Rischia davvero il vicepremier italiano Matteo Salvini di finire in prigione per il caso Open Arms? Il 14 dicembre, a conclusione di un lungo processo di primo grado, la pubblica accusa a Palermo ha richiesto una pena di sei anni contro il leader della Lega, all’epoca dei fatti ministro dell’Interno.
PERCHÉ?
Il processo è per sequestro di persona ai danni di 147 migranti a bordo della nave umanitaria spagnola Open Arms. Era l’agosto del 2019: il ministro impedì per 19 giorni lo sbarco dei migranti, raccolti in alto mare dalla nave. Fu il più grave dei molti scontri che in quei mesi opposero Salvini e le navi umanitarie.
In estrema sintesi, la procuratrice aggiunta Marzia Sabella ha sostenuto che “tra i diritti umani e la protezione della sovranità dello Stato” i primi “devono prevalere” sui secondi, mentre Salvini, in un video di quasi 4 minuti trasmesso ovunque (anche dalla TV di Stato, la Rai, fra molte proteste) si proclama un perseguitato politico e continua a dichiarare di aver agito per difendere i confini nazionali.
CHE SUCCEDE ADESSO?
Il 18 ottobre sarà l’avvocata di Salvini, Giulia Bongiorno (senatrice della Lega ed ex collega di governo di Salvini) a pronunciare l’arringa difensiva. La sentenza dei giudici dovrebbe arrivare entro ottobre. Se condannato, Salvini potrebbe scegliere di fare appello ma la sua posizione politica diventerebbe più delicata.
TUTTE LE IMPLICAZIONI: LA DIFESA DI MELONI E LA POLEMICA POLITICA
Il governo di destra ha fatto quadrato attorno al vicepremier e la presidente del Consiglio Giorgia Meloni si è espressa con un post che ha fatto scalpore perché entra a gamba tesa nella vicenda. “È incredibile che un ministro della Repubblica italiana rischi 6 anni di carcere per aver svolto il proprio lavoro difendendo i confini della nazione, così come richiesto dal mandato ricevuto dai cittadini. Trasformare in un crimine il dovere di proteggere i confini italiani dall’immigrazione illegale è un precedente gravissimo. La mia totale solidarietà al ministro Salvini”. L’opposizione – la leader del PD Elly Schlein in testa – ha buon gioco a definirle parole “inopportune”, poco istituzionali e poco rispettose della separazione dei poteri. Ma il fatto è che Meloni parla al suo elettorato, e dietro la vicenda Salvini c’è la sua intera politica sull’immigrazione in gioco.
TUTTE LE IMPLICAZIONI: IL VIDEO DI SALVINI E LA LEGA SCENDE IN PIAZZA
Matteo Salvini ha seguito personalmente in aula il processo in questi mesi, prima di ogni udienza postando su X monologhi in cui ribatteva la sua posizione a ruota libera. Il suo video dopo la requisitoria è stato ritrasmesso ovunque (appunto, anche dalla tv di Stato sul canale RaiNews, con protesta ufficiale della redazione): parla su luttuoso sfondo nero, per diffondere il messaggio: ha difeso la Patria. Di chi la colpa? Della sinistra “che ha deciso in Parlamento che difendere i confini è reato”. A bordo del resto c’erano dei “clandestini”.
Non basta: Salvini ha anche aggiunto due capitoli al suo libro ‘Controvento’ (pubblicato per Piemme da Mondadori Libri ad aprile), evidentemente pronti nel cassetto: 13 pagine per raccontare “cosa successe nell’estate 2019″ e”le tante opacità nella condotta delle ong” che pattugliano il Mediterraneo.
Nel frattempo la Lega prepara il contrattacco con manifestazioni di piazza e una grande mobilitazione per il 18 ottobre a Palermo a fare il tifo davanti al tribunale il giorno dell’arringa della difesa.
Messaggi di solidarietà anche da altri ministri pesanti. “Piena e totale solidarietà al ministro Salvini. Il rischio a una condanna a sei anni di carcere, per aver fatto fino in fondo il suo dovere nel contrasto all’immigrazione irregolare, è una evidente e macroscopica stortura e un’ingiustizia per lui e per il nostro Paese”, ha dichiarato il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi. Uno due: anche il ministro della Giustizia critica l’azione dei suoi magistrati, Carlo Nordio esprime “la mia piena ed affettuosa solidarietà al collega Salvini per quanto riguarda il processo. La sua origine e le sue caratteristiche mi riportano ai tanti articoli che ho scritto in merito prima di diventare ministro”.
TUTTE LE IMPLICAZIONI: LA DIFESA DI ELON MUSK
Il caso riverbera all’estero: fino agli Stati Uniti, dove il miliardario Elon Musk sul suo X si lancia a difesa del leghista. Per Musk, che apprende la notizia grazie al tweet di un utente, “quel procuratore pazzo dovrebbe andare in prigione per 6 anni”. Senza sorprese: Musk approva la linea dura contro i migranti di Donald Trump, il suo candidato alla Casa Bianca – Il magnate da tempo ha assunto posizioni nette in materia di immigrazione.
COSA SUCCEDE NEL MEDITERRANEO
Sono oltre 40.000 – secondo stime – le persone morte annegate nel mar Mediterraneo dal 2000 cercando di raggiungere la “fortezza Europa”. Dal 2015 non esistono più missioni europee in mare, e i media parlano dei naufragi a voce bassa, salvo che i cadaveri non arrivino a riva a portata di telecamere come a Cutro in Calabria a inizio 2023.
Una manciata di navi di varie ong – per esempio la Open Arms, la Geo Barents di Medici senza frontiere – finanziate da privati, pattugliano il mare e vengono accusate di agire da “pull factor”, ovvero gli scafisti metterebbero le barche in mare sapendo che poi i migranti verranno raccolti.
In realtà, le navi delle ong raccolgono una frazione delle persone salvate in mare; l’ampia maggioranza viene raccolta da navi commerciali che in caso di SOS si recano sul posto, seguendo la legge del mare (o, se in acque italiane, dalla guardia costiera). Ma le navi delle ong danno fastidio perché lo fanno in maniera molto pubblica, comunicando coi giornalisti e inviando video e foto dei salvataggi, sostenendo la necessità di una politica diversa verso i migranti – peraltro propugnata anche da Papa Francesco.
IN FILIGRANA: LA POLITICA SULLA MIGRAZIONE
Nessun governo occidentale, nemmeno fra quelli più di sinistra, sostiene, oggi, che sia necessario accogliere i migranti e lavorare per la loro integrazione più che bloccarli. L’amministrazione Biden a Washington, quella di Pedro Sanchez a Madrid, quella di Keir Starmer a Londra, così come i governi passati di centrosinistra in Italia, tutti sostengono e sostenevano la necessità di tenere i migranti fuori dai confini. Qualche differenza però c’è. I governi di destra e centrodestra sono anche più pronti a usare i migranti come arma di propaganda politica, facendo leva sulle paure dei compatrioti (per esempio suggerendo che mangino cani e gatti, come succede a Springfield secondo quanto ha detto Donald Trump nel dibattito tv con Kamala Harris; o in genere che trasmettano malattie, o che il loro ingresso travolgerà la cultura locale, che sia per la religione, il cibo, le tradizioni…) I governi di destra sono anche più disponibili a sfidare le leggi internazionali e il dovere di assistere i rifugiati, magari inviando i migranti ad aspettare l’esito delle richieste d’asilo in paesi terzi.
Il governo Meloni ha decretato una guerra – più sottile di quella di Salvini nel 2019 ma sempre aperta – alle navi umanitarie, che devono evitare le missioni multiple nel Mediterraneo, e spesso vengono inviate in porti verso nord allungando la navigazione. Il vero problema dei morti in mare, ha detto Meloni più volte – posizione ricalcata da tanti capi degli esecutivi europei – non è che ci siano dei disperati pronti alla morte pur di arrivare in Occidente, o pur di sfuggire ai “campi” in Nord Africa o in Turchia. Il vero problema sarebbe invece l’esistenza degli “scafisti” cioè i comandanti delle navi che affondano (ma i veri responsabili dei traffici che estorcono migliaia di euro ai migranti non si mettono di persona sulle carrette del mare).
La questione in Italia riguarda in genere l’esistenza di una popolazione multiculturale. Giornalisti e politici adorano le locuzioni latine: si parla così di Ius Soli – cioè la cittadinanza acquisita con la nascita, come avviene in Usa) e Ius Sanguinis – è cittadino non chi nasce in Italia ma chi ha genitori italiani, questa la legge vigente in Italia. Ed è risorta anche questa estate la possibilità dello Ius Scholae: dare la nazionalità anche ai minorenni che abbiano completato un ciclo scolastico. Di nuovo naufragata, troppo sensibile il tema. Gli “italiani” di seconda generazione, magari nati e cresciuti qui, continuano a dover aspettare i diciott’anni: quando possono, se non ci sono intoppi burocratici, chiedere di diventare cittadini. Se gli intoppi ci sono, niente concorsi pubblici, e magari niente viaggi in zona Schengen: c’è chi aspetta da molti anni, non tutti sono uguali davanti alla legge.