Tammaro Terracciano, originario di Bologna, si trova a Ginevra per il suo dottorato allo Swiss Finance Institute dove si occupa di finanza internazionale. Scrive inoltre di economia e politica per Econopoly de Il Sole 24 Ore. Legatissimo alla sua città di nascita e alla famiglia, non ha hobbies particolari e alla fine di questa intervista (realizzata il 31 marzo), non sono riuscita – mio malgrado – a fargli dire una cattiveria contro la cancelliera Angela Merkel.
Mettiamo il caso che tu dovessi spiegare ai nostri lettori cosa sta accadendo a livello economico in Italia al tempo del coronavirus: quale è a tuo giudizio lo scenario attuale?
“Lo shut down, sebbene sia inevitabile, sta provocando una crisi che si preannuncia ancor più severa di quella del 2011. Per minimizzare i danni, i governi di tutto il mondo stanno mettendo in piedi una serie di aiuti per alleggerire il più possibile, e il più velocemente possibile, il peso della crisi sui cittadini e imprese, con la speranza di evitare che si inneschino dei default a catena. Ora il punto è come finanziare questi interventi. L’Europa, ad oggi, non ha nessun meccanismo per far fronte a una crisi sistemica di questo genere e i primi ministri di tutti i paesi stanno negoziando un accordo proprio in questi giorni. Gli esperti hanno proposto molte misure diverse, ora la sfida della loro applicazione è puramente politica”.
Emergenza sanitaria che si traduce in emergenza sociale ed economica. Il governo Italiano sta gestendo la crisi a modo suo con il decreto “Cura Italia” che avrà un impatto immediato sul suolo nazionale. Ti chiedo: a tuo parere sarà sufficiente o credi altresì fondamentale un aiuto a livello europeo?
“Ad oggi, è difficile dire quanto sarà effettivamente l’impatto di questa crisi, ma è evidente che il “Cura Italia” non è per nulla sufficiente. Il governo dovrà sicuramente aumentare considerevolmente gli aiuti, cercando di raggiungere chi ne ha più bisogno. Purtroppo, però, moltissimi ne hanno bisogno! I disoccupati, i lavoratori stagionali, gli autonomi e tutte le piccole medie imprese spesso non hanno nemmeno la possibilità di ottenere liquidità a breve termine. Al contempo, nemmeno molte grandi aziende riusciranno a sopravvivere a lungo senza entrate. E questo è vero soprattutto per i settori a bassi margini”.
Rigettata l’ipotesi dell’emissione dei cosiddetti “corona Bond” – cosa ne pensi del braccio di ferro che si è creato fra i paesi dell’asse nordico (in primis Germania – Austria – Olanda) che insistono nell’offrire all’Italia e agli altri paesi in difficoltà misure alternative?
“L’ipotesi degli eurobond (o coronabond) non è ancora stata accantonata. I paesi del nord sono stati sì molto duri, ma non è detta ancora l’ultima parola, soprattutto con la Francia schierata con l’Italia e gli altri paesi del sud. Nel caso in cui gli eurobond non venissero fatti, è difficile dire con certezza come si svilupperanno le cose. Dipende da quale soluzione viene adottata e dal modo in cui viene adottata. Stiamo a vedere”.
Secondo te alla base di una chiusura netta alle richieste economiche di paesi come Italia, Francia, Spagna c’è più una strategia politica o economica da parte dei cosiddetti paesi ricchi? Perché forse questa (a pensar male) potrebbe essere l’occasione più ghiotta per la Germania e gli altri paesi – per fare speculazioni economiche con maggior libertà?
“La Germania (e gli altri paesi del nord) non vogliono cedere perché per loro è politicamente molto costoso spiegare ai loro elettori che garantiranno per i debiti degli altri paesi. Al contempo, sanno che non possono lasciare gli altri paesi sprofondare. Ricordiamoci che se l’Italia va in default potrebbe affondare tutta l’Eurozona. Siamo pur sempre la terza economia del continente. Comunque cerchiamo di essere ottimisti, alla fine l’Italia è ancora solvibile! Inoltre, con gli acquisti potenziati della BCE, i tassi così bassi e la sospensione dello patto di stabilità c’è ancora margine di azione”.
Come pensi che ne usciremo? Più poveri e soli (si parla di Italiexit) o più ricchi e schiavi?
“Diversamente dal 2011, gli economisti hanno le idee chiare sul come poter affrontare la situazione e fortunatamente abbiamo qualche cartuccia da sparare. Come dicevo prima, qui il punto è più politico che economico. Soprattuto in questa fase puramente negoziale. Speriamo nel meglio!”
Tammaro tu sei un ragazzo giovane che si affaccia al mondo; cosa ne pensi di questa Europa? Pensi che abbia ancora un senso continuare a coltivare questo sogno di unità o credi piuttosto che gli ideali comuni siano stati accantonati per il tornaconto dei singoli paesi?
“Nonostante ci siano tanti problemi e, di conseguenza, tante cose migliorabili, condividiamo moltissimi interessi comuni. Più che parlar di sogno, dobbiamo metterci al lavoro per dare una forma e una vera direzione all’interno progetto, proprio per evitare che singoli paesi mettano i propri interessi davanti a quelli della comunità. Inoltre, dobbiamo smettere di parlare di Europa solo in termini economici o comunque sia legati all’economia in senso lato. Bisogna dare spazio anche ad esperti di altre discipline per elaborare assieme un qualcosa di più organico e culturalmente strutturato. Capisco sia più facile a dirsi che a farsi, ma è così!”