Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu sarebbe in viaggio verso Il Cairo per la fase finale dei colloqui su un cessate il fuoco a Gaza e uno scambio di prigionieri, secondo quanto riportato da Reuters citando fonti vicine alle trattative.
Una parziale smentita è però arrivata poche ore dopo dal portavoce del premier, che ha specificato Netanyahu non si trova attualmente nella capitale egiziana, non negando tuttavia che possa essere in viaggio.
La circostanza che i colloqui siano in fase molto avanzata ha però trovato conferma anche da parte di Hamas, che ha dichiarato di aver partecipato a “discussioni serie e positive” con i mediatori qatarioti ed egiziani a Doha. “Un accordo per il cessate il fuoco e lo scambio di prigionieri è possibile se l’occupazione non impone nuove condizioni”, le parole di un portavoce della milizia islamista palestinese.
Nella capitale egiziana potrebbe approdare in concomitanza a Netanyahu anche il presidente dell’Autorità Palestinese, Mahmoud Abbas, che farà una breve sosta in Egitto prima della pianificata visita in Vaticano, come riportato dalla rete televisiva libanese Al-Mayadeen, affiliata al gruppo libanese filo-iraniano Hezbollah.
L’accordo in via di definizione prevede una pausa di 60 giorni nel conflitto nella Striscia e il rilascio degli ostaggi israeliani in cambio di un numero esponenzialmente superiore di prigionieri palestinesi e un aumento delle forniture umanitarie nell’enclave costiera, come anticipato dal Washington Post. Secondo il quotidiano capitolino, Hamas avrebbe rinunciato a uno dei suoi punti fermi – ossia il ritiro delle truppe israeliane dalla Striscia di Gaza, ma rimane fermo su un’altra condizione, ossia il ritorno dei palestinesi nel nord della Striscia di Gaza.
L’intesa potrebbe consentire la riapertura del valico di Rafah con l’Egitto, snodo cruciale per i palestinesi che vogliono uscire da Gaza e per gli operatori umanitari in ingresso nel territorio assediato. Il passaggio è chiuso da quando le truppe israeliane hanno invaso la frontiera meridionale a maggio. Adesso i mediatori starebbero valutando un ritorno all’accordo del 2005 che permetteva all’Autorità Palestinese di gestire il valico accanto agli osservatori dell’Unione Europea, saltato quando Hamas ha preso il controllo di Gaza nel 2007 e ha espulso le forze di Fatah.
“C’è un cambiamento evidente nell’opinione pubblica. Ora c’è una forte volontà di porre fine alla guerra a ogni costo”, ha dichiarato un membro del gruppo al Post.
Il ministro della Difesa israeliano, Israel Katz, ha dichiarato lunedì che l’accordo per lo scambio di prigionieri è più vicino che mai. A fargli eco un alto ufficiale di Hamas, intervistato dal quotidiano saudita Asharq Al-Awsat. “Siamo più vicini che mai a un accordo per lo scambio di prigionieri e un cessate il fuoco, a condizione che Netanyahu non ostacoli l’intesa”.
L’arrivo di “Bibi” nella capitale egiziana sembra suggerire che i tempi siano diventati maturi. Il premier dello Stato ebraico nelle scorse ore ha tra l’altro incassato l’approvazione di stretta misura del bilancio statale 2025. Con una maggioranza di 59-57, la Knesset ha infatti approvato il bilancio di austerità bellica nella sua prima di tre letture, nonostante il voto contrario del partito ultranazionalista Otzma Yehudit, guidato dal ministro della Sicurezza Itamar Ben-Gvir, che spinge il licenziamento del Procuratore Generale Gali Baharav-Miara e ha chiesto un’inchiesta indipendente sulla gestione da parte di Israele degli attacchi del 7 ottobre 2023.
Secondo la bozza di budget presentata da Netanyahu, nel 2025 la spesa totale israeliana sarà di 756 miliardi di shekel (210 miliardi di dollari), con un rapporto deficit/PIL al 4,4%. Il bilancio prevede tagli alla spesa e aumenti delle tasse per 37 miliardi di shekel (10 miliardi di dollari), necessari per tenere sotto controllo il deficit a causa dell’impennata dei costi di guerra (che il prossimo anno ammonteranno a 30 miliardi di dollari).