Non c’è pace per i lavoratori del settore bancario che da anni subiscono profonde ‘innovazioni’ organizzative che determinano esodi su esodi e tagli occupazionali. Questa volta vengono presi di mira i dipendenti del gruppo Popolare di Vicenza di cui fanno parte i siciliani di Banca Nuova. A destare preoccupazione è la ricaduta che determinerà il piano industriale approvato dai vertici della banca di Vicenza.
Un piano industriale, quello presentato il 30 settembre dagli amministratori della Banca Popolare di Vicenza, che sta provocando un forte mal di pancia tra i lavoratori del predetto gruppo bancario. L’obiettivo da raggiungere è il risanamento e rilancio della banca che negli ultimi mesi è entrata nell’occhio del ciclone dei mass media per via di un’inchiesta della magistratura.
Se gli amministratori, nell’incontro con i sindacati, a parole, hanno affermato che non è “un piano di lacrime e sangue”, di converso le ricadute in termini occupazionali e di chiusura di filiali evidenzia un forte allarme tra il personale. L’azienda prevede, infatti, la chiusura di 150 filiali e il ridimensionamento degli organici di 575 unità.
Gli amministratori intendono invertire la rotta fin qui seguita che privilegiava il corporate rispetto al retail. Ciò non appare coerente con la programmata chiusura di ben 150 dipendenze, poiché se si vuole accrescere la clientela retail bisognerebbe non chiudere, ma aprire nuove filiali.
In particolare, valenti esperti economici siciliani ritengono fuori da qualsiasi logica, o addirittura fuori dal mondo, decisioni del gruppo Banca Popolare di Vicenza che determinano la chiusura di dipendenze in Sicilia. Si fa notare che quasi tutte le filiali ubicate nell’Isola determinano utili e sono ben poche quelle in lieve perdita che non arrivano a coprire il palmo della mano.
E’ da ricordare che il gruppo di Vicenza ha puntato gli occhi sulla Regione Sicilia fin dal 1998, allorquando, attraverso una cordata, mirava all’acquisizione del Polo Creditizio siciliano nato dalla fusione del Banco di Sicilia con la Sicilcassa in liquidazione coatta amministrativa, con la regia di Mediocredito Centrale di Gianfranco Imperatori. L’operazione naufragò perché la volontà politica capitanata dall’allora Ministro del Tesoro, Carlo Azeglio Ciampi, e dal Governatore della Banca d’Italia del tempo, Antonio Fazio, andava in altra direzione. Infatti per consentire il salvataggio della Banca di Roma si dava la possibilità all’Istituto di Geronzi di annettere il Banco di Sicilia provocando in tal modo danni irreparabili all’economia dell’Isola.
Zonin & Co. allora decisero creare Banca Nuova che, nell’arco di qualche anno e attraverso la fusione con la Banca del Popolo di Trapani, è diventata un punto di riferimento per l’imprenditoria siciliana. Si rileva,inoltre, che un ridimensionamento delle filiali e degli organici in Sicilia rischierebbe di far venire meno il legame con il territorio sbandierato fin dalla nascita di Banca Nuova da parte degli amministratori e tutt’ora presente sul sito bancanuova.it: Banca Nuova, con circa 100 sportelli presenti principalmente in Sicilia e Calabria. Una realtà bancaria che è tra le più importanti e dinamiche del Sud Italia.
L'Istituto è stato costituito a Palermo nel 2000, nell'ambito del Progetto Centro Sud avviato dal Gruppo Banca Popolare di Vicenza. Nel 2001, grazie all'acquisizione della Banca del Popolo di Trapani presente con oltre quaranta filiali nella Sicilia Occidentale, ha completato la propria presenza in Sicilia. Nel 2002 il progetto di fusione per incorporazione di Banca Nuova in Banca del Popolo ha permesso di integrare la rete degli sportelli presenti nel Meridione dei due Istituti generando economie di scala e ottimizzando i processi di distribuzione di prodotti e servizi.
Nel corso degli anni Banca Nuova ha proseguito con convinzione il proprio piano di espansione nelle regioni meridionali dell'Italia fino a raggiungere l'attuale dimensione territoriale.
Crescita dei ricavi e riduzione del costo del credito è lo slogan lanciato dai vertici della banca per ricercare il consenso sul nuovo piano. I sindacati sembrano già sul piede di guerra e si evince chiaramente dalle dichiarazioni rilasciate da esponenti della FABI.
Dice Giuliano Xausa, segretario nazionale della maggiore organizzazione del settore credito: “Ribadiamo la nostra ferma contrarietà al piano di riduzione dei costi presentato dal gruppo banca Popolare di Vicenza, che impatta pesantemente sui lavoratori, con i 575 esuberi dichiarati dall’azienda. Ancora una volta si utilizza la trita ricetta dei tagli al personale per rimediare agli errori di gestione di taluni manager, sui quali ci auguriamo faccia al più presto chiarezza la magistratura”.
“Non accetteremo uscite obbligatorie – prosegue l’esponente della FABI -. Quanto alle annunciate 180 assunzioni verificheremo che non restino lettera morta. Condividiamo la necessità di rilanciare la banca espressa dai vertici, ma pensiamo che ciò non possa passare attraverso un impoverimento della presenza della gruppo sul territorio, con la chiusura di 150 sportelli e la pesante riduzione d’organico annunciata. Nella trattativa che a breve partirà con l’azienda, chiederemo il rispetto e la piena tutela dei lavoratori e anche degli azionisti”
Gli fa eco Giuseppe Scelta, coordinatore FABI di Banca Nuova: “La situazione ci appare di una gravità incredibile e infatti lunedì prossimo si terrà una riunione delle organizzazioni sindacali di Banca Nuova per concordare iniziative atte a tutelare il personale che ha dimostrato in un periodo di grande crisi economica particolarmente sofferta nella nostra Regione di far conseguire alla banca risultati economici non trascurabili. Sarebbe assurdo, come hanno affermato esperti economici siciliani che il gruppo, nella chiusura delle filiali, adotti misure uniformi poiché ciò provocherebbe sicuramente non solo danni al personale, ma principalmente alla stessa banca”.