Il presidente russo Vladimir Putin e il suo omologo cinese Xi Jinping hanno accusato gli Stati Uniti di “interferire negli affari interni” dei due Paesi, con riferimento alle crisi internazionali in Ucraina e Taiwan. Le dichiarazioni, contenute in un comunicato congiunto, hanno seguito un incontro di persona tra i due leader tenutosi venerdì a Pechino, poche ore prima dell’inaugurazione ufficiale dei Giochi olimpici invernali del 2022.
Al termine del vertice, il primo dell’epoca Covid-19, i due presidenti hanno espresso ferma condanna nei confronti di “alcune forze che rappresentano una minoranza del panorama globale” – chiaro riferimento a Washington e alla NATO –, che, secondo il documento, “continuano a propugnare un approccio unilaterale alla risoluzione dei problemi internazionali e ricorrono alla politica militare.”
A margine, il capo di Stato russo ha tenuto a sottolineare il livello “senza precedenti” raggiunto dalla partnership strategica tra Mosca e Pechino, non solo in ambito geopolitico ma altresì commerciale – dal momento che proprio venerdì il gigante russo Gazprom ha reso nota la sottoscrizione di un accordo con la cinese CNPC per rifornire la Cina di 10 miliardi di metri cubi di gas naturale all’anno per il prossimo trentennio. L’accordo farà fluire energia in Cina nordorientale attraverso un gasdotto di nuova costruzione nell’Estremo Oriente russo. La nuova infrastruttura, che sarà pronta entro 3 anni, si aggiungerà così al gasdotto Power of Siberia, che collega la Jacuzia al Dragone.
Da segnalare, peraltro, come la valuta adottata per regolare la compravendita di gas appena suggellata non sarà più il dollaro, bensì l’euro, passo significativo verso l’affrancamento dagli strumenti d’influenza globale di Washington.

L’incontro tra Putin e Xi è dunque servito a rinsaldare l’asse tattico tra Russia e Cina nel contrasto agli Stati Uniti attraverso un do ut des: da una parte, la Russia si è assicurata l’appoggio della Cina sulla questione ucraina – e in particolare sulla necessità che la NATO indietreggi dall’Europa orientale: il comunicato chiede infatti all’Alleanza Atlantica di “abbandonare gli approcci ideologici della Guerra Fredda” e di fermare la sua espansione verso est (soprattutto nell’Ucraina stessa e in Georgia).
Dall’altro, però, Pechino ha incassato il rinnovato sostegno russo sul dossier Taiwan, che la Cina chiama “Taipei cinese” e considera una provincia ribelle destinata ad essere annessa nel prossimo futuro. Non dello stesso avviso la Casa Bianca, che invece difende l’indipendenza di Formosa (pur non riconoscendola come Stato) e si dice pronta ad aiutare militarmente la piccola repubblica.
La crisi ucraina
Poche ore prima dell’incontro Xi-Putin, l’amministrazione Biden aveva peraltro rivolto l’ennesima accusa al Cremlino di voler destabilizzare l’Ucraina. Secondo il portavoce del Pentagono, John Kirby, hacker russi avrebbero messo a punto un piano per provocare un attacco false flag in grado di fornire il casus belli per una futura invasione. In particolare, i russi avrebbero intenzione di mostrare false esplosioni e falsi cadaveri provocati da un presunto attacco delle truppe di Kiev, allo scopo di giustificare l’intervento di Mosca.
Nelle stesse ore, il segretario generale della NATO Jens Stoltenberg avvertiva inoltre della possibilità che le truppe russe in Bielorussia superassero le 30.000 unità (in aggiunta alle 100.000 già presenti al confine russo-ucraino), con il supporto di forze speciali ed equipaggiamento militare avanzato.

A scendere in campo nella crisi ucraina sono stati anche alcuni leaders europei: su tutti il presidente francese Emmanuel Macron, che rivendica una politica estera francese autonoma da quella statunitense (pur essendo allineata a Washington sulle linee di fondo). Macron ha avuto un paio di conversazioni telefoniche con Putin negli ultimi giorni, e il prossimo martedì si recherà a Mosca e Kiev per mediare una via d’uscita dalla crisi. C’è poi il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan, che in occasione di un vertice tenutosi giovedì con l’omologo ucraino Volodymyr Zelens’kyj ha proposto di fare di Ankara il paciere tra Kiev e Mosca.
Infine, autonomia diplomatica è anche quella reclamata dal neo-cancelliere tedesco Olaf Scholz, criticato per il finora tiepidissimo supporto fornito a Kiev e per la Ostpolitik 2.0 improntata al dialogo con Mosca e al business as usual. Il leader tedesco visiterà Kiev il prossimo 14 febbraio, mentre il giorno successivo si recherà al Cremlino.
I Giochi diplomatici
Dopo il vertice con Xi, Putin si è recato allo Stadio olimpico di Pechino per assistere all’inaugurazione dei Giochi invernali. Assieme a lui erano presenti a Pechino, tra gli altri: il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi, quello serbo Aleksandar Vucic, il principe della corona saudita Mohammed bin Salman, il presidente argentino Alberto Fernández, quello ecuadoriano Guillermo Lasso, i capi di Stato delle repubbliche post-sovietiche centroasiatiche di Kazakistan, Kyrgyzstan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan, il segretario generale dell’ONU António Guterres e il direttore dell’OMS Tedros Adhanom.

Buona parte dell’Occidente, invece, ha optato per il boicottaggio diplomatico (USA, India, Regno Unito, Australia, Canada, Kosovo, Lituania) o per la semplice assenza di figure di spicco, ufficialmente come precauzione anti-Covid 19 (Norvegia, Svezia, Germania, Austria, Svizzera, Danimarca, Paesi Bassi e Nuova Zelanda).