L’attacco al sistema creditizio italiano dei giorni scorsi, definito irresponsabile dal Governo e dalle parti sociali, ci fa ricordare ciò che è avvenuto quattro anni or sono quando i sistemi finanziari forti della Comunità europea misero a dura prova la tenuta del sistema del nostro bel paese.
Col senno del dopo dobbiamo constatare che l’aggressione finanziaria ai titoli di Stato italiani è stata frutto di una congiura per far sì che l’Italia diventasse una Nazione a sovranità limitata. Ricordiamo che il 4 gennaio 2011 lo spread era a 173 punti e che a fine dicembre dello stesso anno lievitava a quota 528, con un incremento di ben 355 punti. La pressione internazionale e principalmente tedesco-europea forzò la mano sui nostri politici al punto da costringere Silvio Berlusconi a mettersi da parte per far posto a Mario Monti, nominato da qualche giorno senatore a vita dall’allora capo dello Stato Giorgio Napolitano. Il Governo Monti agì quasi in regime commissariale imponendo al Parlamento riforme discutibili e impopolari in materia finanziaria e previdenziale che ancora fanno leccare le ferite a tanti ex lavoratori.
Però, come si nota dai dati pubblicati dal Ministero del Tesoro, il debito pubblico non era sceso con la gestione Berlusconi e dei Governi precedenti e con Mario Monti ha continuato a salire ( vedi tabella).

Fonte: Ministero dell’Economia e delle Finanze – Notifica del Deficit e del Debito Pubblico inviata alla Commissione Europea ex Reg. CE 3605/93, così come modificato dal Reg. 479/2009.
Schema rivisto in base alla revisione della serie del PIL operata dall’ISTAT a seguito dell’adozione del SEC 2010.
Di converso lo spread è sceso rapidamente. Ciò conferma che il problema non era il debito pubblico italiano ma una questione politica mirata a ridimensionare il diritto alla sovranità da parte degli italiani.
Ed ora una nuova aggressione all’Italia ma questa volta è mirata alle banche. L’Europa, dimenticando le concessioni fatte al Governo della signora Merkel e alle banche e casse di risparmio tedesche, apre un’inchiesta sul nostro paese reo di avere adottato provvedimenti a salvaguardia di risparmiatori e lavoratori di quattro banche praticamente fallite: Banca delle Marche, Popolare dell’Etruria e del Lazio, Cassa di risparmio di Ferrara e Cassa di risparmio di Chieti.
Il Governo presieduto da Matteo Renzi ha evitato con un decreto l’applicazione della riforma denominata “bail in” che chiama i risparmiatori a soccorrere la banca in caso di fallimento. Del provvedimento ha scritto ampiamente Il Sole 24 Ore. Il braccio di ferro di Matteo Renzi, che finalmente ha indossato i panni di coraggioso nei confronti dei partner europei, ha avuto una reazione irresponsabile da parte di finanzieri senza scrupoli e dagli atteggiamenti poco consoni dei big dell’Europa.
E infatti nei giorni scorsi dopo la nuova polemica sulla proposta di costituzione di una bad bank italiana c’è stata una brutale aggressione nei confronti delle banche italiane e in particolare di quella che sembra più in difficoltà che è il Monte dei Paschi di Siena. Dopo le precisazioni degli addetti ai lavori e del governatore della BCE, Mario Draghi, la tempesta è cessata tant’è che i titoli bancari hanno recuperato un po’ di perdite e addirittura le azioni MPS in un solo giorno circa il 45%.
La volontà della banche italiane di costituire una bad bank ha trovato una forte opposizione da parte della Comunità Europea che alla fine ha snaturato l’obiettivo prefissato dalle Banche. Chiariamo ai lettori che creare una bad bank significa utilizzare una nuova società in cui fare confluire i crediti tossici, in sofferenza e di difficile recuperabilità. In questo modo la banca tradizionale si occuperà dei crediti cosiddetti buoni mentre per quelli definiti cattivi il compito di riscuoterli spetterà alla nuova società “bad bank”.
Alla fine, come accennato sopra, la nuova questione è stata risolta con un compromesso che consentirà la creazione della bad bank leggera che non sarà sicuramente quella auspicata da anni dai banchieri italiani. Da un articolo pubblicato dal Il Sole 24 Ore si evince chiaramente che il compromesso bad bank può essere tradotto in: “la montagna ha partorito il topolino”:
Ma le Banche italiane rispondono ai bisogni sociali? Sicuramente poco e ciò è dovuto alla trasformazione di istituti di diritto pubblico e casse di risparmio in S.p.A. La legge che porta il nome di Giuliano Amato, datata 1990 ,ha fatto scomparire queste realtà che non avevano prevalentemente scopi di lucro ma l’obiettivo di aiutare le comunità. La Banca d’Italia è intervenuta sulla questione.
Ma dopo la scomparsa delle casse di risparmio e delle banche pubbliche, stranamente (ma nemmeno tanto…) certi territori, e in particolare quelli meridionali, hanno subito un crollo economico e non riescono a ripartire. C’è da chiedersi come mai, nel 1861, il monarca Vittorio Emanuele dava il proprio nome e anche i soldi per creare una banca il cui scopo era quello di risollevare la comunità siciliana. Nello stesso tempo si dava vita nei vari territori alla creazione di omologhe realtà. E ora sull’altare di un’Europa che doveva essere quella dei Popoli, e nella realtà è diventata quella della squallida finanza, si è imposta una linea che nei fatti ha fatto arretrare i territori più deboli. C’è da chiedersi se la non scomparsa di queste Banche sociali avrebbe evitato il suicidio di padri di famiglia senza lavoro privati anche della propria abitazione per non aver più potuto pagare le rate di mutuo.
Banco di Napoli e Banco di Sicilia, istituti che erano abilitati a emettere per conto dello Stato carta-moneta, sono stati soppressi per volontà di un’Europa non più dei popoli ma insensibile ai problemi sociali e debole nei confronti della speculazione finanziaria. Per questi istituti di credito all’epoca si era anche discusso della possibilità di creare bad bank ed allora non c’erano i vincoli capestro europei di oggi.
Matteo Renzi & Co. comprendono il fatto che se si vuole fare ripartire l’economia del Sud occorre ricreare una banca sociale? Renzi, che finalmente e nei giorni scorsi ha dimostrato “coraggio”, si faccia carico della questione Sud. Il capo del Governo faccia tesoro di quanto ha detto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel messaggio di fine anno e, se il suo Governo ha a cuore le sorti del Mezzogiorno e della gente che soffre, rimedi con i fatti e non con le semplici affermazioni agli errori del passato che non consentono di far ripartire la macchina dell’economia nel mezzogiorno d’Italia. Aspettiamo, quindi, fiduciosi, che si verifichino questi fatti.