La VOCE di New York ritorna a parlare del Transatlantic Trade and Investment Partnership, il discusso negoziato che UE e USA stanno portando avanti da circa due anni in grande segretezza, in attesa del voto del 10 giugno, giorno in cui il Parlamento Europeo si riunirà in sessione plenaria a Strasburgo per discutere e approvare la Risoluzione sull’accordo di libero scambio più discusso nella storia delle relazioni commerciali internazionali [dopo la pubblicazione di questo articolo, il 9 giugno è stato annunciato il rinvio del voto a data da destinarsi. La mattina di mercoledì 11 era in programma a Strasburgo un dibattito sul Trattato transatlantico che è stato annullato, tra le proteste di alcuni eurodeputati].
Non è difficile capire perché. Le questioni sul tappeto per i negoziatori sono molteplici e vanno ben al di là di una semplice riduzione di tariffe e dazi doganali, che sono peraltro già piuttosto bassi tra UE e USA. Come si legge nelle linee guida delle trattative, rese pubbliche dopo mesi di pressioni dell’opinione pubblica e una sentenza della Corte di Giustizia Europea che richiamava ad una maggiore trasparenza, l’obiettivo è quello di produrre vantaggi per entrambi i paesi, sia in termini occupazionali che economici: la Commissione Europea si aspetta un impatto positivo dello 0,4% medio annuo sul PIL del Vecchio continente fino al 2027 e dello 0,5% per quello americano. Secondo Cecilia Malmström, Commissario Europeo per il Commercio, l'abolizione dei dazi doganali e la riduzione delle formalità burocratiche favorirà le piccole e medie imprese europee che vogliono esportare negli USA, un'opportunità che vale ventisette milioni di aziende americane e un’economia in piena ripresa.
In realtà le trattative riguardano la rimozione delle barriere non tariffarie e la definizione di standard comuni su sicurezza, ambiente e salute, per cui prodotti testati e certificati in un continente lo saranno automaticamente anche nell'altro. Con un effetto notevole, soprattutto nel Vecchio Continente, sugli standard sociali e ambientali, di qualità del cibo, del lavoro e dei diritti dei consumatori, a giudizio dei promotori della Campagna Stop TTIP, un movimento che riunisce più di 250 organizzazioni della società civile di 24 Paesi contrarie all’apertura dei mercati. “Chiediamo che i diritti delle persone, dei lavoratori e dell'ambiente non vengano svenduti agli interessi delle lobby economiche. La mobilitazione generale per cercare di rallentare il trattato si concentrerà il 9 giugno, con il consueto #TTIPTuesday, che vede l'invio di un'ondata di tweets ai parlamentari ogni martedì della settimana, per sensibilizzarli sui rischi del TTIP, e il 10 giugno durante il voto a Strasburgo”, sottolinea Monica Di Sisto tra i portavoce della Campagna Stop TTIP Italia
Così La VOCE di New York in occasione della tavola rotonda organizzata a Ferrara nell’ambito del Festival di Altroconsumo, l’associazione per la tutela e difesa dei consumatori più diffusa in Italia, ha raccolto le testimonianze di rappresentanti di categoria per cercare di capire il vero scopo di queste misure. Tutelare gli investitori e le multinazionali oppure creare nuovo benessere? Per Luisa Crisigiovanni, Segretario Generale Altroconsumo, dalla carne contenente ormoni e antibiotici, ai cosmetici fino alla tutela della privacy, esistono delle differenze tra le leggi, le procedure e le normative in vigore nelle due sponde dell’Atlantico che non possono essere ignorate. “Potremmo avere prodotti e servizi a prezzi più bassi ma il rischio è che non siano conformi ai nostri standard. Ed è per questo che chiediamo maggiore trasparenza ai negoziatori, per evitare che il nobile obiettivo di creare più posti di lavori venga raggiunto a scapito della tutela dell’ambiente o della salute e sicurezza dei cittadini europei. Ad esempio in materia di sicurezza alimentare, gli americani da sempre provano a contrastare la clausola di precauzione in virtù del quale la UE blocca l’importazione di carne bovina trattata con gli ormoni o di alimenti OGM. E anche se l’Europa ha dichiarato che farà comunque salvo questo principio, chi ci dice che verrà rispettato?
Abbiamo chiesto anche Monique Goyesn, Direttore BEUC, l’organizzazione dei consumatori europei, cosa ne pensa. “C’è da aggiungere che il TTIP è discusso da tecnocrati non eletti, che non ci fanno sapere in quale direzione stia andando un accordo che avrà inevitabilmente un enorme effetto sulla vita di tutti noi. Altro tema controverso è la clausola Investor to State Dispute Settlement (ISDS), che consentirebbe ad un’azienda estera di fare causa allo Stato in cui esporta non nei tribunali ordinari ma davanti a collegi arbitrali privati, fino a pochi anni fa avocati dagli investitori dei paesi ricchi. Un trattato commerciale che comunque segnerà un “cedimento” della sovranità nazionali. Gli organi elettivi, il Congresso e il Parlamento Europeo, potranno infatti solo accettarlo o meno: prendere o lasciare tutto il testo nella sua interezza, senza la possibilità di proporre e discutere modifiche”.
A difendere il TTIP Simone Crolla, managing director dell’American Chamber of Commerce in Italia, che ci dice. "Il trattato coinvolgerà due paesi che insieme rappresentano la metà del PIL mondiale, e sarà un'occasione unica per rafforzare la coesione economica e le relazioni politiche che esistono tra gli Stati Uniti ed Europa. Se questo accordo non venisse ratificato non rimarrebbe comunque lo status quo, perché mentre gli USA sono in piena ripresa economica, l'Unione Europea ha bisogno di una spinta maggiore alla crescita per uscire dalla crisi. Senza dimenticare che gli Stati Uniti potrebbero decidere, in caso il trattato non fosse concluso, di spostare i propri interessi commerciali sull’area del Pacifico, con l’ulteriore rischio di estromettere l’Europa dalla seconda fase della globalizzazione. Sono infatti in corso, parallelamente al TTIP, anche le negoziazioni del TTP, il trattato fra USA e Paesi asiatici come India, Giappone e Cina. Infine sulla questione delle barriere non tariffarie, è necessario sfatare lo spauracchio che arriveranno in Europa dagli USA standard più bassi. L’obiettivo che si intende raggiungere è invece quello di condividere solo i migliori standard, conoscenze e tecnologie di entrambe le parti”.
Eppure al di là delle numerose e profonde divergenze di vedute tra USA ed Europa, se ci si chiede cosa accomuni le parti al tavolo negoziale, il primo pensiero va alla necessità dei due paesi, più di ogni atra cosa, di contenere l’ascesa della Cina e di altre economie emergenti.