La Casa Bianca non ha “alcuna fretta” di parlare con Pechino dopo l’introduzione di dazi del 10% su tutte le importazioni cinesi, seguita a ruota da un’equivalente rappresaglia cinese su diversi prodotti made in USA e dall’apertura di indagini contro alcuni colossi societari statunitensi da parte dell’antitrust del Dragone.
Parola di Donald Trump, che la scorsa settimana aveva minacciato tariffe ancora più dure (25%) contro Messico e Canada, salvo rimandarle di 30 giorni dopo aver ottenuto “rassicurazioni” dai Governi di Città del Messico e Ottawa sul contrasto all’immigrazione e al traffico di fentanyl. A sbloccare l’impasse, in quel caso, erano state due distinte telefonate serali con la presidente messicana Claudia Sheinbaum e il premier canadese Justin Trudeau.
Una portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, ha invece fatto sapere che la questione-dazi è stata affrontata solo superficialmente da Trump e Xi, e che per il momento i due non hanno in programma alcuna telefonata. “Il presidente Xi ha contattato il presidente Trump per parlare della situazione, forse per iniziare una trattativa. Vedremo come andrà”, ha dichiarato a Fox Business Network.
La Cina ha imposto dazi del 15% sul carbone e sul gas naturale liquefatto (GNL) statunitensi, e del 10% su petrolio greggio, attrezzature agricole e alcuni veicoli. La falce di Pechino si è inoltre abbattuta su alcuni colossi statunitensi, tra cui Google, finiti sotto osservazione dell’autorità antitrust della Repubblica Popolare. Nel mirino sono finiti anche il gigante californiano della biotecnologia Illumina e la holding newyorkese PVH, proprietaria di marchi come Calvin Klein e Tommy Hilfiger. Entrambe si sono peraltro difese sostenendo di aver sempre applicato alla lettera le normative cinesi.
Oltre alle tariffe, l’esecutivo comunista ha introdotto restrizioni sulle esportazioni di metalli rari come il tungsteno, cruciali per l’industria elettronica, l’energia solare e la produzione di equipaggiamento militare. E la mossa potrebbe influenzare anche aziende come Tesla, che, con il suo Cybertruck, rischia di essere colpita dai nuovi dazi su camion elettrici.
A detta degli economisti, la risposta di Pechino ai dazi statunitensi si è comunque rivelata relativamente contenuta, forse proprio allo scopo di evitare un’escalation totale e mantenere la possibilità di un dialogo con la nuova amministrazione repubblicana – emulando i tentativi di Canada e Messico. Secondo il centro studi finanziario Capital Economics, i dazi cinesi interessano infatti circa 20 miliardi di dollari di importazioni, una cifra ben inferiore ai 450 miliardi di dollari di beni cinesi che soggetti alle tariffe di Washington.
Trump ha minacciato di aumentare ulteriormente i dazi sui prodotti cinesi se Pechino non adotterà misure concrete per fermare il flusso di fentanyl, un potente oppioide responsabile ogni anno di circa 100.000 decessi negli Stati Uniti che viene tipicamente trafficato dai cartelli latinoamericani dopo aver importato la materia prima chimica proprio dalla Cina.
Ma la guerra commerciale rischia di travolgere anche l’e-commerce. Oltre ai dazi del 10%, infatti, la Casa Bianca ha deciso di eliminare anche l’esenzione daziaria “de minimis”, che consentiva ai pacchi provenienti dalla Cina e con un valore inferiore a 800 dollari di entrare negli Stati Uniti senza alcun dazio.
Nel 2024 circa 1,36 miliardi di pacchi provenienti dalla Cina hanno fatto uso della clausola “de minimis”, in crescita del 36% rispetto all’anno precedente. Si tratta in stragrande maggioranza di prodotti acquistati dai clienti statunitensi sulle grandi piattaforme di e-commerce del Dragone, come Shein e Temu (ma non di rado persino su Amazon).
Ora però, i pacchi che prima venivano processati collettivamente, dovranno essere ispezionati singolarmente, aumentando notevolmente i tempi e i costi di gestione.
Dopo aver interrotto temporaneamente le spedizioni a causa delle nuove normative, mercoledì il Servizio Postale degli Stati Uniti (USPS) ha dichiarato che accetterà nuovamente i pacchi provenienti dalla Cina e da Hong Kong – ma con tempistiche giocoforza allungate.
“L’USPS e la Customs and Border Protection stanno lavorando a stretto contatto per implementare un meccanismo di riscossione efficiente per le nuove tariffe cinesi, al fine di garantire il minor numero di interruzioni nella consegna dei pacchi”, ha dichiarato l’azienda in un comunicato.
Altri corrieri internazionali, come FedEx e SF Express, hanno dichiarato di continuare a spedire pacchi dalla Cina verso gli Stati Uniti, ma con misure straordinarie per adattarsi ai nuovi obblighi normativi. FedEx, ad esempio, ha però sospeso la garanzia di rimborso per le spedizioni dirette verso gli Stati Uniti.