Il ‘caso’ di Roberto Helg, il vice presidente della Gesap e presidente di Confcommercio a Palermo ‘beccato’ con una tangente in tasca. Il ruolo delle associazioni datoriali e dei sindacati a Palermo. Che, più che delle imprese, sembrano preoccuparsi più degli equilibri politici (e degli incarichi da acciuffare dalla politica). Il dialogo con i Comuni. Di questo e di altro parliamo con Gigi Mangia, un imprenditore a Palermo piuttosto conosciuto (è uno chef molto apprezzato). Ma Mangia è anche presidente della Fipe di Palermo, la Federazione italiana dei pubblici esercizi, associazione che fa capo a Confcommercio. Insomma, è l’associazione del capoluogo siciliano che Helg presiedeva prima di finire prima in manette e poi agli arresti domiciliari.
Allora Mangia, sembra che il ciclone Helg sia già diventato temporale d’estate, che ne pensa?
“Credo che questo sia il rischio. Dopo tutto il cancan iniziale, ancora una volta non si è capita la gravità del problema. Mi sembra di rivedere in sedicesimo il film di Tangentopoli. Allora non capimmo quanto grave fosse per l’intero Paese quel sistema e tutti gli italiani ci dividemmo tra innocentisti e colpevolisti, senza comprendere che la questione non doveva essere partiti sì o partiti no, ma la rifondazione dell’Italia”.
Non è un paragone un po’ azzardato?
“Non mi sembra proprio. Dopo aver crocifisso Helg ci si è subito preoccupati di sostituirlo, di corsa, su ogni poltrona. Come se il problema fosse soltanto quello di sostituire chi esercitava il potere”.
E invece ?
“E invece è il sistema che va cambiato. Non dobbiamo cercare un dopo Helg, ma un altro da Helg”.
Anche nella Gesap, la società che gestisce i servizi a terra nell’aeroporto di Palermo – società della quale Helg era vice presidente – è andata in scena una veloce sostituzione in seno al consiglio di amministrazione…
“Il nuovo componente del consiglio di amministrazione della Gesap è un valoroso imprenditore. Ma la sua è stata soltanto una sostituzione. Il tutto dopo le contagiose e affrettate dimissioni nel Consiglio camerale (il riferimento è alla Camera di Commercio di Palermo ndr). E perché, poi? Semplice: perché quattro mesi sono poca cosa e poi meglio sostituirlo dopo aver superato i nodi più difficili da sciogliere, magari con il bene placido della politica. Quindi, soltanto l’altro ieri, il direttivo di Confcommercio che ha deciso di continuare secondo Statuto… Insomma, continuiamo a non capire”.
Il suo atteggiamento sembra fortemente critico nei confronti di associazioni, sindacati, Camere di Commercio…
“Al contrario. Credo fortemente nel valore dei corpi intermedi. Anche in famiglia, come in azienda, credo profondamente nella forza dello stare insieme, del fare sistema. Questo vale per ogni cosa: da soli non ce la facciamo, insieme le possibilità di vincere aumentano”.
La sensazione è che, in Sicilia, le associazioni datoriali finiscano in alcuni casi con l’occuparsi poco di impresa e molto di politica. Condivide?
“In certe occasioni è così. Ebbene, credo che le associazioni datoriali, i sindacati, le stesse Camere di Commercio debbano svolgere un ruolo centrale per la vita e la crescita del nostro Paese. D’altra parte, le associazioni, i sindacati sono previsti nella nostra Costituzione, così come è previsto il diritto di essere liberi dall’associarsi come dal non farlo. Per questi motivi, se davvero vogliamo difendere la Carta Costituzionale, dobbiamo riconoscere e valorizzare le associazioni, i sindacati i corpi intermedi”.
Allora la sua ricetta qual è?
“Innanzi tutto le associazioni datoriali e i sindacati devono tornare a ricoprire il proprio ruolo, che è quello di rivendicare per le categorie che rappresentano. A queste, infatti, come a quelle dei consumatori, vengono demandati compiti di tutela dei propri iscritti e non quello di sostituirsi alla politica o alle amministrazioni territoriali, men che meno alla magistratura o alle forze di polizia. Per quanto riguarda la Camera di Commercio di Palermo, poi, auspico un ritorno allo svolgimento del proprio compito precipuo che è quello di sussidiarietà al sistema delle imprese e dei territori, senza voler divenire soggetto economico nel libero mercato”.
Proviamo a scendere nei particolari?
“Certo. Innanzi tutto credo che le associazioni datoriali e i sindacati dovrebbero darsi strutture più agili, maggiormente operative, con giurisdizioni territoriali composte da pochi delegati, senza la costituzione di pletorici consigli direttivi e popolose giunte. Insomma, non bisogna scimmiottare la politica! Nell’organizzazione dell’associazione datoriale non condivido più il sindacato verticale. Faccio l’esempio dei pubblici esercizi, che mi è più vicino. La Fipe ha giusta dignità nazionale, al massimo regionale, ma nelle città, nei paesi, nei comprensori, l’associazione datoriale dovrebbe occuparsi di proporre alle amministrazioni comunali modelli armonici di sviluppo del commercio, prescindendo da piccole beghe particolari. In tempo di vacche grasse si poteva gettare un po’ di latte, ma in questi temi di magra…”.
In conclusione cosa vorrebbe per la sua Confcommercio di Palermo?
“Mi piacerebbe che il prossimo presidente non venisse dalla vecchia giunta di presidenza, senza nulla togliere alle ottime capacità, peraltro riconosciute livello nazionale, dei singoli componenti. Oggi serve un segnale di discontinuità verso il passato. In secondo luogo, bisognerebbe che la Federazione divenisse un Ascom. Insomma deve rappresentare con tutte le proprie risorse le istanze degli associati. Vorrei un sistema associativo più agile e meno costoso".
In che senso?
"Nel senso che non si possono pagare cifre a sei zeri per iscriversi a un’associazione di categoria! Lo statuto va modificato. Penso a un presidente e due vice presidenti con deleghe territoriali certe. Per intendersi, uno con delega al Comune di Palermo e l’altro con delega ai territori provinciali. Poi quattro consiglieri con deleghe specifiche: per esempio, food, no food, servizi, turismo. Mi piacerebbe un sistema elettorale dove ogni impresa abbia un proprio peso. All’elezione del presidente dovrebbero partecipare tutti gli iscritti. In questo modo l’alternanza sarebbe garantita. Infine, mai più cumulabilità di incarichi”.