Washington si prepara al lungo addio a Jimmy Carter, morto nella sua casa di Plains, in Georgia. Il primo di ottobre aveva compiuto 100 anni ed è stato l’ex presidente più longevo della storia americana. È stato il 39° presidente degli Stati Uniti tra il 1976 e il 1981, in un momento storico caratterizzato dalla crisi energetica che aveva colpito gli Stati Uniti e da quella degli ostaggi americani catturati a Teheran.
Da più di un anno era tenuto in vita con un sondino nell’esofago per essere nutrito. Dopo la scomparsa di sua moglie, l’ex First Lady Rosalynn, aveva detto che voleva arrivare alle elezioni del 5 novembre per votare per Kamala Harris. E aveva votato nella sua Georgia, ma non era andato al seggio: aveva mandato la scheda elettorale per posta.
Era un battista del sud, motivato da una fede cristiana d’acciaio, affermando che mettere in pratica i propri convincimenti fosse molto più importante che parlarne astrusamente. A riprova del suo credo, a 90 anni, con il martello in mano, girava ancora nei cantieri finanziati dalla sua fondazione per costruire le case per i senzatetto. Affermava di avere un problema con la legge sull’aborto, ma non con i matrimoni dello stesso sesso. “Non posso giudicare le scelte degli altri” ripeteva.
Il Washington Post lo descrive come “un governatore del Sud senza fronzoli e dalla volontà d’acciaio che fu eletto presidente nel 1976, respinto dagli elettori disillusi dopo un solo mandato e protagonista di una straordinaria vita post-presidenziale, premiata anche con il Premio Nobel per la Pace”.
Proiettava l’immagine di un uomo semplice e umile, ma secondo quanto ha scritto la moglie nel libro autobiografico Equal Partner in the White House, era un uomo molto sofisticato con un fortissimo ego e una irrefrenabile ambizione. “Non badate a quel sorriso. Non significa niente”, ha affermato Ben Fortson, segretario di Stato della Georgia per 33 anni, incluso il tempo in cui Carter era governatore. “Quell’uomo è fatto di acciaio, determinazione e testardaggine”.
Durante il suo mandato Carter è stato confrontato da numerosi problemi come l’inflazione, la crisi energetica, le divisioni interne nel Partito Democratico, e non è riuscito a liberare gli americani presi prigionieri in Iran per più di un anno, che vennero rilasciati dagli ayatollah pochi istanti dopo l’insediamento di Reagan, che alle elezioni sconfisse Carter. Gary Sick, un esperto iraniano che era nello staff del Consiglio per la sicurezza nazionale di Carter, ha pubblicato un libro nel 1991 intitolato October Surprise, in cui sosteneva che Reagan si era messo d’accordo con gli iraniani per rilasciare gli ostaggi solo dopo la sua elezione.
Da governatore prima e da presidente poi, non ha mostrato nessun apprezzamento per il lato umano e relazionale della politica, che è fondamentale per interagire con il Congresso. “Aveva pochissimi amici”, ha detto Bert Lance, un banchiere suo amico e compagno di tennis che Carter nominò Director of the Office of Management and Budget (OMB) e che poi finì sotto processo per la gestione di due banche in Georgia. “Ama sua moglie e i suoi figli. Gli è sempre piaciuto stare da solo”.
Nell’autunno del 1978, Carter raggiunse quello che sarebbe stato il punto più alto della sua presidenza, attingendo a tutta la sua capacità di persuasione, a tutta la sua determinazione e testardaggine, per tenere Begin e il presidente egiziano Anwar Sadat nel ritiro presidenziale di Camp David per 13 giorni, abbastanza a lungo perché accettassero un accordo di pace in Medio Oriente. Ma il suo successo in politica estera si scontrò con i problemi interni: l’inflazione salì nel 1978, dal 6,8% all’inizio dell’anno al 9% a novembre. A maggio 1979, era all’11% e prima delle elezioni si attestò al 13%. Carter nominò Paul Volcker presidente della Federal Reserve: le politiche di Volcker fecero scendere l’inflazione, ma ci volle del tempo perché ciò accadesse, e Reagan ne raccolse i benefici politici.
Più o meno nello stesso periodo, la carenza di benzina causata in parte dalla Rivoluzione islamica in Iran creò code ai distributori negli Stati Uniti. Gli automobilisti aspettavano ore per fare rifornimento. Il risultato fu che le elezioni del 1980 furono segnate dall’apatia. Reagan sconfisse Carter in mezzo alla più bassa affluenza alle urne in un’elezione presidenziale dal 1948. Solo il 52,4% degli elettori aventi diritto andò alle urne.
A Ronald Reagan viene attribuito il merito per la caduta dell’Unione Sovietica e del comunismo. Ma il colpo di Carter (aumentò la spesa per la difesa e fece dei diritti umani un pilastro fondamentale della politica estera americana) mise pressione ai sovietici dal punto di vista fiscale e morale, e Carter è stato accreditato per aver costretto l’URSS a intraprendere un percorso insostenibile prima che Reagan venisse eletto alla Casa Bianca nel 1980.
Lasciato l’Oval Office rivoluzionò il significato di essere un ex presidente. Ottenne il rilascio di prigionieri politici in tutto il mondo, risolse conflitti in zone di guerra, monitorò le elezioni nelle democrazie nascenti e contribuì a sradicare le malattie. Gli fu conferito il Premio Nobel per la Pace nel 2002. Scrisse o pubblicò più di 30 libri negli anni successivi alla sua presidenza, tra cui un romanzo (il primo di un presidente degli Stati Uniti), un libro di poesie, un libro per bambini, un libro sulla pesca e altre attività sportive all’aperto, due su come sfruttare al meglio gli anni della vecchiaia (uno dei quali co-scritto con Rosalynn), alcuni sul Medio Oriente, alcuni libri di storia personale incentrati su diversi periodi della sua vita e una manciata di libri sulle sue interpretazioni della religione.
Ha trascorso molti anni alla ricerca della pace e di migliorare l’assistenza sanitaria nei Paesi più poveri del mondo con Rosalynn sempre al suo fianco. In Medio Oriente divenne più ostinato nel suo sostegno a uno stato palestinese indipendente e nelle sue critiche esplicite a Israele di attuare l’apartheid, la segregazione razziale sulla minoranza araba. Era una presenza regolare in America Latina, convocò esperti di controllo degli armamenti presso il suo Carter Center di Atlanta e lanciò sforzi per sradicare le malattie in Africa. Nel 1986, si prefisse l’obiettivo di debellare la dolorosa e debilitante malattia chiamata “verme di Guinea” che affliggeva circa 3,5 milioni di persone. Nel 2015, ci furono solo 22 casi in Africa.
Fu una figura chiave in alcuni conflitti internazionali. Come osservatore internazionale a Panama si oppose alla legittimazione della vittoria di Manuel Noriega da lui accusato di aver fatto brogli elettorali che denunciò in una conferenza stampa di 45 minuti a Panama City. Nel 1994, Carter fu di nuovo una forza influente. Contribuì a impedire un’invasione statunitense di Haiti, scongiurò un conflitto con la Corea del Nord e contribuì a garantire un cessate il fuoco di quattro mesi nel sanguinoso conflitto nei Balcani tra serbi, croati e bosniaci. Ma negli ultimi due casi, Carter si alienò le simpatie di Bill Clinton, dopo che la CNN annunciò i dettagli dell’accordo senza che l’allora presidente fosse stato informato.
Di sicuro un presidente che ha lottato per migliorare la vita nel nostro pianeta, che ha sempre rispettato le regole e che ha fatto la differenza nella vita di milioni di persone. Ma è stato anche un presidente “sfortunato” confrontato da problemi e situazioni non create da lui.