Al Palazzo di Vetro dell’ONU mercoledì pomeriggio si è tenuta la riunione del Committee on the Exercise of the Inalienable Rights of the Palestinian People; era la prima del 2025 e serviva a eleggere i nuovi membri di una Commissione che all’ONU proprio quest’anno compierà 50 anni di lavoro. Il “caso” ha voluto che l’incontro a New York avvenisse a meno di 24 ore dalle dichiarazioni “imperialiste” di Donald Trump sul futuro di Gaza pronunciate alla Casa Bianca ai giornalisti mentre aveva accanto il premier israeliano Benjamin Netanyahu: “Gli Stati Uniti prenderanno il controllo a lungo termine di Gaza e la trasformeranno nella Riviera del Medio Oriente” aveva detto martedì il presidente USA e i partecipanti della Commissione dell’ONU sugli “inalienabili diritti del popolo palestinese” hanno subito avuto l’occasione pubblica per replicare.
Il primo a farlo, con un discorso tenuto per inaugurare i lavori della CEIRPP, è stato il Segretario Generale dell’ONU Antonio Guterres: “Qualsiasi pace duratura richiederà progressi tangibili, irreversibili e permanenti verso la soluzione dei due Stati, la fine dell’occupazione e la creazione di uno Stato palestinese indipendente, con Gaza come parte integrante” ha detto Guterres, in cui ha anche messo in guardia dall’evitare qualsiasi forma di pulizia etnica. “Uno Stato palestinese sovrano che viva fianco a fianco con Israele in pace e sicurezza è l’unica soluzione sostenibile per la stabilità del Medio Oriente”, ha aggiunto Guterres, riaffermando che “ora è il momento di essere chiarissimi sugli obiettivi futuri. Innanzitutto, dobbiamo continuare a premere per un cessate il fuoco permanente e il rilascio di tutti gli ostaggi senza indugio. Non possiamo tornare a più morte e distruzione – ha sottolineato il segretario generale Onu – In secondo luogo, nella ricerca di soluzioni, non dobbiamo peggiorare il problema. È ;fondamentale restare fedeli ai fondamenti del diritto internazionale, ed essenziale evitare qualsiasi forma di pulizia etnica. In terzo luogo, dobbiamo riaffermare la soluzione dei due Stati”.
Alla fine della riunione, i rappresentanti appena eletti della Commissione sono apparsi davanti ai giornalisti e tra di loro c’era anche l’ambasciatore palestinese Riyad Mansour, che ovviamente non vedeva l’ora di poter replicare alle parole di Trump.
Gli abbiamo fatto subito la domanda su cosa avesse da dire al presidente degli USA che oggi, almeno attraverso la sua portavoce, ha corretto un po’ il suo pensiero parlando non più di una evacuazione “permanente” dei palestinesi da Gaza, ma che si dovrebbe trattare soltanto di una “momentanea” per consentire la rimozione delle macerie e la ricostruzione delle case.

Mansour ha replicato: “La pulizia etnica è inaccettabile. Nell’accordo, in cui l’attuale amministrazione USA ha avuto un ruolo nella sua definizione—un accordo articolato in tre fasi—vi è una clausola che stabilisce esplicitamente la ricostruzione di Gaza e il ritorno delle persone nei luoghi in cui vivevano” ha detto Mansour che poi ha aggiunto: Questi sono i fatti, e siamo determinati a onorarli e rispettarli. Pertanto, questa è la politica che è stata annunciata e dichiarata. Qualsiasi altra proposta non potrà concretizzarsi. Chi esprime opinioni diverse può essere interpellato direttamente, ma per quanto riguarda noi, la comunità internazionale, guidata dal Segretario Generale delle Nazioni Unite, si attiene a ciò che stabilisce il diritto internazionale”.
Mansour ha ricordato anche che questa è la posizione dei Paesi arabi e musulmani e anche la posizione di molte nazioni, comprese “quelle europee e di altri angoli del mondo. La pulizia etnica non sarà tollerata”.

Una collega della Canadian Broadcasting Corporation, nel porre la domanda all’ambasciatore palestinese, ha citato direttamente le parole di Trump di ieri sera: “L’unico motivo per cui i palestinesi vogliono tornare a Gaza è che non hanno alternative. Gli Stati Uniti prenderanno il controllo della Striscia di Gaza. Faremo un ottimo lavoro. La possederemo”. E quindi ha chiesto la reazione immediata a queste affermazioni di Mansour che ha replicato:
“La Striscia di Gaza non è terra libera che chiunque può prendere. Appartiene al popolo palestinese. Le persone che vivono a Gaza sono i suoi legittimi abitanti. I tempi in cui la terra veniva presa con la forza sono finiti. Ogni pezzo di terra, in qualsiasi paese, appartiene alle persone che ci vivono”. Poi l’ambasciatore ha continuato: “Le persone che si trovavano nella parte meridionale di Gaza, quando le forze di occupazione israeliane hanno rimosso le barriere che separavano il nord e il sud, sono tornate a casa a piedi—400.000 persone in soli due giorni, camminando per due ore ogni giorno. Alcuni potrebbero non capire il significato e il valore di avere una patria e di amare la propria terra. Ma per noi, il popolo palestinese, è nel nostro DNA. Amiamo il nostro paese. Amiamo la nostra terra, che sia coperta da palazzi o da macerie”.
Mansour ha ricordato che Gaza è stata già distrutta molte volte in passato “e con l’aiuto dei nostri amici l’abbiamo sempre ricostruita. Siamo determinati a farlo di nuovo”. Raccontando che le persone che sono tornate nel nord hanno già iniziato a ripulire le macerie, ha spiegato che lo fanno “perché vogliono restare. Lì hanno i loro ricordi, un legame profondo con la terra. Quando camminano su quella terra, essa parla loro. Questo è profondamente significativo per noi palestinesi”.

A questo punto è stato chiesto a Mansour: ma il presidente Trump ascolterà questi sentimenti? “Non lo so” ha replicato Mansour, “ma vi sto dicendo come ci sentiamo noi, il popolo palestinese”.
Quindi l’ambasciatore ha aggiunto: “Quello che conta è la pace. Non vogliamo seminare odio, né vogliamo essere espulsi con la forza dalla nostra patria e rimanere in esilio. Se alcuni credono di avere il diritto di tornare nella Terra Santa dopo 2.000 anni, perché è così difficile comprendere che noi vogliamo tornare nelle nostre case dopo solo un anno di esilio?”
Mansour quindi ha detto che il governo palestinese ripulirà Gaza e riaprirà gli ospedali e ricostruirà le scuole “affinché i nostri bambini possano tornare a studiare. Chiediamo alla comunità internazionale di consentire alle agenzie dell’ONU, come l’UNRWA, di ripristinare le scuole, le cliniche, le strade, i sistemi idrici ed elettrici. Questi sforzi permetteranno alla speranza di rifiorire, non ulteriore distruzione”.
Infine il rappresentante della Palestina all’ONU ha concluso: “Chiunque creda davvero nella pace e nell’umanità dovrebbe sostenerci. Dovrebbe facilitare ogni possibile aiuto affinché possiamo iniziare questo processo di guarigione e ricostruzione”.