Eppur si muove. Lentamente, ma si muove. Tanto da fare sperare in una inversione di tendenza. Parliamo dell'economia del Mezzogiorno d'Italia che, pur rimanendo, nel suo complesso, intrappolata nel tunnel della recessione, registra qualche piccolo segnale positivo. Lo certifica il report Sud della Fondazione Curella, realizzato in collaborazione con il Dipartimento Studi Territoriali (Diste):
"Per il 2015 stimiamo una crescita del manifatturiero dello 0,5% in tutto il Sud. Certo è poca cosa,- dice Alessandro La Monica, direttore del Diste a lavocedinewyork.com- ma dopo anni di segno negativo è la prima volta che registriamo una inversione di tendenza. Sicuramente un ruolo importante lo gioca il settore dell'agroalimentare, così come la meccanica di precisione. E anche dall'agricoltura arrivano segnali positivi".
Una piccola inversione di tendenza che, certamente, non è l'effetto di politiche economiche adeguate: "No. Al contrario- sottolinea La Monica-restano pesantissime le responsabilità della classe politica per lo stato in cui versa l'economia del Sud".
Basti pensare all'Imu agricola che di certo non aiuterà il consolidamento della ripresa dell'agricoltura (gli agricoltori stanno protestando in massa mentre un eurodeputato del M5S ha già presentato una interrogazione alla Commissione Ue dove elenca i danni che causerà il nuovo balzello).
"Se qualcosa sta cambiando- aggiunge il direttore del Diste- lo si deve principalmente ad una nuova cultura delle imprese meridionali che sono sempre più innovative e che stanno imparando a fare rete".
Incoraggiante anche il dato relativo alle start-up. La Sicilia si colloca al terzo posto tra le regioni del Sud, dopo la Campania e la Puglia, per numero di start up. L'Isola nel 2014 ne ha viste nascere 122, contro le 190 della Campania e le 134 della Puglia.
Certo non sono i numeri della Lombardia (718) nè dell'Emilia Romagna (369) ma per un contesto come quello meridionale "il risultato è positivo".
Il contesto, però, come detto, rimane negativo.
"Per il 2015- si legge nel report- le previsioni indicano una crescita annua del prodotto interno lordo su scala nazionale prossima allo 0,5%. Proseguono, tuttavia,andamenti asimmetrici, con l’area meridionale e insulare ancora intrappolata nella recessione: il PIL del Mezzogiorno è previsto infatti diminuire dello 0,4% e quello dell’altra ripartizione aumentare dello 0,7%".
“Stupisce se il Mezzogiorno arranca? – afferma PIetro Busetta, Presidente della Fondazione Curella – Bisognerebbe stupirsi del contrario. Un Paese ancora nordstrabico che ha deciso di tagliare il Mezzogiorno come una parte da asportare. Un Paese che concentra i suoi interventi nella sua parte ricca, ultimo esempio expo 2015, non può che stare a guardare un Mezzogiorno che se non affonda è un miracolo! Un grande territorio che, con le sue eccellenze, rimane un unicum di sottosviluppo. Altro che tanti Mezzogiorni. Ci vuole ben altro, – chiosa Busetta- come ha dimostrato la Germania, per risolvere un problema così ampio ed antico. Il Paese non ha né la cultura né la forza!” .
Resta drammatico il fronte occupazionale:
"L’esigenza di tenere i costi sotto controllo, in un contesto di sostanziale atonia dei consumi, farà pendere ulteriormente la bilancia a tutto svantaggio della creazione di posti di lavoro, e in particolare dell’assunzione dei giovani e delle persone in età matura. Le proiezioni per l’area meridionale e insulare continuano pertanto a registrare performance deludenti, tanto per l’occupazione, prevista tuttavia scendere ad un tasso dimezzato rispetto all’anno prima (-0,4%) quanto per il tasso di disoccupazione, atteso aumentare al 21,7% dal 20,7% dell’anno precedente".
Cìè da aggiungere che proprio oggi l'Istat ha soffocato sul nascere le ipotesi di una crescita sul fronte occupazionale nazionale. Nonostante i proclami renziani, infatti, dopo un dicembre e un gennaio moderatamente positivi, si interrompe il calo della disoccupazione e la curva riprende a salire.
A febbraio gli occupati diminuiscono dello 0,2% (-44 mila) e il tasso di disoccupazione sale di 0,1 punti percentuali, tornando al 12,7%, lo stesso livello di dicembre e di 0,2 punti più elevato rispetto a febbraio 2014. Nei dodici mesi il numero di disoccupati è cresciuto del 2,1% (+67 mila).
"L’aumento della disoccupazione osservato nell’ultimo mese- scrive l'Istat- è determinato dal maggior numero di donne in cerca di occupazione (+2,1%) mentre per gli uomini si registra un calo di minore entità (-0,5%). Il tasso di disoccupazione rimane stabile all’11,7% per gli uomini mentre per le donne sale al 14,1% (+0,3 punti percentuali)".
Tragico il tasso di disoccupazione giovanile che supera il 42%.
I dati sulla disoccupazione sembrabo dunque smentire il premier Matteo Renzi e il ministro del Lavoro Giuliano Poletti che lo scorso 26 marzo quando avevano parlato di un aumento del 38,4%,rispetto ai primi due mesi del 2014, dei contratti a tempo indeterminato.
Un'occasione che il leader M5S Beppe Grillo non si lascia sfuggire: "La disoccupazione aumenta, le balle pure".