Proposta meditata o corsa in avanti? Dopo lo shock provocato nel mondo dal progetto di Donald Trump di trasformare Gaza in una “Riviera”, magari assortito di piani immobiliaristici, e con annessa deportazione dei palestinesi che ci vivono (appena due milioni), ci sono vari segnali che l’amministrazione Usa non fosse al corrente e che stia cercando una parziale marcia indietro. O magari, è parte di una strategia orchestrata dello stesso presidente per tastare il terreno e poi ritirarsi – ma solo in parte, così che anche l’impensabile diventi accettabile.
Alti funzionari dell’amministrazione comunque hanno ritrattato alcuni elementi della proposta del presidente, insistendo sul fatto che Trump non si è impegnato a usare le truppe statunitensi e che qualsiasi trasferimento di palestinesi sarebbe temporaneo.
Mercoledì le reazioni nel mondo alla conferenza stampa congiunta con il premier israeliano Netanyahu hanno dimostrato l’immediata opposizione dei principali partner americani, molti dei quali hanno ribadito il sostegno a uno Stato palestinese, mentre innumerevoli esperti giuridici hanno definito l’idea una violazione del diritto internazionale. Meno di 24 ore dopo arrivano i tentativi di ammorbidimento.
Parlando con i giornalisti in Guatemala, il Segretario di Stato Marco Rubio ha suggerito due volte che Trump proponeva solo di “sgomberare e ricostruire” Gaza, non di rivendicare il possesso indefinito del territorio. Steve Witkoff, l’inviato speciale per il Medio Oriente, ha detto ai senatori repubblicani durante un pranzo a porte chiuse che Trump “non vuole mettere truppe statunitensi sul terreno e non vuole spendere alcun dollaro statunitense” a Gaza, secondo il senatore Josh Hawley del Missouri.
Alla Casa Bianca, l’addetta stampa, Karoline Leavitt, ha dichiarato che “il presidente non si è impegnato a mettere “degli stivali sul terreno” a Gaza”, boots on the ground, ovvero l’invio diretto di truppe – senza però specificare come gli Stati Uniti potrebbero prendere il controllo del territorio senza usare la forza militare.
La proposta ha sconvolto decenni di diplomazia internazionale e aperto un vaso di Pandora geopolitico con implicazioni di vasta portata per il Medio Oriente. Nell’immediato, ha complicato i colloqui sull’estensione del fragile cessate il fuoco tra Israele e Hamas, ha messo Egitto e Giordania in una posizione impossibile e ha minacciato l’ambizione degli Stati Uniti di normalizzare le relazioni diplomatiche tra Israele e Arabia Saudita.
In una dichiarazione rilasciata all’alba di ieri, l’Arabia Saudita ha espresso il suo “inequivocabile rifiuto” dei tentativi di sfollare i palestinesi e ha ribadito che non avrebbe stabilito legami diplomatici con Israele in assenza di uno Stato palestinese indipendente. Il ministero degli Esteri egiziano ha dichiarato che i programmi di aiuto e recupero per Gaza dovranno iniziare “senza che i palestinesi se ne vadano”. E il re Abdullah II di Giordania, in un incontro con il capo dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas mercoledì, ha respinto qualsiasi tentativo di sfollare i palestinesi e di annettere le loro terre.
Gaza è stata devastata dalla guerra tra Israele e Hamas, scatenata dall’attacco del gruppo militante a Israele del 7 ottobre 2023. Parlando con Netanyahu alla Casa Bianca martedì sera, Trump ha descritto Gaza come “un sito di demolizione” che gli Stati Uniti avrebbero ricostruito come “la Riviera del Medio Oriente”.
Hamas ha governato a Gaza per la maggior parte degli ultimi due decenni e ha iniziato a ristabilire il controllo da quando il mese scorso è entrato in vigore il cessate il fuoco. Il gruppo ha immediatamente respinto l’idea di un trasferimento di massa della popolazione del territorio, una proposta politicamente esplosiva in una regione con una lunga e sanguinosa storia di sfollamenti forzati.
Secondo gli esperti, la proposta di Trump costituirebbe una grave violazione del diritto internazionale. La deportazione o il trasferimento forzato di una popolazione civile è definita come una violazione del diritto umanitario internazionale, un crimine di guerra e un crimine contro l’umanità.
A Gaza, i palestinesi che stanno tornando alle loro case in macerie hanno espresso un misto di condanna e confusione per i commenti di Trump. Molti dicono che rifiutano di lasciare Gaza in qualsiasi circostanza, qualcuno che le condizioni sono così invivibili dopo 15 mesi di bombardamenti israeliani che prenderebbero in considerazione un trasferimento.
In Israele i politici di estrema destra hanno accolto con favore il piano di Trump, che porta allo scoperto la loro idea che lo Stato palestinese non debba proprio esistere, oltre a sollevare la possibilità che gli Stati Uniti si occupino di annullare la minaccia militante a Gaza.