Il licenziamento di Hampton Dellinger da parte del presidente Trump finisce davanti alla Corte Suprema. A chiedere l’intervento della massima assise giudiziaria degli Stati Uniti questa volta non è il funzionario federale allontanato, che già si è rivolto al tribunale e ha ottenuto il temporaneo reintegro, ma la Casa Bianca che così facendo vuole sapere se il presidente ha l’autorità di licenziare anche gli “illicenziabili” dell’amministrazione federale, quelli che sono stati vagliati e approvati dal Congresso per controllare che il governo non commetta abusi. Un test voluto da Trump, insomma, per mettere alla prova i limiti del suo potere presidenziale.
Hampton Dellinger è uno “Special Counsel” responsabile dell’Ufficio Etico federale OSC (Office of Special Counsel), un’agenzia governativa istituita con l’Hatch Act e rafforzata nella sua indipendenza da altre tre leggi federali, per raccogliere in via confidenziale le “soffiate” su eventuali abusi che l’amministrazione pubblica avrebbe commesso e per proteggere i dipendenti che le hanno fatte. Un ufficio microscopico – 140 impiegati –, nel mastodontico settore pubblico in cui lavorano oltre 3 milioni di persone.
Dellinger era stato nominato dal presidente Joe Biden nel 2021 e la sua carica era stata confermata dal Senato. Con una email di tre righe la Casa Bianca gli aveva comunicato il suo licenziamento i primi di febbraio. Dopo la lettera, lo Special Counsel si è rivolto al tribunale e mercoledì scorso la giudice federale Amy Berman Jackson lo ha reintegrato decretando che il licenziamento aveva violato la legge che sancisce l’indipendenza dell’agenzia e che, nello specifico, mette al riparo la posizione di Dellinger dalle interferenze politiche. Subito dopo questa prima decisione, la Casa Bianca aveva fatto immediatamente ricorso e sabato una corte d’Appello federale ha respinto la richiesta di revisione sostenendo che non c’erano le basi legali per presentarla. Da qui la richiesta alla Corte Suprema. “Questa corte non dovrebbe consentire a quelle inferiori di impossessarsi del potere esecutivo dettando al presidente per quanto tempo deve continuare a impiegare un capo di agenzia contro la sua volontà”, ha scritto nella sua memoria presentata alla Corte Suprema per conto della Casa Bianca Sarah M. Harris, procuratrice del Dipartimento della Giustizia.
Gli ordini esecutivi di Trump sull’immigrazione, sullo ius soli, sui transgender e sulla spesa pubblica sono già impantanati in decine di cause legali presso i tribunali federali e potrebbero finire alla anche questi alla Corte Suprema.
L’offensiva per i licenziamenti di massa nell’amministrazione, ordinati da Donald Trump ed eseguiti dal DOGE di Elon Musk per tagliare le spese, stanno colpendo tutto il settore pubblico in modo indiscriminato, mettendo a rischio anche la sicurezza nucleare e quella sanitaria.
Negli ultimi giorni sotto la ghigliottina di Musk c’è finita anche la National Nuclear Security Administration (NNSA), licenziando senza distinzioni il personale seminando timori e caos e, secondo quanto afferma la CNN, la decisione è stata presa da persone che non conoscono il ruolo cruciale della NNSA, che supervisiona l’arsenale nucleare americano. Tanto che, dopo i tagli, una trentina dei licenziati sono stati reintegrati. Un portavoce del Dipartimento dell’Energia ha insistito con la CNN sul fatto che sono stati lasciati a casa solo circa 50 dipendenti della NNSA e che per lo più ricoprivano ruoli “amministrativi”.
Jill Hruby, che ha ricoperto il ruolo di amministratore della NNSA durante l’amministrazione Biden, ha detto alla CNN che i tagli sono particolarmente preoccupanti perché le posizioni di solito richiedono autorizzazioni di sicurezza di altissimo livello e una approfondita conoscenza del settore nucleare americano.
“Il Congresso – ha detto Hruby – sta andando su tutte le furie perché sembra che il DOGE faccia i tagli non rendendosi conto che la NNSA supervisiona l’arsenale atomico. Il deterrente nucleare è la spina dorsale della sicurezza e della stabilità americana, punto. Che ci siano anche solo dei piccoli buchi nel mantenimento di quel deterrente dovrebbe essere estremamente preoccupante”.
“Ora – scrive il Washington Post – gli assistenti di Elon Musk, stanno cercando di ottenere accesso ai dati dell’Internal Revenue Service, l’ufficio delle tasse. Secondo l’influente quotidiano della capitale federale il DOGE vuole dettagliate informazioni finanziarie su ogni contribuente. Una richiesta che ha suscitato allarme all’interno dell’agenzia fiscale. Su pressione della Casa Bianca, l’IRS sta prendendo in considerazione la firma di un memorandum d’intesa che permetterebbe ai funzionari del DOGE di avere ampio accesso ai sistemi dell’agenzia fiscale, incluse informazioni sui beni e sui dataset. Tra questi, il sistema Integrated Data Retrieval (IDRS), che consente ai dipendenti IRS di accedere a conti fiscali, numeri di identificazione personale (PIN) e informazioni bancarie. Inoltre, il sistema permette di inserire e modificare dati di transazioni, generare automaticamente notifiche, documenti di riscossione e altri dati.
Durante il suo primo mandato, Donald Trump aveva espresso pubblicamente l’intenzione d’inviare agenti dell’IRS contro i suoi oppositori politici, facendo temere per l’indipendenza dell’agenzia.
Un portavoce della Casa Bianca, Harrison Fields, ha dichiarato al Washington Post: “Sprechi, frodi e abusi sono radicati nel nostro sistema non funzionante da troppo tempo. Per identificare e correggere questi problemi, è necessario avere accesso diretto al sistema. Il DOGE continuerà a fare luce sulle frodi che scoprirà, affinché il popolo americano sappia come il governo ha speso i soldi delle loro tasse”.
Finora nessuna prova è stata mostrata delle accuse avanzate dal DOGE sugli sprechi e sugli abusi del governo federale e sui 50 milioni di dollari che secondo Musk l’ente federale USAID avrebbe speso per i preservativi per gli abitanti di Gaza, ha dovuto fare marcia indietro.