Tutto in giorno. Mohammad Abedini Najafabadi, l’ingegnere iraniano di 38 anni arrestato poco meno di un mese fa a Milano-Malpensa su richiesta degli Stati Uniti, è tornato in libertà domenica dopo che il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha formalmente chiesto la revoca del suo arresto, consentendogli di tornare in patria.
Abedini, cittadino della Repubblica Islamica con un permesso di soggiorno svizzero valido fino alla fine del 2025, era stato arrestato il 16 dicembre allo scalo meneghino mentre transitava da Istanbul a Zurigo.
L’arresto era stato richiesto dalle autorità statunitensi tramite un mandato di cattura internazionale emesso pochi giorni prima. L’accusa di Washington nei suoi confronti era quella di aver fornito tecnologia sensibile impiegata da una milizia irachena affiliata ai pasdaran – Resistenza islamica in Iraq – in un raid costato la vita a 3 soldati statunitensi contro un avamposto in Giordania a gennaio.
“Il ministro Nordio ha depositato alla Corte di Appello di Milano la richiesta di revoca degli arresti per il cittadino iraniano Abedini Najafabadi Mohammad”, si legge in una nota del Ministero della Giustizia. Di conseguenza, nelle prime ore di domenica si è riunito d’emergenza un collegio della quinta Corte d’Appello di Milano che ha ordinato l’immediata scarcerazione di Abedini, come previsto dal Codice di procedura penale in caso di intervento diretto del guardasigilli.
Abedini, inizialmente detenuto a Busto Arsizio, era stato trasferito brevemente in Calabria prima di approdare al carcere di Opera. Il suo avvocato, Alfredo De Francesco, ha accolto con favore la decisione del Guardasigilli, definendola una vittoria per lo stato di diritto.
“La decisone presa dal Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ci ha felicemente sorpresi. Ora il mio cliente è persona libera e potrà riprendere a sorridere e sperare. Mi ha sempre ripetuto che lui credeva e aveva fiducia nella giustizia”, le parole del legale.
Abedini è intanto già arrivato a Teheran, secondo fonti della Repubblica Islamica. “Grazie ai negoziati tra i servizi di intelligence iraniani e italiani e al monitoraggio del Ministero degli Affari Esteri, il problema è stato risolto, portando al suo rilascio”, si legge in un comunicato della magistratura iraniana, diffuso dall’agenzia Mizan Online.
Il Ministero della Giustizia italiano ha spiegato che l’estradizione di Abedini negli Stati Uniti non sarebbe stata applicabile dal momento che “possono dar luogo all’estradizione solo reati punibili secondo le leggi di entrambe le parti contraenti”. “Condizione che”, prosegue la nota, “allo stato degli atti, non può ritenersi sussistente”, dato che la prima condotta ascritta al cittadino iraniano di “associazione a delinquere per violare l’IEEPA (International Emergency Economic Powers Act) non trova corrispondenza nelle fattispecie previste e punite dall’ordinamento penale italiano“.
“Quanto alla seconda e terza condotta, rispettivamente di ‘associazione a delinquere per fornire supporto materiale ad una organizzazione terroristica con conseguente morte’ e di ‘fornitura e tentativo di fornitura di sostegno materiale ad una organizzazione terroristica straniera con conseguente morte’, nessun elemento risulta ad oggi addotto a fondamento delle accuse rivolte emergendo con certezza unicamente lo svolgimento, attraverso società a lui riconducibili, di attività di produzione e commercio con il proprio Paese di strumenti tecnologici avente potenziali, ma non esclusive, applicazioni militari”, prosegue la nota.
In sostanza, i materiali sensibili forniti da Abedini hanno anche – ma non esclusivamente – scopo militare, e non è chiaro se il sospettato fosse pienamente a conoscenza dell’utilizzo letale-terroristico che ne avrebbero fatto i pasdaran.
La decisione ha ribaltato una precedente richiesta di custodia cautelare da parte della magistratura meneghina, e segna una svolta in un caso che ha attirato l’attenzione internazionale a causa della quasi contemporanea detenzione a Teheran della giornalista italiana Cecilia Sala.
Malgrado i Governi di Italia e Iran abbiano sempre negato qualsiasi collegamento tra i due casi, l’ipotesi è che la liberazione di Sala – avvenuta mercoledì – sia stata quantomeno facilitata da una delicata triangolazione che avrebbe visto la premier Giorgia Meloni sondare il via libera da parte del presidente-eletto degli Stati Uniti Donald Trump durante la visita-lampo della presidente del Consiglio a Mar-a-Lago dello scorso fine settimana.
Il (presunto) placet di Trump avrebbe consentito a Roma di offrire a Teheran la carcerazione di Abedini – una condizione ritenuta propedeutica per rimpatriare la reporter 29enne.
L’intervento di Nordio si è reso impellente dopo che i magistrati milanesi avevano espresso parere contrario agli arresti domiciliari. Difficile che la Corte d’Appello potesse accogliere la richiesta, data la natura del reato e l’elevato pericolo di fuga – considerato per di più l’imbarazzante precedente del 2023 con la presunta spia russa Artem Uss.
Anche Uss, figlio di un oligarca filo-Putin, era stato preso in custodia a Malpensa su mandato statunitense. Dopo aver ottenuto i domiciliari, però, il sospettato riuscì clamorosamente ad evadere dalla sua casa di Basiglio e tornare a Mosca con la complicità dei servizi russi.