Si racconta che un giorno un contadino che utilizzava l’asinello per il trasporto dei prodotti che andava a vendere in paese decise di dimezzare la biada al proprio animale. C’era un po’ di crisi, gli incassi erano diminuiti e così il contadino aveva deciso di fare economia. L’asinello avvertì la ‘botta’, si lamentò un po’ provando a riposarsi di più, ma il padrone, con un bastone, l’aveva convinto a lavorare lo stesso. Dopo una settimana l’asinello era visibilmente dimagrito, ma lavorava lo stesso, anche se a fatica. Il contadino pensò: “Gli ho dimezzato la biada e l’asinello lavora lo stesso. E se gliela dimezzassi di nuovo? Risparmierei altri soldi”. E così fu. L’asinello, sempre più dimagrito, lavorava a stento. Ogni tanto cadeva a terra. Ma le bastonate del padrone lo costringevano a rialzarsi. Il padrone pensò: “E se gli togliessi anche la piccola razione giornaliera di biada? Finora ha lavorato. Magari continua a lavorare e io risparmierei ancora”. Due giorni dopo l’asinello morì. “Peccato – mormorò il padrone – ora che aveva imparato a lavorare senza mangiare, facendomi risparmiare, è morto. Mannaggia…”.
Ora proveremo a dimostrare, con alcuni esempi concreti, che la storia dell’asinello è, in fondo, la metafora della Sicilia di oggi. Partiamo da un dato diffuso da Eurostat qualche giorno fa: la Sicilia è l’ultima Regione d’Europa per tasso di occupazione. In proporzione, nella nostra Isola ci sono più disoccupati dei Paesi dell’Europa dell’Est entrati nell’Unione Europea. La situazione è un po’ paradossale se pensiamo ai tanti rumeni che arrivano in Sicilia per lavorare. Ma se osserviamo bene la situazione, questo scenario contradditorio è spiegabile. Come ci capita spesso di scrivere, in Sicilia c’è un’economia, poco conosciuta, che va avanti senza l’appoggio della pubblica amministrazione. Anzi, in alcuni casi, va avanti nonostante la pubblica amministrazione.
Chi scrive, proprio in questi giorni, gira in lungo e in largo la Sicilia visitando tante aziende agricole. Alcune accusano la crisi perché, magari, avrebbero bisogno di un sostegno – che non c’è – per la vendita dei propri prodotti. Ma vanno avanti lo stesso, vuoi perché i mercati contadini funzionano (si tratta dei mercati locali), vuoi perché anche nell’export dei propri prodotti nelle altre Regioni italiane e all’estero si industriano. Ma lo fanno, lo ripetiamo, a prescindere dalla pubblica amministrazione. A proprie spese. In alcuni casi, l’unico sostegno che ricevono lo devono ai Gal, sigla che sta per Gruppi di azione locale. Si tratta di associazioni tra soggetti pubblici (i Comuni) e gli operatori privati che, quando non sono controllati dalla politica, funzionano.
Queste imprese che operano a prescindere dalla politica e dalla pubblica amministrazione danno lavoro anche alla manodopera che arriva da fuori: per esempio, ai rumeni (in alcuni casi con soddisfazione per i lavoratori, in altri casi con fenomeni di sfruttamento, come avviene, per esempio, in alcune zone del Ragusano). Un altro elemento che confonde un po’ le acque sono i dipendenti pubblici della Sicilia. Non tutti, ma una parte di questi (grosso modo, i dirigenti e i funzionari) che ancora non sono stati ‘spremuti’ dalle tasse in generale e dalla Regione in particolare danno lavoro, per esempio, a tanta manodopera romena (badanti).
Nel complesso, però, la Sicilia, conti alla mano – e sono i conti di Eurostat – è, come già ricordato, l’ultima Regione europea per tasso di occupazione. Proviamo a leggere insieme un lancio dell’ANSA di qualche giorno fa:
“Il tasso di occupazione in Sicilia delle persone tra i 20 e i 64 anni (42,4% nel 2014) è il più basso di tutte le Regioni europee. Lo si legge nell'Eurostat Regional Yearbook 2015 nel quale si sottolinea che in Italia c'è un divario di oltre trenta punti tra l'area con il tasso di occupazione più alto (Bolzano al 76,1%) e la Sicilia”.
“Su appena sei Regioni in Europa con il tasso di occupazione tra i 20 e i 64 anni inferiore al 50% – scrive sempre l’ANSA citando il Regional Yearbook 2015 dell’Eurostat – quattro sono in Italia: Puglia (con il 45,7%), Campania (42,7%), Calabria (42,6%) e Sicilia mentre una è in Spagna (Ceuta) e una in Grecia (Dytiki Ellada)”.
Il dato negativo non risparmia le donne siciliane. Eurostat sottolinea la “scarsissima occupazione femminile”: in Sicilia lavora appena il 29,6% delle donne tra i 20 e i 64 anni!
“L'Italia – leggiamo sempre sull’ANSA – ha anche il più ampio divario regionale per la disoccupazione giovanile (15-24 anni): in Calabria raggiunge il 59,7% a fronte del 12,4% di Bolzano. Nel 2014 la percentuale dei giovani Neet”. Si tratta di giovani tra i 18 e i 24 anni che non studiano, non lavorano e non frequentano corsi di formazione professionale. Ebbene, in Europa il fenomeno dei Neet è oggi al 16,3%, in calo rispetto al picco del 17,1% del 2012. In Italia invece – come si legge sempre nel lancio dell’ANSA che cita i dati ISTAT – si registra il livello più alto di Neet con il 29% (tra il 21% e il 27% in Romania, Spagna, Bulgaria, Cipro e Grecia), “ma con picchi oltre il 40% in Calabria e Sicilia”. In pratica, in Sicilia e in Calabria la presenza dei Neet è più che doppia rispetto alla media europea.
Insomma, la Sicilia è ai primi posti per disoccupazione giovanile, per disoccupazione femminile e per disoccupazione di lunga durata (i disoccupati che restano tali dopo 12 mesi: esempio classico, la chiusura della Fiat di Termini Imerese, tra promesse vacue di rilancio e con l’unica risposta assicurata fino ad oggi dalla politica: la Cassa integrazione). Questi dati, per essere commentati con correttezza, vanno letti nel contesto politico, economico e sociale della nostra Isola. Altrimenti si rischia avere solo una visione parziale di tali fatti.
Così ritorniamo alla storiella dell’asinello e del contadino. Oggi, nel silenzio generale, la Sicilia è diventata una sorta di ‘Laboratorio’ economico e sociale gestito dalla mafia finanziaria dell’Unione Europea. E che si tratti di una gestione molto discutibile, in questo caso internazionalizzata, lo dimostra il caso della Deutsche Bank, la banca tedesca esposta per quasi 75 mila miliardi di Dollari (leggere titoli ‘tossici’). Pensate: per 300 miliardi di debiti della Grecia si è scatenato un pandemonio: i greci hanno celebrato referendum ed elezioni politiche anticipate e, adesso, stanno pagando a sangue di Papa 300 miliardi di debiti con riduzioni delle pensioni e altre incredibili penalizzazioni. Mentre la Deutsche Bank, con 70 mila miliardi di Dollari di titoli ‘tossici’ nella ‘pancia’ (ormai quasi l’equivalente di 70 mila miliardi di Euro), opera tranquillamente nel proprio Paese e nel resto d’Europa: basti pensare – come potete leggere qui- che in Italia è presente con ben 400 sportelli, supponiamo anche per raccogliere il risparmio degli italiani, tra i silenzi della Banca d’Italia, ridotta ormai in ‘schiavitù’ dalla Banca Centrale Europea (BCE), cioè da una Banca privata!
Ed è proprio da questa ‘presunta’ Unione Europea – dove i tedeschi continuano a fare quello che vogliono (nonostante lo scandalo della Volkswagen e i ‘buchi’ della già citata Deutsche Bank ) – che arriva l’input di ‘spremere’ quanto più possibile la Sicilia. Per impoverire la nostra Isola Bruxelles si serve del governo Renzi, un governo che, invece di lavorare per l’Italia, fa da sgabello all’Unione Europea. Non lo diciamo noi: lo dice il noto sociologo Luciano Gallino (come potete leggere qui); “A otto anni dall'inizio della crisi economica negli Stati Uniti e in Europa ed a sei dalla fittizia trasformazione della crisi del sistema finanziario privato in crisi del debito pubblico, l'Italia si trova con un governo allineato con le posizioni più regressive della Troika pilotata da Berlino. La realtà del Paese è drammatica e il dilettantismo del governo non fa che peggiorarla”.
Il governo Renzi non si limita a eseguire gli ordini dei tedeschi (che in Sicilia hanno grandi interessi, dalla miniere alle speculazioni lungo le aree costiere: vedi quello che stanno combinando a Torre Salsa, in provincia di Agrigento, come potete leggere qui), ma ci mette anche del proprio, facendo la ‘cresta’ e scippando a piene mani risorse dal Bilancio della Regione. Un lavoro sporco che è stato affidato ad Alessandro Baccei, un toscano imposto dallo stesso Renzi sulla lancia di comando dell’assessorato all’Economia. Nomina allucinante, quella di Baccei, avallata dal presidente della Regione, Rosario Crocetta, e dal PD siciliano, partito che ormai porta la bandiera dell’ascarismo.
Cosa hanno combinato Baccei, Crocetta e il PD siciliano è sotto gli occhi di tutti. Crocetta, lo scorso anno, ha firmato proprio con Renzi il noto “accordo scellerato” in base al quale ha imposto alla Regione la rinuncia agli effetti positivi di una sentenza della Corte Costituzionale in materia di territorializzazione delle imposte. Risultato 5 miliardi e rotti di Euro persi, che nessuno restituirà più alla Sicilia! Vero è che la rinuncia a questi effetti dovrebbe durare quattro anni (il condizionale è d’obbligo…), ma questi oltre 5 miliardi di Euro la Regione li ha ormai perduti.

Il Presidente Crocetta e l’assessore Baccei
Baccei ha fatto di più: non dice nulla sul fatto che Roma si tiene l’IVA e l’IRPEF che spetta alla Regione (del resto, perché dovrebbe contestare tale scippo alla Sicilia se è stato piazzato nella nostra Isola per farla ‘massacrare’ dal governo nazionale?). Baccei, al pari dei suoi predecessori, non ha mai contestato i 600 milioni di Euro all’anno che lo Stato scippa alla Regione siciliana sul fronte della sanità. In un anno, insomma, l’assessore ha portato il ‘buco’ della Regione sulla proiezione del Bilancio 2016 a ben 3 miliardi di Euro! (si arriva a tanto considerando anche l’accantonamento annuale che viene prelevato dal Bilancio regionale ad opera del governo nazionale).
Quindi il ‘tocco’ di classe di qualche settimana fa: la legge di assestamento di Bilancio 2015, approvata dagli ‘ascari’ del Parlamento siciliano, con la quale, nel silenzio generale, il solito Baccei ha fatto sparire dallo stesso Bilancio regionale di quest’anno 10 miliardi e 800 milioni di Euro. Di questi, 5 miliardi li ha addirittura cancellati, facendoli passare per crediti inesigibili: guarda caso, la maggior parte di questi “crediti inesigibili” è composta da soldi che lo Stato avrebbe dovuto versare alla Regione. Come già accennato, con una legge approvata dall’Assemblea regionale siciliana questi 5 miliardi sono stati cancellati! Mentre gli altri 5,8 miliardi di crediti dovrebbero essere cancellati – così si dice – tra il 2017 e il 2018.
Baccei, in meno di un anno, ha finito per svuotare completamente le ‘casse’ della Regione. Il tutto con una serie di giochi delle tre carte avallati dal Parlamento siciliano: tipo il Bilancio approvato lo scorso maggio che tre mesi dopo – e siamo ai nostri giorni – ha determinato il blocco dei pagamenti per mancanza di soldi. Da qui due domande: una domanda all’assessore Baccei e al Parlamento dell’Isola e una domanda al governo Renzi. Assessore Baccei e deputati del Parlamento siciliano: ma come, approvate il Bilancio regionale 2015 senza soldi in ‘cassa’? Al governo Renzi: ma come, impugnate la legge regionale sull’acqua pubblica (legge invisa dalla mafia: ma questa è un’altra storia), la legge sulle ex Province e la legge sugli appalti (altra legge regionale invisa alla mafia e subito impugnata dal governo Renzi: seconda storia a parte) e non avete impugnato la legge una legge di Bilancio senza soldi? Ma le ‘autorità’ – a cominciare dalla Corte dei Conti – non hanno nulla da dire?
Nel frattempo mancano i soldi per i Comuni, dal momento che Baccei, Crocetta e il PD siciliano si sono guardati bene, fino ad oggi, dall’erogare il Fondo regionale per le Autonomie locali. Risultato: amministrazioni comunali assediate dai cittadini con i sindaci che, ormai, vanno avanti con le tasse comunali pagate dai cittadini e con onerose scoperture di tesoreria (leggere debiti con le banche). Non ci sono i soldi per pagare i circa 24 mila precari degli stessi Comuni. Non ci sono i soldi per pagare i dipendenti delle nove Province ‘riformate’ solo sulla carta. Non ci sono i soldi per pagare i dipendenti dell’Istituto per la Vite e l’Olio. Non ci sono i soldi per pagare i dipendenti degli altri enti regionali. Non ci sono i soldi per pagare tutto il resto.
E che fanno Baccei, Crocetta e il PD siciliano? Invece da andare a Roma a farsi restituire i soldi che il governo Renzi ha scippato a 5 milioni di siciliani continuano a ‘spremere’ gli stessi siciliani.
L’ultima, vergognosa trovata è bloccare lo straordinario (il Famp) alle migliaia di dipendenti regionali che guadagnano da mille a mille e 200 euro al mese. Sapete a quanto ammonta lo straordinario che Baccei, Crocetta e il PD siciliano stanno bloccando a migliaia di dipendenti regionali? A 600 Euro all’anno, fino a un massimo di mille Euro all’anno per i più fortunati. Avete letto bene: Crocetta, che si mette in tasca 30 mila Euro al mese (Ricordate? Durante la trasmissione ‘L’Arena’ di Giletti, nel 2013, ha detto che avrebbe dimezzato la propria indennità: campa cavallo…) per ‘risparmiare’ (cioè per recuperare i soldi che si è fatto rubare da Roma) va a bloccare l’erogazione di 600-100 Euro (che, lo ripetiamo, è tutto lo straordinario di un anno di lavoro) a chi ogni mese guadagna da mille e mille e 200 Euro al mese. Direte voi: ma Baccei, Crocetta e i dirigenti del PD siciliano non si vergognano di togliere questi pochi soldi a chi non supera mille e 200 Euro al mese di stipendio per parare il culo al governo Renzi? A quanto pare non si vergognano.
Sapete quando si è incazzato Crocetta? Quando il Ragioniere generale della Regione, il megadirettore galattico Salvatore Sammartano, uomo messo lì da Baccei, ha manifestato la volontà di tagliare, sempre per fare ‘cassa’, le indennità ai presidenti e ai consiglieri di amministrazione delle società regionali. Cioè agli uomini del ‘Cerchio magico’ di Crocetta. A questo punto, come già accennato, Crocetta si è incazzato: ma come pure i ‘miei’ andate a toccare? E ha due volte ragione. La prima ragione è soggettiva: Baccei può pure massacrare i dipendenti da mille e 200 Euro al mese, ma non può toccare i raccomandati di Crocetta e del PD siciliano! La seconda ragione è oggettiva: sulla base di quale principio giuridico un presidente di società o un consigliere di amministrazione dovrebbe lavorare, rischiare mettendo faccia e firma, per poi non essere pagato? Siamo davanti, come si usa dire in Sicilia, a discorsi di minchia…
Ma l’operazione più squallida è in corso sulla sanità siciliana. Qualche mese fa, quando si è insediato, l’assessore Baldo Gucciardi ha detto che avrebbe continuato l’azione dell’ex assessore, Lucia Borsellino. Noi pensavamo di essere di fronte a una dichiarazione di circostanza. Invece Gucciardi sta seguendo per davvero il ‘solco’ della Borsellino. La quale ha combinato solo grandi casini amministrativi (e credeteci: siamo buoni a scrivere così), piegando la sanità siciliana agli interessi del governo nazionale: che sono interessi antitetici a quelli di 5 milioni di siciliani.
Lo stesso sta facendo l’assessore Gucciardi. Se vi volete divertire (si fa per dire) leggetevi tutte le pagine provinciali dei quotidiani siciliani degli ultimi venti giorni (soprattutto La Sicilia di Catania, ad avviso di chi scrive giornale molto puntuale). Vi accorgerete che non c’è provincia della nostra Isola dove non si registrano proteste da parte dei cittadini e dei sindaci che si oppongono ai tagli di servizi annunciati dal governo. La vergogna, nel settore della sanità, è così eclatante che in difesa degli ospedali messinesi è intervenuto persino il presidente del Parlamento siciliano, Giovanni Ardizzone, persona mite che molto difficilmente va sopra il rigo.
Si tagliano servizi, non si sostituiscono i medici che vanno in pensione, idem con gli infermieri. Il tutto sempre per parare il culo al solito governo Renzi. Che ha bisogno di soldi. E questi soldi Baccei, Crocetta e il PD siciliano continuano a scipparli alle famiglie e alle imprese siciliane. Non bastano l’IRAP e l’IRPEF ai massimi livelli. Non bastano tutti i soldi che, come già accennato, vengono scippati alla Sicilia.
La Sicilia è diventata l’asinello. Al posto del contadino che gli dimezzava la biada ci sono Baccei, Renzi e il PD siciliano che tagliano, tagliano, tagliano. Perché continuano a tagliare risorse finanziarie alla Sicilia? Perché sono convinti – e finora hanno avuto ragione – che nella storia della Sicilia la rivolta del Vespro del 1282 è stata un’invenzione. Baccei, Renzi e il PD siciliano sono convinti – e finora hanno avuto ragione – che i siciliani sono incapaci di reagire: uguali, in tutto e per tutto, agli ascari del PD siciliano che oggi, tradendo 5 milioni di siciliani, svendono la Sicilia al governo Renzi. I siciliani, pensano Baccei, Renzi e il PD siciliano, sono incapaci di ribellarsi. Sono solo buoni per farsi fregare. Finché l’asinello tira… Poi dovrebbe arrivare qualcosa, magari un bel commissariamento…