Il sistema cultura del Sud Italia, a volte, funziona. E a volte può addirittura diventare un modello. Stefano Consiglio, docente di organizzazione aziendale al dipartimento di Economia della Università Federico II di Napoli, e Agostino Riitano, cultural manager e team member di Matera 2019 (Capitale Europea della Cultura) hanno raccolto nel volume Sud Innovation (Franco Angeli Editore) una serie di interventi di autorevoli studiosi sul recupero di aree di interesse culturale del Sud Italia in una prospettiva di benefici comunitari, e di creazione di ricchezza e valore aggiunto per le comunità stesse.
Il libro è una raccolta di case studies su realtà culturali meridionali che non solo hanno funzionato e creato valore aggiunto, capitale umano e sociale alle comunità che ne hanno fruito ma hanno anche attirato l’attenzione dei media stranieri. È il caso, per esempio, del Farm cultural park di Favara che punta sul turismo culturale vincendo una sfida per molti impossibile. Abbiamo incontrato Stefano Consiglio di passaggio a New York; ci ha parlato delle finalità e della visione del volume Sud Innovation.
Professor Consiglio da dove nasce l’idea di Sud innovation?

Stefano Consiglio, autore, insieme a Agostino Riitano, di Sud Innovation
"L’immenso patrimonio culturale e ambientale italiano, diffuso in ognuno dei circa 8.000 comuni d’Italia, in un momento di profonda crisi economica ed in un paese endemicamente caratterizzato dalla scarsità delle risorse per il settore culturale rischia di essere abbandonato e dimenticato. Le difficoltà del settore pubblico nell'opera di salvaguardia e fruizione del patrimonio hanno spinto verso un progressivo coinvolgimento dei privati for profit. Ma l’attenzione dei privati si è naturalmente concentrata sui siti blockbuster, sui cosidetti “grandi attrattori” lasciando sguarnito lo straordinario patrimonio diffuso.
In questa situazione sconfortante emergono, però, dei segnali di speranza rappresentati da iniziative promosse da cittadini appassionati e competenti che partendo dall’amore per il proprio territorio hanno avviato progetti in aree del patrimonio culturale e ambientale che sono state rifunzionalizzate, preservate e rese fruibili. Si tratta di iniziative che applicano i concetti dell’innovazione sociale alla gestione del patrimonio culturale.
Con Sud-Innovation abbiamo avviato una riflessione su questo fenomeno seguendo un percorso che parte da una serie di storie emblematiche che in questi anni si sono sviluppate nel Sud d’Italia.
L’obiettivo di queste storie consiste nell’analizzare e descrivere alcuni casi esemplari di progetti nati nonostante la mancanza di sostegno finanziario. I casi sono stati realizzati attraverso interviste ai responsabili di alcune di queste esperienze allo scopo di comprendere la genesi dell’idea, le caratteristiche del gruppo promotore, le modalità di coinvolgimento dei partner, le fasi di sviluppo del progetto, il modello di gestione, il tipo di occupazione creata e la sostenibilità economico – finanziaria del progetto".
Allora quali sono i casi analizzati?
"I casi analizzati sono: Le Catacombe di Napoli (Sanità Napoli) – Cooperativa La Paranza; Il Parco Marino protetto della Gaiola (Posillipo Napoli) – CSI Gaiola Onlus; Rural Hub (Calvanico – Salerno); Addio Pizzo Travel (Palermo); Ex Fadda – Bollenti Spiriti, ReFederico – CLAC (Palermo); Farm Cultural Park (Favara); Casa Cava – Visioni Urbane, Liberos (Sardegna); Icecairo (Cairo – Egitto); Ouishare Drink Damaskus (Damasco – Siria); Gie Targanine (coop. Donne olio di Argan Marocco); Istanbul Centro Culturale.
Sulla base di queste esperienze abbiamo descritto le peculiarità di questo nuovo modello di gestione del patrimonio che mette al centro dell’attenzione i cittadini. In queste esperienze, infatti, i cittadini perdono la connotazione di proprietari dei beni, di fruitori o di clienti e/o consumatori da soddisfare, e diventano i protagonisti di progetti di riscatto sociale, auto-occupazione e a volte di riqualificazione urbana. Non si tratta di azioni ispirate o governate dalle istituzioni, prodotte cioè da un pensiero politico capace di ordinare la propria ripresa, bensì di percorsi autonomi e collettivi di ricerca ed esercizio dell’identità.
Il coraggio che anima il desiderio di possedere i luoghi culturali e naturali della propria terra, evidenziata in queste esperienze, si fonda su un’accresciuta coscienza ecologica e sulla necessità di essere autori della propria cultura. La riconquista della terra, non solo in termini agricoli e produttivi, ma mentale e creativa, avviene per desiderio di parola, di riconoscimento, per volontà di fare. Restituire diritto di cittadinanza ai luoghi in cui si vive, creando nuovi modi di condivisione, offre alla società meridionale la possibilità di produrre non solo per il mercato, ma anche per un’economia locale di equilibrio.
Le storie analizzate in questo lavoro aprono uno squarcio su una realtà che sovverte e mette in discussione le letture che si danno del Mezzogiorno e del patrimonio culturale e ambientale italiano.
L'approfondimento e le riflessioni fatte sulle storie che abbiamo descritto evidenziano che nel Sud emergono segnali interessanti di cambiamento che è importante cogliere e che mettono in discussione alcuni stereotipi che tendono a bloccare qualunque evoluzione positiva.
Le storie mostrano come in tanti territori le persone del Sud sono andate "oltre" e partendo dall'amore per la propria terra hanno intrapreso percorsi di costruzione mettendosi alle spalle l'inattività e l' inerzia".
Dunque un Sud nuovo. Una nuova visione culturale per affrontare problemi.
"Esatto. Idee, co-progettazione, coinvolgimento, azione. Nuove parole prendono il posto di un vecchio linguaggio incentrato su altri termini come: denuncia, protesta, lamento, fatalismo e attesa.
Gli innovatori sociali del patrimonio testimoniano una voglia di fare, una consapevolezza di poter migliorare il proprio territorio che solitamente viene ignorata e trascurata nelle narrazioni che solitamente si fanno del Sud.
Nelle storie descritte emerge una forte determinazione in grado di vincere l'isolamento e di un contesto caratterizzato da un generale scetticismo.
Le iniziative protagoniste di questo lavoro evidenziano una voglia di andare oltre il lamento, oltre la schiavitù dell'immobilismo ed una capacità di fare la differenza e di raggiungere l'obiettivo nonostante un contesto tendenzialmente ostile".
Oltre l'opportunismo, la capacità di perseguire i propri sogni.
"Uno degli aspetti più rivoluzionari delle storie di innovazione sociale per il patrimonio è che queste storie mettono in discussione il carattere opportunistico e individualistico con cui una certa letteratura tende a descrivere chi crea nuove imprese nel Sud. L’immagine di un Sud dipendente e affamato di fondi pubblici viene sfatata dai casi studio.
La molla che ha innescato la nascita delle iniziative di innovazione è l'amore per il proprio territorio e la volontà di progettare qualcosa in grado di ridare vita ad un pezzo di patrimonio, materiale e/o immateriale, abbandonato. Lo stereotipo dell'imprenditore opportunista che definisce la propria attività sulla base delle misure di incentivazione regionali, nazionali o europee e che si muove per il raggiungimento di un obiettivo economico personale prende il posto di persone che sono mosse da una motivazione prevalentemente sociale.
Persone, considerate nel proprio contesto relazionale dei piccoli Don Qujote, che invece spinti dalla propria passione e dai propri sogni riescono a superare le barriere che solitamente, in questi contesti, si frappongono alla creazione d'impresa. Paradossalmente è proprio questa fortissima motivazione intrinseca e sociale che rappresenta la principale leva per poter superare gli ostacoli che molto spesso un imprenditore tradizionale non è in grado di affrontare".
Un passo che va oltre le contrapposizioni pubblico /privato?
"Il dibattito sulla conoscenza, la cura e la fruizione del patrimonio culturale è caratterizzato da contrapposizioni e scontri che animano il dibattito degli addetti ai lavori. Le storie che abbiamo raccontato sembrano totalmente avulse da queste contrapposizioni. Siamo in presenza di progetti di recupero e di rinascita del patrimonio culturale che vedono al centro dell'attenzione gestori privati che rendono fruibili gli spazi come se fossero beni comuni. In altre iniziative, grazie all'azione di privati, si è finalmente assicurata la fruizione di aree precedentemente abbandonate e in preda al più assoluto degrado.
Per garantire la sostenibilità delle iniziative di innovazione sociale per il patrimonio emerge una particolare capacità che consiste nel rifunzionalizzare il patrimonio culturale puntando sulla creazione di nuove attività (gallerie d'arte, officine artigiane, spazi di co-working, servizi e design).
Nell'impostazione degli innovatori sociali il patrimonio culturale non è considerato esclusivamente un insieme di luoghi dove sono conservati i mirabili risultati della creatività del passato. I casi che abbiamo raccontato evidenziano che i luoghi che compongono il patrimonio culturale di un territorio per essere vivi, fruibili e preservati hanno bisogno di essere utilizzati come ambienti in cui si produce cultura oltre che a celebrarla".
Quali sono i risultati ottenuti finora in termini di progetti impostati in questi termini, di risorse generate anche in termini di occupazione e di impatto sulle comunità locali?
"Non siamo ancora in grado di rispondere a tutte queste domande e sotto certi aspetti esse rappresentano il punto di partenza del cammino futuro di questo nostro lavoro. Ciò non toglie, però, che è necessario provare a fare alcune considerazioni preliminari sulle possibili ricadute di questo fenomeno.

Un’immagine delle catacombe di Napoli gestite dalla Cooperativa La Paranza
Abbiamo sottolineato che le esperienze descritte non sono in nessun modo paragonabili alle start-up innovative, siamo infatti in presenza di piccole realtà micro-imprenditoriali che riescono a sostenersi economicamente ed a garantire l’occupazione ad alcuni tra i soci promotori. Sono realtà che non mirano ad accedere nel circuito dei business angels e del venture capital poiché non hanno la potenzialità di reddito richiesta da questi soggetti, ma che intendono rispondere ad una problematica sociale, la gestione del patrimonio culturale, con una logica imprenditoriale.
L’impatto sull’economia locale di ogni singola realtà è limitata, ma le ricadute sono necessariamente a vantaggio del territorio, mentre molto spesso il percorso di sviluppo di una normale startup che, quando concepite in contesti deboli, possono facilmente essere trasferite in realtà territoriali (nazionali o esteri) dove è possibile ritrovare condizioni di insediamento più favorevoli.
Il successo dei casi descritti aldilà della rilevanza economica degli stessi ha, inoltre un grande impatto simbolico. Queste storie rappresentano delle esperienze concrete e visibili che dimostrano che, anche in assenza di contesti favorevoli sia possibile attivare progetti di rigenerazione culturale sostenibili economicamente. E' possibile salvare dal degrado a dal dimenticatoio il patrimonio culturale garantendo occupazione e sviluppo, anche nel Sud! Queste storie evidenziano un grande capacità di propagazione. In molte realtà, infatti, le ricadute positive delle iniziative si sono ampliate anche al territorio circostante, è il caso ad esempio di Farm Cultural Park e della Cooperativa Paranza.
Questo fenomeno presenta, infatti, caratteri di fortissima idiosincrasia territoriale, le esperienze descritte nel lavoro sono inscindibilmente legate alla comunità. Se si investe in innovazione sociale per la cultura si può essere certi che si sta facendo una scommessa sulle persone che fanno parte della comunità ed al tempo stesso sul territorio. I frutti ed i risultati delle iniziative che abbiamo raccontato hanno necessariamente, quindi, un impatto sociale e territoriale".