Si è conclusa venerdì mattina in Italia la guerra per il primo gruppo assicurativo italiano ed il terzo in Europa: Generali. Ha vinto l’attuale linea del gruppo dirigente guidata da Philippe Donnet, ha perso quella del solido capitalismo italiano guidata dalla cordata di Francesco Gaetano Caltagirone e Leonardo del Vecchio, ai quali si è unita da ultima la famiglia Benetton.
Generali ha in portafoglio circa 60 miliardi di euro del debito pubblico italiano e gestisce qualcosa come 700 miliardi di euro di asset, sia nazionali che esteri. Una grande compagnia che fa gola a molti in Europa ed oltre l’Atlantico e che, con quel portafoglio di titoli di Stato in cassaforte, è un soggetto che Palazzo Chigi e dintorni devono tenere nella giusta considerazione.
La guerra per il controllo del board è partita diverso tempo fa ed ha mietuto diverse vittime nei due campi. Il capitano che era partito alla conquista per spezzare il peso, al di là del peso specifico del pacchetto azionario di Mediobanca, è stato Caltagirone. L’imprenditore romano, definito palazzinaro da alcuni organi di stampa durante la prima repubblica, era diventato un costruttore-editore dopo la caduta degli dei della prima repubblica.

Durante le battaglie sostenute per arrivare allo scontro conclusivo di oggi si era imposto all’attenzione generale per aver portato dalla sua parte due grandi famiglie del capitalismo italiano: la famiglia Benetton e quella di Del Vecchio. La svolta si era avuta poco tempo fa quando la famiglia Benetton, che controlla tre società strategiche (Atlantia, Autogrill e United Colors) aveva finito per sviluppare un accordo importante. Se a loro si aggiunge Del Vecchio, vero colosso internazionale, anche a Wall Street il vento sembrava soffiare in poppa al costruttore-editore che guidava il capitalismo delle famiglie italiane.
Alla conta degli azionisti invece la grande guerra per Generali, si è conclusa con la netta vittoria di Philippe Donnet, amministratore delegato uscente, e con la sconfitta della cordata Caltagirone. I sostenitori di Donnet erano capitanati da Mediobanca (primo grande azionista con il 17,75% delle azioni) e della holding De Agostini, che hanno ottenuto il 55,9% dei voti presenti contro il 41,7% della lista di opposizione presentata da VM2006, una delle società di investimento del costruttore-editore.
Il nuovo Cda eletto dopo la vivace assemblea risulta così composto: oltre ad Andrea Sironi e Filippe Donnet ne fanno parte Clemente Rebecchini, Diva Moriani, Luisa Torchia, Alessia Falsarone, Lorenzo Pellicioli, Clara Furse, Umberto Malesci e Antonella Mei Pochtler. Per l’opposizione sono entrati lo stesso Francesco Gaetano Caltagirone, Marina Brogi e Flavio Cattaneo.
La nuova maggioranza ha eletto quindi Andrea Sironi, presidente, e Philippe Donnet è stato confermato Ceo.

Non è chiaro ora se dopo la battaglia il nuovo Cda cercherà di ricucire le grosse ferite che i due contendenti si sono inflitte in tutto questo tempo. A tal riguardo si dovrà verificare la dichiarazione rilasciata alle agenzie di stampa del riconfermato ad Donnet: «La maggioranza si è espressa con chiarezza e senza alcuna ambiguità per il Cda proposto dal consiglio di amministrazione uscente. È una testimonianza di fiducia nel nostro team management e nel nostro piano». «Tutti insieme – ha concluso il Ceo – possiamo lavorare con determinazione e serenità nella stessa direzione che è quello di perseguire l’interesse di tutti gli stakeholder».
Le parole del Donnet sono belle e lasciano ben sperare ma, conoscendo il suo caratterino e quello di Caltagirone ci potrebbero essere future scintille.
Brucia ancora agli oppositori la mega operazione bancario assicurativa di qualche anno quando Donnet decise di acquistare la Cattolica Assicurazioni , che ha avuto come conseguenza il via libera all’acquisto di Ubi Banca da parte di Intesa Sanpaolo. Il più importante affare bancario degli ultimi anni sotto l’interessata regia di Mediobanca che ha portato grossi vantaggi anche ad Unipol assicurazioni.