La forte risalita dei prezzi delle materie prime, in particolar modo del gas naturale e del petrolio, stanno facendo imbizzarrire il tasso inflattivo ovunque.
Esaminando i dati si scopre che lo scorso settembre l’Eurostat ha comunicato, risultati alla mano, che l’inflazione in quel mese nell’area euro è arrivata al 3,40%, rispetto al 3% del mese di agosto.
Le voci maggiormente significative dei forti aumenti sono state, nell’ordine, l’energia con un balzo del 15,40%, rispetto al 14,30% di luglio, i beni industriali con il 2,70%, rispetto allo 0,70% di luglio, mentre gli alimentari, gli alcolici e il tabacco sono cresciuti del 2,00%, rispetto all’1,6% di luglio. Infine, i servizi aumentano del 1,10%, in confronto allo 0,90% di luglio. Tutta questa situazione ha determinato un atteggiamento bicefalo fra nord e sud Europa.
I tassi di inflazione più elevati li si sono avuti in Estonia col 5,00%, in Lituania al 4,90% ed in Belgio al 4,70%. L’Italia si è collocata a metà strada, cioè al 2,60%. I tassi annuali più bassi sono stati invec, monitorati a Malta con lo 0,40%, in Grecia col 1,20% e infine in Portogallo con un 1,30%.

La peculiarità è legata al fatto che i Paesi del Sud Europa sono stati quelli a tasso inflattivo molto più contenuto. L’inflazione è monitorata costantemente e con particolare attenzione da tutti gli analisti, in quanto un forte aumento dei prezzi su base annua potrebbe sospingere le banche centrali a rivedere i bassissimi tassi di interesse alzandoli di molto, e interrompendo così la politica fortemente espansiva tenuta viva finora per sostenere la ripresa economica mondiale.
Un altro elemento che inizia a preoccupare riguarda l’enorme massa di liquidità ferma sui conti correnti bancari italiani, dove sono ormeggiati circa 1.745 miliardi di euro: nel 2020 erano 1.584. Il forte aumento è stato l’effetto del Covid, che ha ridotto notevolmente la possibilità di spendere a milioni di consumatori, consentendo l’aumento dei risparmi nelle banche.
Secondo un report dell’Abi, la Confindustria delle aziende di credito in Italia, viene fuori che il tasso di incremento annuo dei depositi delle famiglie è in crescita, con un netto +10,2%messo a segno nel mese di febbraio.
Se alla somma dei conti correnti si aggiunge anche quella delle obbligazioni, il totale supera i 1.900 miliardi di euro. Una cifra enorme, che sta diventando un peso per le banche, costrette a pagare il costo dei tassi negativi per il deposito della liquidità presso le varie banche centrali.
La tassa occulta dell’inflazione da un lato e i grandi depositi nelle banche stanno prospettando un discreto pericolo: ossia che la proverbiale prudenza stia lasciando il posto alla paura. Sui mercati mondiali, ormai, si naviga a vista.
AGGIORNAMENTO – Come dicevamo si naviga a vista e, proprio oggi, vengono fuori due dati molto forti dell’economia americana: primo il tasso di inflazione targato USA sale al 5,4% e il corrispondente aumento che la previdenza sociale americana dovrà corrispondere ai suoi beneficiari sarà addirittura del 5,9% dei loro assegni a partire dal prossimo gennaio e questo avrà effetti inflattivi a strascico per tutto il 2022 se si considera che la platea dei beneficiari è di circa 64 milioni di soggetti.
Se si considera che il più grande programma sociale gestito dal governo federale è finanziato dalle tasse sui salari pagate sia dai lavoratori che dai datori di lavoro è facile dedurne gli effetti negativi su tutto il resto.
I prezzi di tutte le materie prime, comprese quelle energetiche, sono d’altronde l’effetto della pandemia da Covid e dall’altra pandemia, finora nascosta: il tipo di globalizzazione realizzato nei decenni precedenti. A forza di voler abbattere i costi di produzione gli Stati Uniti e l’Europa hanno affidato la fabbricazione di moltissimi prodotti dell’industria al Vietnam, alla Cambogia, alla Malesia ecc. per cui si è arrivati al paradosso, a marzo dell’anno scorso, l’Italia non aveva fabbriche in grado di fornire le mascherine senza parlare dei semiconduttori e altra tecnologia.
Su una cosa mi sento di convenire con l’opinione della Fed secondo cui l’inflazione sarà temporanea a condizione, però, che USA ed UE finora in tutt’altre faccende affaccendate si siedano al tavolo e mettano in campo una strategia comune. Si consideri, altresì, che la Angela Merkel sta uscendo di scena e che fra poco passerà la mano anche Manuel Macron per cui l’unico della vecchia guardia capace di coniugare politica e finanza è Mario Draghi affiancato dalla Christine Lagarde alla BCE.