Una settimana cruciale per i democratici e per il presidente Biden dopo che ieri sera non è passata al Senato la proposta di alzare il tetto di spesa ed evitare il default ad ottobre. La scadenza ultima per trovare un accordo è giovedì. Ma non solo. Questa settimana i democratici voteranno anche la proposta bipartisan sulle infrastrutture da mille e 200 miliardi di dollari già approvata al Senato cercando di legarci anche i finanziamenti sociali da 3 mila e 500 miliardi dell’American Family Plan, che però, per via del sistema del reconciliation deve essere nuovamente approvato dal Senato … e i voti non ci sono più anche perché non tutti i democratici sono d’accordo.
Il problema, come spesso accade, riguarda il ‘filibustering’, un ostruzionismo che impedisce al Senato di far passare leggi non gradite all’opposizione. La regola infatti obbliga il voto con una maggioranza qualificata di 60 Senatori su 100. Basta quindi una minoranza di 41 senatori su 100 per bloccarne l’iter. I Democratici al Senato sono solo 50 (di questi in realtà due sono indipendenti ma votano democratico) e non è nemmeno sicuro che tutti siano a favore dei piani di Biden. Anche se lo fossero servirebbero poi, appunto, altri dieci Senatori repubblicani che votino il piano della Casa Bianca. Una larga fascia di democratici vorrebbe a questo punto cambiare le regole del filibustering, ma anche su questo non tutti i democratici sono concordi. Quando erano loro in minoranza hanno usato il filibustering per bloccare moltissimi piani dei repubblicani: dalla costruzione del muro con il Messico, all’abolizione della riforma della legge sulla polizia proposta dal conservatore Tim Scott, o all’eliminazione dell’Obamacare, o quella che eliminava i finanziamenti pubblici alle cliniche per l’interruzione della gravidanza. Cambiare ora le regole renderebbe tutto molto più facile per la maggioranza ma limiterebbe per sempre la forza dell’opposizione.
Nel tempo, però, con una politica così polarizzata, molti importanti confronti politici sono stati forzatamente accantonati proprio dal filibuster. Così le grandi riforme che il Paese chiede a gran voce come quella sul diritto di voto, sull’immigrazione, sulla limitazione delle armi, sulla riforma della polizia rimangono solo come progetti messi da parte in attesa di momenti migliori.
Come detto ieri sera i repubblicani, tutti, hanno votato contro l’alzamento del tetto di spesa. In questo modo il governo federale da metà ottobre non ha più soldi per pagare gli interessi sul debito esistente. Normalmente questo è un voto bipartisan proprio per evitare le catastrofiche conseguenze per il Paese, ancora alle prese con la pandemia e con l’economia in crisi, se il governo dovesse andare in default.
I repubblicani hanno fatto muro perché non vogliono che il pacchetto da 3 mila e 500 miliardi di dollari di aiuti sociali venga legato ai fondi per le infrastrutture. Questo perché per reperire i fondi per finanziare il progetto i democratici vogliono aumentare le tasse sulle imprese al 26,5% dal 21% attuale. Il provvedimento prevede anche un aumento delle tasse sul capital gain al 25% dal 20% e un’ulteriore sovrattassa agli individui che guadagnano più di 5 milioni di dollari. L’inasprimento della pressione fiscale è comunque inferiore alle originarie idee della Casa Bianca che puntava a tasse sulle imprese al 28% e a quella sul capital gain al 39,6%. Alla fine i consiglieri di Biden hanno desistito per cercare di creare il consenso nel partito.
Il piano è un passo cruciale per l’avanzamento del pacchetto da 3,5 mila miliardi di dollari. Ma c’è di più. I democratici centristi non vogliono votare l’American Family Plan perché è troppo costoso. I dem più liberal hanno detto che non voteranno il piano della Casa Bianca se i finanziamenti sociali non saranno inclusi nel pacchetto. E questa mattina la speaker della Camera Nancy Pelosi ha detto che sta preparando un’altra proposta per alzare il limite di spesa e che potrebbe arrivare al voto anche questa sera. Con lei il Majority Leader della Camera, Steny Hoyer. La nuova proposta verrebbe presentata con la formula del reconciliation, applicabile appunto sulle leggi di bilancio, eliminando il filibuster al Senato.
Una partita quella che si sta giocando al Congresso per la quale se non si trova velocemente un accordo non avrà vincitori, ma solo un perdente: gli Stati Uniti. Il segretario al Tesoro, Janet Yellen è tornata a sollecitare il Congresso invitandolo a raggiungere un accordo per aumentare il tetto del debito pubblico, avvertendo che non alzarlo “sarebbe catastrofico”. Nei giorni scorsi aveva scritto una lettera ai leader democratici e repubblicani spiegando che il Dipartimento del Tesoro ha esaurito i contanti e le misure straordinarie per mantenere il governo federale entro il limite di prestito legale. “Una volta esaurite tutte le misure disponibili e la liquidità disponibile, gli Stati Uniti non sarebbero in grado di soddisfare i propri obblighi per la prima volta nella nostra storia”, ha dichiarato la Yellen, aggiungendo che “in base alle nostre informazioni più recenti, l’esito più probabile è che il denaro e le misure straordinarie si esauriranno durante il mese di ottobre”.
Sono mesi che il ministro del Tesoro esorta maggioranza ed opposizione a trovare l’accordo per aumentare il limite del debito. “Se non si agirà in tempo – ha detto nel corso di una audizione al Congresso – ci sarà un aumento della disoccupazione e si avranno problemi sui mercati finanziari. Se il tetto del debito non sarà alzato entro il 18 ottobre, gli Stati Uniti “potrebbero scivolare in una crisi finanziaria e in recessione economica. Attendere fino all’ultimo minuto può causare seri danni alla fiducia, far alzare i costi per i contribuenti e avere un impatto negativo sul rating degli Stati Uniti per anni”. Finora i suoi appelli sono rimasti inascoltati.
Anche l’ex presidente Barack Obama è andato in aiuto della Casa Bianca. “Bisogna tassare un po’ di più i ricchi, incluso me, per finanziare il piano di spesa del presidente Biden – ha detto in una intervista alla Abc – e assicurare i fondi necessari alla sanità, ai servizi per l’infanzia, alla lotta per i cambiamenti climatici. Penso che i più ricchi degli Stati Uniti se lo possano permettere, ce lo possiamo permettere”. Si stima che la ricchezza di Obama si aggiri attorno ai 70 milioni di dollari, grazie all’accordo con la casa editrice che pubblica i suoi libri e a quello siglato insieme all’ex first lady Michelle con Netflix.