“L’Italia non ha mai pensato neanche per un minuto di abbandonare l’unione monetaria europea”.
Ho trovato questa frase del ministro Tria estremamente significativa, e non solo per il motivo che sospettate. Anche per altri.
Non penso un granché del nostro attuale governo. Esso è l’espressione del compromesso al minimo tra i populismi di destra e di sinistra uniti nel governo più bizzarro e ridicolo che l’Italia abbia mai avuto. Difficile scordarsi di ciò quando si sente parlare un ministro di questo esecutivo.
Eppure, ascoltandolo a Washington, la voglia di sparare a palle incatenate sul titolare dell’Economia passa un po’. E questo non perché Tria sia particolarmente simpatico o accattivante, ma perché tra le righe di ogni dichiarazione si distingue in trasparenza l’ingrato compito che grava sulle spalle del professore: convincere investitori, economisti e governi della solidità dell’economia italiana e della solvibilità del sistema Italia.
“Chi compra il debito pubblico italiano fa oggi un buon affare!” ha dichiarato il ministro.
Quante domande avrei per indagare sul divario tra le affermazioni del ministro e le prese di posizione che di giorno in giorno ci rifilano i vari Salvini, Di Maio, Dibba e tutta la schiera dei miracolati populisti di casa nostra, ma non è il caso di infierire troppo. Quest’uomo deve vendere il debito pubblico italiano e agire nell’interesse del paese intero, delle famiglie, degli imprenditori e dei lavoratori.
Ce la farei io a dire che non abbiamo mai voluto uscire dall’Euro quando il governo sovranista è stato fondato sulle dichiarazioni di guerra alla moneta europea? E che dire della nomina a capo delle commissioni bilancio e finanze di tali Claudio Borghi e Alberto Bagnai, due che da anni incarnano la resistenza barricadera anti-Euro di destra e di sinistra sui social ?
No. Credo proprio che non ce la farei. Mi dimetterei prima. Il dubbio è che Tria non sia lì perché attaccato alla poltrona, ma perché uomo di Stato. Un soldatino a cui è stato dato un ingrato compito: dare una verniciata di razionalità ad un governo che di razionale ha ben poco, e fare questo per il bene della nazione tutta.
Del resto, se il ministro si dimettesse di punto in bianco, quale sarebbe il contraccolpo per lo spread e per il peso del debito pubblico? Qual’è la risposta non lo sa nessuno, il che basta per concedere al ministro il beneficio del dubbio sui motivi che lo tengono lì.
In sala ci sono una decina di giornalisti. Volti noti come Dario Laruffa, Giovanna Pancheri, Maria Luisa Rossi Hawkins e altri meno noti al pubblico televisivo, ma altrettanto capaci.
Le prime dichiarazioni spontanee del ministro e dei suoi collaboratori parlano degli incontri di alto livello avuti con l’amministrazione americana, a partire dal segretario al tesoro USA Steven Mnuchin e il capo dei consiglieri economici (Council of Economic Advisers) della Casa Bianca, Kevin Hassett. Oltre a illustrare la manovra economica del governo e le sue linee guida, si è parlato di cooperazione tra i due paesi. Poi si apre alle domande. Le prime si focalizzano sui dati Istat in arrivo, che si temono non buoni per il PIL nostrano.
Tria chiede se ci sono anticipazioni, e poi minimizza, inquadra, spiega e rassicura che, anche se ci dovesse essere un po’ di recessione, questo non cambierebbe di molto le cose, ma speriamo di non entrarci. Il sistema bancario è solido e il governo è intenzionato a far abbassare ulteriormente il debito. L’asta dei titoli di Stato è andata bene. Lo spread scende. La situazione non è critica. Grossomodo va tutto bene.
“Luca Passani. La Voce di New York” – anch’io ho occasione di fare una domanda – “Carlo Cottarelli ha espresso perplessità su come l’Italia riuscirà a non sforare il tetto del 3% di deficit il prossimo anno. Come pensa di evitare un deficit che vada oltre quella soglia nel 2020?”
Tria non sembra felice della domanda. Spiega che quest’anno siamo rimasti al due per cento e anche il prossimo anno si troverà un modo per disattivare le clausole di salvaguardia e restare sotto al tetto del tre.
Insomma, il ministro si barcamena. Non sa o non sa dare risposte precise al momento sulla questione.
Per il resto, ottimo rapporto con gli americani, con l’Iran abbiamo l’autorizzazione dagli USA a comprare un po’ di petrolio anche se c’è l’embargo, la situazione con la Cina e la Russia è normale.
Un’ultima domanda riguarda la situazione in Venezuela e la posizione del governo italiano. Sono curioso di sentire la risposta, visto che anche Conte nei giorni scorsi ha fatto il trapezista tra le esternazioni anti-Maduro di Salvini e quelle pro-Maduro del pentastellato Dibba di passaggio per l’Italia.
“L’Italia ha preso la posizione dell’Europa.” – spiega il ministro – “Abbiamo chiesto elezioni al più presto. Quindi abbiamo assunto una posizione contro Maduro.”
Non c’è tempo per repliche. Il ministro e la squadra che l’accompagna si alzano, salutano e vanno via.
Salvate il soldato Tria.