È durato poco il trend positivo a Wall Street. Oggi, la borsa americana ha chiuso la sua peggiore seduta in quasi due anni, sotto il peso dei timori per l’impatto dell’inflazione sui conti delle grandi aziende e delle conseguenze della stretta monetaria sulla ripresa.
A farla da padrone sono infatti tornate le vendite. Il Dow Jones ha archiviato la terza seduta settimanale con una perdita del 3,56% a quota 31.493 punti, S&P 500 a -3,95% e 3.927 punti, mentre il Nasdaq ha lasciato il 4,73% a 11.418 punti.
Chi chiude davvero in nero sono i titoli delle grandi catene di distribuzione, tra le più colpite dalle spese per la riduzione dei margini. Le azioni Target perdono oltre il 20%, facendo segnare il calo più alto dal 1987, quando gli Stati Uniti erano ancora governati da Ronald Reagan.

Male anche gli altri big del settore come Walmart (-6,84%), Gap (-9,91%), Costco (-12,45%), Macy’s (-10,68%). Bagno di sangue sul Nasdaq, dove Intel ha perso il 4,62%, mentre Apple ha lasciato il 5,64% sui minimi di giornata.
Oltre all’inflazione, pesano sul mercato anche il perdurare del conflitto in Ucraina, i prolungati problemi nella catena di approvvigionamento, i lockdown senza sconti in Cina e le prospettive di un inasprimento delle politiche delle banche centrali.
“Siamo di fronte all’inizio di un deterioramento della crescita che si riflette nelle trimestrali”, fanno notare alcuni analisti, sottolineando come gli investitori siano in fuga dagli asset a rischio e si stiano riversando su quelli ritenuti sicuri come i Treasury a 10 anni, i cui rendimenti sono calati solo dello 0,09% al 2,89%.
Martedì, il presidente della Fed Jerome Powell ha dichiarato che la banca centrale statunitense continuerà a “spingere” sugli aumenti dei tassi fino a quando non vedrà l’inflazione scendere in un “modo chiaro e convincente”, non esitando a muoversi in modo più aggressivo se ciò non dovesse accadere.