È notizia fresca di questa mattina che un accordo è stato raggiunto fra Michael Gove, Ministro del governo Johnson e responsabile per le trattive Brexit, e Maros Šefčovič, vicepresidente della Commissione europea, a riguardo del mercato delle merci e dei medicinali per il Nord Irlanda. Ci sarà un periodo di tregua durante il quale il traffico delle merci non subirà controlli doganali. Intanto si aspettano gli esiti dell’incontro a Bruxelles tra Boris Johnson e il Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen.
Intanto siamo giunti agli sgoccioli: il 1° Gennaio 2021 l’intera Europa si sveglierà in un nuovo assetto geopolitico, catapultata nella Brexit. Attuare la Brexit con un ‘deal’ tra le parti, sarebbe stata la migliore soluzione sia per l’Europa che per la Gran Bretagna, ma a quattro anni dal referendum ancora non si è raggiunto l’accordo sperato e molti aspetti nella trattativa devono ancora essere chiariti.

L’essenza della diatriba tra EU e UK è sintetizzata dalla dichiarazione di Mr Clement Beaune, ministro francese degli Affari Europei: “Il Regno Unito vuole avere accesso al mercato europeo senza stabilire accordi nei riguardi degli aspetti della vita sociale, dell’ambiente, della sanità e del territorio marittimo per la pesca. Questo è inaccettabile”. E infatti, in questi giorni il punto chiave delle discussioni nella trattativa Brexit verte principalmente sulla questione della pesca nelle acque britanniche.
Come ha ribadito il presidente francese Emmanuel Macron “i britannici non possono avere accesso al libero mercato in Europa e non permettere l’accesso alla pesca nelle loro acque”. Il governo britannico vorrebbe permettere ai pescatori europei l’accesso nei loro mari per altri tre anni, mente l’UE ne ha richiesti almeno altri 10, per dare tempo ai pescatori di convertirsi a nuove soluzioni lavorative.
Ma nell’imminente futuro quali potrebbero essere le conseguenze pratiche della Brexit?
George Eustice, ministro del governo per l’ambiente, cibo e affari agricoli, ha ammesso, durante un programma della BBC, che un ‘no-deal’ significherà un aumento di oltre il 2% del caro vita in UK. Inoltre, se l’UE porrà tariffe doganali sui prodotti britannici, la Gran Bretagna perderà una grande fetta del mercato europeo, con gravi ripercussioni sul mercato del lavoro in UK.
Rispetto ai movimenti dei cittadini, un britannico non potrà stare fuori dal Regno Unito oltre 90 giorni. Al termine del 2022 i cittadini britannici dovranno fornirsi di un visto (costo 7 euro a persona) prima di viaggiare in Europa e inoltre, negli aeroporti europei perderanno il diritto delle file prioritarie riservate a cittadini UE.

Per quanto riguarda i servizi sanitari, fino ad ora, sono stati regolati da accordi bilaterali di reciprocità: i cittadini europei possono avere trattamenti sanitari in tutti i paesi UE se residenti, i visitatori invece solo in caso di emergenza. Ma da gennaio 2021, tutti i viaggiatori (britannici in Europa ed europei in UK) dovranno essere forniti di un’assicurazione sanitaria.
Anche per guidare un veicolo si dovranno seguire nuove normative. In Europa potrebbe essere richiesto agli autisti che provengono dalla Gran Bretagna un permesso di guida internazionale. Inoltre, verrà richiesta una carta verde (di cui bisognerà fare richiesta sei settimane prima del viaggio) a riprova che il veicolo è assicurato per viaggiare all’estero.
Per fare business, compresi incontri di lavoro, in Europa bisognerà avere un permesso o un visto specifico. Ancora molta confusione sulla validità dei titoli professionali: se si è architetti, avvocati, medici in UE lo si può essere anche nel Regno Unito, e viceversa?
Inoltre, se un europeo è spostato con un britannico potrà rientrare in UK senza problemi fino al 29 marzo 2022, dopo di che il diritto verrà perso e lo sposo o la sposa comincerà ad essere equiparato agli stranieri immigrati senza diritti specifici. Inoltre, una coppia di stranieri per continuare a vivere in UK deve dimostrare di possedere un salario non inferiore ad almeno £18.600 (oltre a £3800 per il primo figlio e £2400 per gli altri figli).

Ma è nel mondo accademico dove già si percepiscono importanti ripercussioni. Sarà in vigore dal prossimo anno un aumento della tassa universitaria per gli studenti provenienti dall’Europa: quella precedente di £9000 quasi si triplicherà. “Questo cambiamento avrà dei forti contraccolpi” dichiara Federico Varese, professore del Dipartimento di Sociologia al Nuffield College, University of Oxford. “Con la Brexit lo studente europeo non è più alla stessa stregua dello studente britannico. L’aumento delle tasse universitarie creerà una selezione basata sul censo e inevitabilmente il numero degli studenti europei che potranno fare domanda nelle Università in UK si assottiglierà. In tal modo si avvierà un processo che trasformerà le Università con connotati continentali, come Oxford e Cambridge, in università di provincia”.
Oxford e Cambridge hanno da sempre occupato le top position nelle graduatorie delle migliori università del mondo. Il loro prestigio è stato dovuto anche dal fatto che, dopo una raffinata selezione, queste università potevano fare riferimento come bacino di utenza a ‘la crème de la crème’ degli studenti europei. La media della presenza di studenti europei in università britanniche ammonta ogni anno a circa 150.000. “Le due università della Oxbridge hanno potuto competere con università come Harvard grazie proprio al fatto che l’accesso alle università inglesi per i più meritevoli nel panorama europeo era facilitato” spiega il Prof. Varese. “Harvard ha un capitale di 40 Miliardi a fronte di 6 Miliardi dell’università di Oxford. Se si fa una battaglia misurata sulla capacità finanziaria, Harvard avrà la meglio in quanto potrà finanziare molto più agevolmente studenti e professori eccellenti”.
Per quanto riguarda i docenti, “molte eccellenze del mondo accademico europeo avranno molta più difficoltà ad accettare lavoro presso le Università britanniche anche se prestigiose. Il semplice viaggiare sarà sempre più complicato e le pratiche burocratiche diventeranno molto più farraginose e costose. Anche per le amministrazioni delle università britanniche non sarà conveniente richiedere professori universitari dall’Europa”.

“Queste sono le premesse per vedere la fine della magia di una università continentale”, ed illustrando l’entità delle ricadute del nuovo riposizionamento accademico britannico, afferma: “Ci sarà inevitabilmente un cambiamento a livello geopolitico. Il mondo universitario è una naturale piattaforma per incentivare scambi intellettuali fra docenti e studenti nelle varie combinazioni possibili. Questo dà vita al ‘soft power’: arricchimenti intellettuali correlati al fiorire di relazioni che si impregnano nei gangli vitali delle società di ogni paese. Stare in Europa avrebbe significato intensificare questo processo di cui l’UE ha fortemente bisogno. Un processo – conclude il Prof Federico Varese – che con la Brexit volgerà brutalmente al termine”.
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