello immobiliare di oltre il 2,7%. Dopo che lunedì tutti i 30 titoli del Dow Jones avevano chiuso in negativo, stamani solo quattro registrano ancora un notevole ribasso e tra questi Apple, che con il suo ribasso dello 0,5% continua a scontare la decisione della Berkshire Hathaway di Warren Buffett di dimezzare la sua quota di partecipazione azionaria nel produttore di iPhone. Nvidia, invece, è salita del 4,7%, mentre Meta Platforms è avanzata di oltre il 5%.
Gli investitori sembrano essersi definitivamente scrollati di dosso i timori per un rallentamento dell’economia americana, come prova il Vix – il cosiddetto “indice della paura” di Wall Street – che, dopo aver toccato i 65 punti ieri, un livello raggiunto durante i primi giorni della pandemia da Covid-19, adesso è sceso a 32,5.
Ad aiutare l’ottimismo di oggi è stato anche il rimbalzo delle azioni giapponesi. Il Nikkei 225 ha registrato il suo miglior giorno da ottobre 2008, salendo del 10,2%, dopo che il benchmark aveva fatto i conti con il suo peggior giorno dal 1987, perdendo il 12,4%.
Gli analisti del Wall Street Journal mettono in guardia dal gridare alla recessione con facilità, nonostante la disoccupazione sia in aumento, le azioni in calo e i rendimenti obbligazionari ben al di sotto dei tassi di interesse a breve termine. Tutti questi segnali rivelatori di una recessione non sono applicabili totalmente al lunedì nero di ieri. Va chiarito che il sell-off del mercato azionario non è stato innescato dalle notizie sull’economia statunitense, ma dalla decisione presa mercoledì scorso dalla Banca del Giappone di inasprire la politica monetaria. La seconda causa è legata al tasso di disoccupazione statunitense balzato al 4,3% a luglio dal 4,1% di giugno e dal 3,4% registrato nello stesso periodo dello scorso anno che ha fatto innescare una popolare regola empirica che vuole gli Stati Uniti in recessione, nonostante i dati di ieri sul settore dei servizi di luglio, che registrano la maggior parte di assunzioni, fossero in rialzo.
La recessione insistono gli analisti “non è un interruttore che viene attivato o disattivato arbitrariamente; è un processo”, che può essere innescato sì da indebolimento della spesa, dell’occupazione e del reddito, ma anche da condizioni finanziarie rigorose come alti tassi di interesse. Su questo fronte ora tocca alla Federal Reserve fare la sua parte e avviarsi nella seduta di settembre ad un taglio dei tassi deciso, magari anche di 50 punti come sperano gli investitori e come anche alcuni funzionari della Fed auspicano, senza riaccendere il fuoco inflazionistico.