Michelle Obama non parteciperà alla cerimonia dell’insediamento di Donald Trump, lunedì prossimo. Come ha già fatto la scorsa settimana, per il funerale di Jimmy Carter, manderà il marito Barack da solo. Se avesse partecipato a quella cerimonia nella cattedrale di Washington, avrebbe dovuto sedersi gomito a gomito con Donald. E se il marito lo ha fatto con l’aplomb a cui ci ha abituato, lei non lo ha voluto fare ed è rimasta a continuare la sua vacanza alle Hawaii.
La decisione di non comparire neanche per l’insediamento però non può essere liquidata alla leggera. A questo punto diventa chiaro che le sue assenze sono una dichiarazione di principio, un rifiuto di avallare simbolicamente una visione del Paese contro la quale si è battuta per mesi durante la campagna di Kamala Harris e della quale non ha nascosto di aver paura.
Michelle partecipò alla cerimonia del primo insediamento di Trump, in quanto first lady uscente, al braccio di Barack Obama. Ma poi confessò che l’esperienza era stata per lei traumatica: “Sedersi su quel palco e vedere esposto l’opposto di ciò che rappresentiamo… Non c’era diversità, non c’era colore su quel palco. Non c’era alcun riflesso del senso più ampio dell’America”. Ha anche raccontato che dopo la cerimonia pianse per più di mezz’ora.
Quella era la Michelle che predicava “Quando loro volano basso, noi voliamo alto”, una Michelle che negli anni è però cambiata e che alla Convention Democratica di agosto si era presentata vestita come un’amazzone pronta alla battaglia, con un bustino nero, quasi un’armatura, che evocava forza e determinazione, e una lunga treccia che le scendeva fin quasi ai fianchi. Quella, anzi questa nuova Michelle, non sembra più disposta ai sorrisi convenevoli e ai colpi bassi ha chiesto di rispondere combattendo, agendo, opponendo con forza la verità alle bugie e alle offese: ”Do Something!”, “Fate qualcosa!”, era stato il suo ritornello alla Convention.
Ebbene, Michelle sta facendo qualcosa, scegliendo di non fare qualcosa. Scegliendo di non unirsi alla festa. Sta agendo attraverso l’assenza, trasformando un rifiuto simbolico in un gesto politico. Nelle chat democratiche si è immediatamente scatenata la speranza che questa volta la ex first lady scenderà in campo personalmente, che diventi lei la portabandiera della rimonta del partito, che dopo la sconfitta di novembre non riesce a trovare una figura di chiaro peso nazionale.
Michelle 2028? Lei ha sempre detto di non avere ambizioni presidenziali. Ma è difficile dimenticare che al momento non c’è nel partito nessuno che sia popolare quanto lei, soprattutto fra i giovani, quelli che hanno disertato le urne in massa a novembre.
In realtà sembra improbabile che gli Obama vogliano sottoporsi alla tortura di una candidatura presidenziale. Ma in un momento in cui il partito democratico cerca una guida e un simbolo di resilienza, Michelle Obama, con il suo silenzio eloquente e le sue scelte cariche di significato, si conferma ancora una volta come la voce di una speranza che rifiuta di spegnersi.