L’ex senatore democratico del New Jersey, Robert Menendez, trascorrerà i prossimi 11 anni in carcere. Lo ha deciso il giudice Sidney Stein nella corte federale di Manhattan.
Il 71enne Robert Menendez è stato riconosciuto colpevole la scorsa estate in un clamoroso processo che lo vedeva imputato per 16 reati, tra cui corruzione, ostruzione della giustizia e collusione con un governo straniero, reati collegati al suo incarico di (ex) presidente della commissione Esteri del Senato. Di origine cubana, Menendez aveva offerto i propri servizi a ricchi imprenditori e al governo egiziano in cambio di denaro e svariati altri “regali”.
Tutti e 16 i capi d’accusa che erano stati contestati a Menendez sono stati confermati dalla giuria alla fine del processo che si era tenuto a New York. Prima della sentenza per il senatore è stata emessa quella per i suoi due co-imputati, gli imprenditori Fred Daibes, che è stato condannato a 7 anni di carcere e un milione e 750 mila dollari di multa e l’egiziano-americano Wael Hana che è stato condannato ad 8 anni di carcere e un milione e 300 mila dollari di multa. Il terzo, Jose Uribe, si era già dichiarato colpevole e ha testimoniato contro Menendez nel corso del processo. La moglie dell’ex senatore, Nadine Arslanian Menendez, infine, anche lei implicata nella vicenda, sarà processata a marzo.
È la prima volta nella storia degli Stati Uniti che un membro del Congresso in carica è stato riconosciuto colpevole di collusione con un governo straniero.
Secondo gli inquirenti federali Menendez tra il 2018 e il 2022 aveva utilizzato la propria posizione a capo della commissione Esteri del Senato per favorire il regime egiziano del presidente-dittatore al-Sisi. In cambio, Menendez e la moglie Nadine avevano ricevuto grosse somme di denaro in contanti, lingotti d’oro, una Mercedes convertibile del valore di 110 mila dollari e, per la consorte del senatore, un impiego fittizio pagato 10 mila dollari al mese.
Non solo collusioni con governi stranieri, ma anche tangenti affinchè il governo americano scegliesse la compagnia produttrice di carne “halal” di Wael Hana, per esportare questo prodotto dagli USA all’Egitto, un Paese con cui aveva poi allacciato stretti legami al Cairo tramite Wael Hana che lo aveva messo in contatto con l’amministrazione di Abdel El Sisi. E successivamente nella sua veste ufficiale al Senato Menendez aveva cercato di convincere i colleghi senatori della commissione Esteri a sbloccare gli aiuti americani destinati alle forze armate egiziane che erano stati bloccati perché il regime di El Sisi non rispettava i diritti umani.
L’incriminazione lo scorso anno del senatore Menendez aveva fatto scalpore dopo che le immagini dei lingotti d’oro e quelle delle mazzette di dollari infilate nelle tasche di abiti furono rilasciate dagli agenti dell’Fbi che fecero una perquisizione nella sua casa in New Jersey. Il senatore aveva in particolare cercato di spiegare che il denaro veniva conservato in casa per eventuali “emergenze” e il gesto era da collegare alla storia della sua famiglia che nella Cuba comunista era esposta al rischio di confisca dei propri beni. La famiglia di Menendez era però emigrata negli USA nel 1953, sei anni prima della presa del potere da parte di Castro e un anno prima della nascita del senatore democratico.
Menendez si era già trovato in passato al centro di indagini relative a una presunta corruzione: la prima era del 2006 e non aveva portato a un processo (una società del settore sanitario pagava l’affitto della sua casa mentre lui riceveva i rimborsi federali che il governo concede ai parlamentari per le loro abitazioni a Washington), la seconda era iniziata nel 2015 e aveva portato a un processo nel 2017. Menendez era accusato di dare la sua protezione politica a un ricco chirurgo della Florida in cambio di vacanze di lusso, viaggi aerei e donazioni per la sua campagna elettorale. Allora la giuria non riuscì a trovare il consenso unanime per il verdetto e l’accusa rinunciò a sostenere una riedizione del processo.
Proprio riguardo al paese di origine della sua famiglia, durante l’amministrazione Obama aveva criticato ferocemente il processo di distensione promosso dall’allora presidente, protagonista di una storica visita a l’Avana nel marzo 2016.