Dopo le diffida, il ricorso al Tar. E non si esclude una denuncia penale: torna nell’occhio del ciclone la gara d’appalto per il servizio di ristorazione negli ospedali della provincia di Catania, mentre nuove ombre si allungano su un settore, la sanità pubblica, che in Sicilia sembra più votato ad una gestione politico-affaristica che al servizio per i cittadini.
La storia di questo appalto è controversa fin dall’inizio e oggi lo è ancora di più. Col passare del tempo, infatti, quella che era una gara ad evidenza pubblica sembra essersi trasformata in una negoziazione privata. Magia?
Vediamo che è successo.
La gara in questione, bandita nel 2012, attira subito l'attenzione per un particolare: la base d’asta di 15 euro e 50 centesimi per paziente, più cinque euro e 16 centesimi per la mensa dei dipendenti. Peccato che, secondo l’Autorità di vigilanza, non si dovrebbe andare oltre i 15/16euro totali. E che l’importo risulti superiore anche agli standard nazionali. Ma, tant’è. Nessuno fa niente e si procede all’aggiudicazione temporanea che arriverà nel 2014.
A ‘papparsi’ il bocconcino, la milanese Dusman Service srl che mette sul piatto un'offerta totale di 19 euro e 53 centesimi, comprensiva di 14 euro e 65 per la giornata alimentare dei degenti, più quattro euro e 88 centesimi per le mense (negli ospedali di Acireale, Giarre, Bronte, Paternò, Biancavilla, Randazzo e Ramacca).
Il ribasso del gruppo milanese è del 5,49 per cento rispetto alla base d'asta, ma il prezzo resta comunqe superiore alla media e non era neanche migliore di quello contenuto nella altre offerte (cinque in tutto). Insomma, la sanità pubblica siciliana si mostra particolarmente generosa con la Dusman che si occupa anche di pulizie negli ospedali e che conclude così un affare ultra milionario. Ovviamente a carico dei cittadini.
Ma, è la commissione valutatrice che gli attribuisce il punteggio più alto. Scatenando l’ira degli esclusi. Parte così la prima diffida. La ditta Ristora service and food, tramite l’avvocato, Antonio Fiumefreddo, chiede all'Asp la revoca in autotutela dell'aggiudicazione. Contestando i criteri di valutazione dei requisiti tecnici:
“La Dussman – si legge nella prima diffida – propone un raffreddamento con l'uso del ghiaccio, soluzione che nessuno potrebbe indicare come tecnologica”. E ancora, a proposito dei dipendenti, sottolinea che la ditta esclusa, avrebbe garantito "74 dipendenti, mentre la Dussman solo 61". Non solo: “L'impresa vincitrice allega un piano di manutenzione in cui descrive attrezzature alimentate a gas, ma propone attrezzature ad alimentazione elettrica”.
Insomma, una base d’asta troppo alta e una ditta vincitrice, che secondo i ricorrenti, non avrebbe i requisiti. Ce n’è abbastanza per bloccare tutto, o quantomeno per rivedere tutto. Invece la vicenda, intorno alla quale non mancano rumors di rapporti personali e di pressioni da parte di esponenti politici locali, si trascina fino ai nostri giorni. Con qualche piccolo, ma particolarissimo aggiustamento in corso d’opera.
L’Asp etnea, infatti, invita la ditta a riformulare l’offerta, e dopo una fitta corrispondenza, si arriva all’accordo: 14, 21 per la giornata almentare, 4, 73 per la mensa. Sulla base di queste nuove condizioni, lo scorso luglio, la direttrice amministrativa dell’Asp, Daniela Faraoni, in assenza del direttore generale (che si era dimesso) decide di assegnare l’appalto in maniera definitiva.
Prima domanda: una decisione del genere rientra nei suoi poteri?
Secondo i ricorrenti, no. O, quantomeno, sarebbe anomalo che, in un momento di vacatio del vertice aziendale (il direttore generale è il rappresentante legale), il direttore amministrativo possa assumersi tale responsabilità.
Seconda domanda: può una gara pubblica essere ridiscussa dopo la fase dell’aggiudicazione? Può insomma trasformarsi in una trattativa privata?
Secondo la Ristora service, e secondo il suo avvocato, ancora Antonio Fiumefreddo, assolutamente no. Da qui parte la seconda diffida, datata 12 Agosto e il ricorso al Tar presentato stamattina.
“La negoziazione – si legge nella diffida – si concretizza in una violazione del divieto di rinegozazone delle offerte nelle gare pubbliche siccome esteso anche alla fasi successive all'aggiudicazione.
Ci troviamo, infatti, di fronte ad una ridefinizione, da parte dell'Amministrazione e del concorrente risultato aggiudicatario, di una o più clausole del contratto rispetto all'offerta presentata in gara che, con ogni evidenza, ha determinato l'introduzione di elementi oggettivi di distorsione della concorrenza, nonché di lesione dei principi di par condicio tra i concorrenti e di trasparenza dell 'azione amministrativa".
“In altri temini, – spiega il legale- consentendo ad un unico offerente di migliorare la propria offerta, si determina un'ingiustificata lesione della par condicio tra i concorrenti e della trasparenza dell'azione amministrativa; inoltre, rinegoziando l'offerta in sede di gara, si viene a trasformare una procedura aperta o ristretta in una negoziata, neppure preceduta dalla pubblicazione di un bando e in difetto, dunque, dei presupposti previsti dalle direttive comunitarie per la trattativa privata e, comunque, con ingiustificato contrasto con la procedura originariamente individuata sulla cui base sono state formulate le offerte".
Lo stesso rilievo vene fatto all’estensione del contratto di appalto al non contemplato Distretto Integrato del Calatino.
Voci di corridoio parlano anche dell'ipotesi di un esposto penale sia sulla base d’asta particolarmente ‘generosa’ che sulla presunta carenza di requisiti tecnici, che sui presunti rapporti tra i vertici della Dusman, la stessa Faraoni e qualche esponente politico che avrebbe beneficiato di assunzioni all’interno del colosso milanese.
Per la cronaca, l’avvocato Fiumefreddo è lo stesso che il Presidente della Regione siciliana, Rosario Crocetta, vorrebbe nominare assessore regionale alle Attività produttive. Insomma, lo scontro si consumerebbe all’interno della stessa amministrazione regionale.
Sempre per la cronaca, abbiamo contattato la Faraoni specificando il motivo della nostra chiamata, ma dal suo ufficio ci hanno fatto sapere che è troppo occupata. Lo stesso vale per l’attuale direttore generale, Giuseppe Giammanco, che lo ricordiamo, non era in carica al momento dell’assegnazione definitiva.
In tutta questa storia, e in attesa del pronunciamento dei giudici, un dato sembra risaltare su tutto:mentre la sanità pubblica è allo sfacelo per i tagli continui ai servizi per i cittadini, gli affari che vi ruotano intorno continuano a proliferare.