Sergio Mattarella si trattiene in Cina fino a martedì 12 novembre, accompagnato dal ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani; viaggio di Stato che assume un rilievo tutto particolare sulla scia dell’elezione alla Casa Bianca di Donald Trump. Qualunque tipo di politica l’amministrazione Trump farà verso Pechino, il gigante cinese ha interesse a mantenere un rapporto il più possibile flessibile anche con il partner europeo, però al centro del tavolo e del braccio di ferro c’è la questione dell’export dei veicoli elettrici cinesi.
Le auto made in China non piacciono in Usa (tanto più ora che Elon Musk con la sua Tesla ha le chiavi del cuore del presidente eletto), e neanche in Europa dove dal 1 novembre sono entrate in vigore le nuove tariffe doganali, + 45,3%, dopo un anno di indagini e molte polemiche: su 27 paesi, 12 astenuti, 10 a favore dell’aumento fra cui Italia, Polonia e Francia, e 5 contrari fra cui la Germania.
Secondo Reuters, il governo di Pechino ha istruito le sue aziende automobilistiche a bloccare gli investimenti nei paesi che hanno votato a favore delle nuove tariffe, le quali ovviamente significano per i consumatori europei l’impennata dei prezzi dei veicoli cinesi.
Sergio Mattarella, dopo la visita con il presidente Xi Jinping, oggi ha incontrato il premier cinese Li Qiang nella sala del Popolo a Pechino. “E’ un piacere incontrare il primo ministro e sviluppare l’amicizia, la stima e la collaborazione” tra Italia e Cina, rinnovate anche “nel colloquio con il Presidente Xi con il quale abbiamo parlato del rapporto intenso che lega Cina e Italia e della grande considerazione per l’azione del presidente” ha dichiarato il capo dello Stato.

(foto di Francesco Ammendola – Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica)
Mattarella, che ha poi deposto una corona al Monumento degli Eroi del Popolo, durante una cerimonia in cui ha risuonato l’inno italiano, assicura che “anche sul piano economico abbiamo visto una volontà di intensificare la collaborazione in maniera intensa”. Le cifre: “abbiamo un interscambio che nell’arco di sei anni, tra il 2106 e il 2022, si è sostanzialmente raddoppiato passando da 38 miliardi a quasi 74 miliardi. Con due osservazioni: la prima è che è ancora al di sotto del potenziale della collaborazione commerciale tra Cina e Italia e quindi” c’è “la volontà di ampliare il flusso commerciale e la collaborazione”. Poi il caveat: l’altra osservazione è “l’esigenza di un riequilibrio nello sviluppo dei rapporti commerciali tra importazioni ed esportazioni tra Cina e Italia”.
Da Roma insomma il capo dello Stato si fa portatore della carota e anche del bastone. La strategia riguarda tutta l’Unione, i cui rapporti con la Cina sono andati deteriorandosi anche per questioni geopolitiche, ovvero il sostegno de facto di Pechino all’aggressione russa dell’Ucraina. Inoltre il mercato cinese sta decelerando e aumentando l’autosufficienza, mentre l’Europa è sempre più dipendente dalla Cina, soprattutto in termini di tecnologia (essenziale per la digitalizzazione) e componenti per fonti di energia alternative.
La coesistenza con Pechino è dunque questione di equilibrio delicato: cooperazione per affrontare i problemi globali, incluso il cambiamento climatico (senza l’appoggio cinese nessuna soluzione ha senso) ma cercando di mettere dei paletti allo strapotere commerciale asiatico e alla dipendenza europea. Il presidente della Repubblica in Italia ha il ruolo di garante costituzionale, super partes in politica. Per questo la voce e le parole di Mattarella saranno soppesate dai leader cinesi: si tratta di una via stretta, ma la collaborazione è obbligata.