Un mondo in attesa, un sistema di aiuti umanitari paralizzato. Nei porti del Sudan, container carichi di antibiotici e farmaci contro la malaria sono fermi da mesi, mentre milioni di tonnellate di soia coltivata sul suolo americano, destinata ai rifugiati, marciscono nei magazzini. La causa di questo stallo è da ricondursi al blocco imposto dall’amministrazione Trump ai finanziamenti dell’USAID, l’agenzia governativa statunitense che si occupa della distribuzione degli aiuti internazionali fondata nel 1961, che ha congelato l’invio di aiuti vitali in numerosi paesi.
La crisi senza precedenti viene alimentata anche da una serie di decisioni politiche che hanno paralizzato la distribuzione di altri soccorsi essenziali. Nonostante le rassicurazioni della Casa Bianca che aveva garantito la prosecuzione dei servizi “salvavita”, la realtà appare assai diversa: la situazione si è rapidamente deteriorata.
Il blocco di 90 giorni imposto dall’amministrazione repubblicana all’USAID ha avuto un impatto devastante. Gli interventi umanitari non arrivano a destinazione, farmaci essenziali per malattie come l’HIV, la malaria e la tubercolosi sono intrappolati nei porti o in magazzini, a causa di una crescente confusione burocratica. Allo stesso tempo, migliaia di tonnellate di derrate alimentari, vengono dirottate dai campi profughi per finire in depositi, condannando milioni di persone alla fame.
La sospensione di fondi e operazioni da parte dell’organismo ha creato un “limbo” nei programmi. L’agenzia ha annunciato che gran parte del suo personale sarà messo in congedo amministrativo, e il resto dei lavoratori assunti a tempo indeterminato sarà costretto a rimanere nell’incertezza. Seppure il Dipartimento di Stato abbia preso il controllo dell’organo, al momento l’efficacia dell’intervento resta da valutare.
Il risultato di queste decisioni politiche si traduce infatti in una situazione drammatica sul fronte sanitario. I medicinali sono in scadenza, e l’interruzione della distribuzione potrebbe contribuire a peggiorare la salute delle popolazioni più vulnerabili. Come accaduto nella Repubblica Democratica del Congo, le scorte di antibiotici destinati a contrastare le epidemie sono rimaste bloccate nei centri di stoccaggio.
Tom Hart, presidente di InterAction, una federazione di organizzazioni non governative statunitense, che si occupa di promuovere e sostenere l’aiuto umanitario e lo sviluppo internazionale ha dichiarato che “questo è un enorme spreco di denaro e di buona volontà dei contribuenti, che ha un impatto devastante sulle persone bisognose”.
I dissensi non provengono solo dalle associazioni, ma anche dai legislatori di entrambi i partiti. Il senatore repubblicano Jerry Moran ha sollecitato che il cibo prodotto in America dal valore di 340 milioni di dollari, attualmente stipato nei porti, venga urgentemente spedito ai paesi che ne hanno bisogno.
Il futuro dell’USAID e degli aiuti statunitensi resta incerto. Le azioni de leader dei GOP hanno sollevato interrogativi sulla sostenibilità a lungo termine di un sistema che, pur rappresentando una piccola parte del bilancio federale, ha avuto un impatto profondo in oltre 100 stati. Con il congelamento dei fondi e la sospensione delle attività, la crisi è destinata ad aggravarsi e a portare un ulteriore indebolimento della già fragile infrastruttura umanitaria mondiale.