L’esclusione della Russia dal circuito di pagamenti SWIFT è una delle misure sul tavolo per punire il Paese dopo l’invasione dell’Ucraina, ma la sanzione potrebbe non essere così efficace come si pensa per le sue ramificate implicazioni sul sistema degli scambi internazionali, tanto da poter diventare un’arma a doppio taglio.
A fare il punto sull’argomento è uno studio pubblicato nei giorni scorsi dall’ISPI, l’Istituto per gli studi di politica internazionale, firmato da Luca Fantacci e Lucio Gobbi. La Russia, puntualizzano gli autori, si sta già di fatto preparando a questa eventualità, avendo sviluppato dal 2014 a questa parte dei circuiti alternativi di pagamento che attenuerebbero gli effetti negativi della sanzione, che anzi potrebbe finire per ritorcersi contro i paesi occidentali.
La SWIFT (Society for Worldwide Interbank Financial Telecommunication) è un consorzio internazionale di banche con sede in Belgio che collega attraverso una rete informatica circa 11.000 istituzioni finanziarie in oltre 200 Paesi di tutto il mondo. Il consorzio fu costituito nel 1977 per evitare che l’infrastruttura dei pagamenti internazionali fosse monopolizzata dalla statunitense Citibank e ha sempre agito come una società privata. Dopo l’attacco alle Torri Gemelle del 2001, però, gli Stati Uniti ne chiesero l’accesso per rintracciare la rete di finanziamento dei fondamentalisti islamici.
L’importanza dell’uso di SWIFT in un quadro sanzionatorio è emersa nel 2012, quando su pressione degli USA venne disconnesso il sistema bancario dell’Iran, nell’ambito delle misure studiate per fermarne il programma nucleare. SWIFT blocca non solo i Paesi ma anche gli intermediari che, in violazione delle sanzioni, effettuino transazioni con i soggetti colpiti, diventando così un’arma economica assai potente.
Il caso russo presenta però caratteristiche diverse. Già nel 2014, con l’invasione in Crimea, alcune banche locali sono state inserite dagli Stati Uniti in una lista nera. La Banca centrale russa sviluppò allora un proprio sistema di pagamento, Mir, che intermedia circa il 25% di tutte le transazioni nazionali con carta, ma che è difficilmente utilizzabile all’estero.
In seguito il Governo russo ha sviluppato un’altra rete di pagamenti, il System for Transfer of Financial Messages (SPFS), che nel 2021 ha intermediato circa 13 milioni di messaggi tra i più di 400 intermediari finanziari aderenti al sistema (tra cui Unicredit e Deutsche Bank) per un totale pari al 20% dei trasferimenti nazionali. Nel caso in cui le banche russe fossero disconnesse da SWIFT, il sistema finanziario russo potrebbe appoggiarsi inoltre al sistema di pagamento interbancario transfrontaliero cinese (CIPS), gestito dalla People’s Bank of China, che ha utenti in oltre cento Paesi.
Nel 2014, ricorda lo studio dell’ISPI, quando l’Europa chiese che la Russia fosse sconnessa da SWIFT, le autorità russe stimarono che il provvedimento avrebbe comportato una riduzione del Pil del 5%. “Oggi – si afferma – il quadro è diverso. Grazie a Mir, i pagamenti interni al Paese non sarebbero colpiti. E anche gli effetti sulle relazioni esterne sarebbero parzialmente attenuati dal ricorso a Spfs e Cips. Tanto che lo stesso Medvedev, che nel frattempo è diventato vicepresidente del Consiglio di Sicurezza, ha dichiarato che le transazioni finanziarie ‘diventeranno più difficili, ma non sarà una catastrofe’.
In compenso, l’esclusione di un Paese da SWFIT avrebbe ripercussioni sugli Stati che comminano le sanzioni. Il blocco dei pagamenti in entrata e in uscita imporrebbe un’interruzione non soltanto dei traffici commerciali, ma anche delle transazioni finanziarie. Perciò l’ipotesi di un’esclusione della Russia ha suscitato la preoccupazione delle banche europee, in particolare di quelle francesi e italiane, che sono esposte complessivamente per circa 50 miliardi di dollari ugualmente ripartiti fra i due Paesi e che, nell’evenienza di un blocco, non potrebbero ottenere il pagamento di quei crediti. Un blocco indiscriminato rischierebbe così di tradursi in una moratoria sui debiti esteri della Russia”.
Inoltre, come ricorda il Wall Street Journal, le valute digitalizzate della Banca centrale o altri token come il bitcoin potrebbero essere accelerati per svolgere un ruolo più importante nei pagamenti globali.
Alla lunga, l’utilizzo del sistema dei pagamenti come arma – conclude lo studio Ispi – “rischia di essere costoso per i Paesi che la utilizzano assai più che per quelli che la subiscono: il ricorso sistematico a questo strumento, non solo colpisce tanto gli uni quanto gli altri, ma incentiva la ricerca di alternative e finisce per minare alla radice l’utilizzo del dollaro come moneta internazionale e l’assetto geopolitico che su tale egemonia monetaria si regge”.
La difficoltà di procedere in questo senso è stata confermata venerdì da un portavoce del Governo tedesco, secondo cui sospendere la Russia avrebbe un impatto enorme sulle transazioni per la Germania e le imprese tedesche in Russia. La Germania non è l’unico Paese ad avere riserve sull’esclusione della Russia da Swift, ha spiegato, affermando che anche l’Italia e la Francia ne avessero alcune. (Agi)