Paura, caos, e rabbia. Si può riassumere così una delle notti più lunghe nella storia recente della Corea del Sud. Poco prima della mezzanotte locale (mattinata newyorkese e primo pomeriggio italiano), il presidente Yoon Suk Yeol ha dichiarato a sorpresa la legge marziale ordinando all’esercito di impedire l’accesso al parlamento di Seul.
In un discorso televisivo, Yoon aveva accusato l’opposizione del Partito Democratico, che detiene la maggioranza in parlamento, di aver adottato comportamenti “manifestamente eversivi” volti a fomentare una ribellione con la complicità della Corea del Nord. Il capo di Stato aveva puntato il dito contro una mozione presentata dal partito per destituire alti procuratori e respingere la proposta di bilancio del governo, descrivendo le proposte come un tentativo di “destabilizzare la democrazia”.
Nel suo intervento, Yoon aveva definito il comportamento dell’opposizione come “una vergognosa azione filo-nordista” che richiedeva misure straordinarie per proteggere il Paese. “Il Parlamento si è trasformato in un mostro che mina la democrazia liberale. La nazione è in uno stato precario, sull’orlo del collasso,” aveva dichiarato.
Il decreto di legge marziale è stato tuttavia annullato dallo stesso parlamento in una sessione d’emergenza tenutasi poco dopo l’una di notte. Dopo aver superato la resistenza dei militari schierati a presidio dell’edificio, tutti i 190 membri presenti dell’Assemblea nazionale di Seul hanno infatti votato per vanificare il colpo di mano di Yoon – il quale è poi tornato anche lui sui suoi passi alle prime luci dell’alba.
Critiche al presidente erano arrivate dopotutto anche dal suo stesso partito. Poco prima del voto, Han Dong-hoon, leader del nazionalista Partito del Potere Popolare ed ex ministro della Giustizia di Yoon, aveva annunciato che il partito avrebbe fatto fronte comune con l’opposizione per bloccare la legge marziale, secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa Yonhap.
La saga però è ancora in divenire: mercoledì mattina i legislatori sudcoreani hanno di fatto intimato a Yoon di dimettersi o di subire una procedura di impeachment, che potrebbe essere messa ai voti già venerdì o sabato.
“È chiaro all’intera nazione che il Presidente Yoon non è più in grado di gestire il Paese in modo normale. Dovrebbe dimettersi”, ha dichiarato Park Chan-dae, parlamentare del Partito Democratico. Anche all’interno del Partito del Potere Popolare di Yoon ci sono state profonde divisioni, con molti che chiedono il licenziamento del ministro della Difesa Kim Yong-hyun e le dimissioni dell’intero gabinetto.
Per il momento, ad essersi dimessi sono stati quasi tutti i principali collaboratori di Yoon, tra cui il suo capo di gabinetto, e lo stesso presidente ha cancellato le sue apparizioni pubbliche programmate per la giornata, come riporta il Korea JoongAng Daily.
La crisi coreana è stata osservata con attenzione anche dall’altra parte del Pacifico. Il segretario di Stato USA Antony Blinken ha affermato che Washington “ha seguito da vicino gli sviluppi delle ultime 24 ore” e si aspetta che i disaccordi politici vengano “risolti pacificamente”, ribadendo peraltro che l’alleanza tra Stati Uniti e Corea del Sud si basa sui “principi condivisi della democrazia e dello stato di diritto”. In Corea del Sud sono attualmente di stanza circa 28.500 soldati americani, eredità della guerra di Corea del 1950-1953.
Ex procuratore, Yoon, ha vinto le elezioni presidenziali del 2022 con un margine risicatissimo, cavalcando un’ondata di malcontento che presto ha finito per coinvolgere anche lui – con un indice di gradimento intorno al 20% che per il suo partito si è tradotto in una batosta elettorale alle elezioni parlamentari dello scorso aprile.
Da quando la Corea del Sud è stata proclamata una repubblica, nel 1948, la legge marziale è stata proclamata più di una decina di volte. Il caso più eclatante risale al 1980, quando un gruppo di ufficiali militari costrinse l’allora presidente Choi Kyu-hah a proclamare la legge marziale per reprimere le richieste di ripristino di un governo democratico.