Il governo israeliano continua ad allargare il fronte di guerra ai paesi circostanti, ufficialmente a scopo difensivo.
Nella notte fra domenica e lunedì una serie di bombardamenti hanno colpito la Siria uccidendo fra le 18 e le 25 persone (il bilancio varia dai media siriani all’Osservatorio Siriano per i diritti umani, organizzazione basata nel Regno Unito). Obbiettivo principale sarebbe stato un centro di ricerca militare a Masyaf, associazione con il programma siriano di missili chimici e balistici , ma ci sono state esplosioni anche a Damasco, a Hams, a Tartus. Per l’Iran, alleato del regime siriano, è un attacco “criminale”.
Secondo quanto riferisce il ministero della Sanità di Hamas, sono almeno 20 i palestinesi morti negli attacchi israeliani sulla Striscia di Gaza oggi, lunedì, portando il totale dei morti palestinesi dal 7 ottobre a quasi 41mila.
La politica internazionale continua a temere un allargamento del conflitto a tutta la regione. Mentre il governo Netanyahu insiste che nessun cessate il fuoco a Gaza è possibile finché i dirigenti di Hamas sono attivi, così come nessun accordo per il rilascio degli ostaggi israeliani, i segnali passati e presenti si intensificano. L’ex leader politico di Hamas, Ismail Haniyeh, è stato ucciso a fine luglio a Teheran, nel cuore dell’Iran. La situazione al confine con il Libano a nord di Israele resta incendiaria, e Benny Gantz, ex ministro della Difesa israeliano e leader del partito di centrodestra Unità nazionale, avrebbe detto nel corso di una conferenza a Washington che Israele deve spostare i suoi obbiettivi verso Hezbollah e il sud del Libano. “Hamas è una vecchia storia” avrebbe detto Gantz, “mentre la storia dell’Iran, dei suoi alleati e di quello che cercano di fare in tutta l’area è il vero problema”.
Anche l’alleato a est, la Giordania, è in crisi a fronte dei rapporti con Israele. La popolazione del regno hashemita, per metà composta di discendenti di profughi palestinesi, assiste con rabbia agli eventi nella Striscia di Gaza ma l’ordine ufficiale, anche alla stampa, è di sedare gli animi. Eventuali manifestazioni di protesta sono state disperse rapidamente in questi mesi dalle forze di sicurezza.
Domenica però, al confine fra Israele e Giordania sono morti tre israeliani al cosiddetto valico di Allenby. L’attentatore che ha sparato è arrivato, su un camion, dal lato giordano del confine. I due paesi hanno aperto una inchiesta congiunta sui fatti ma la domanda, che preoccupa re Abdullah II di Giordania quanto Israele, è se si sia trattato di un episodio isolato o se ci sia dietro una organizzazione, e quale.
La cooperazione di intelligence fra i due paesi funziona ancora ma i rapporti sono gravemente incrinati dalla guerra a Gaza. Non ci sono comunicazioni dirette fra Netanyahu e il sovrano hashemita, anche se Tel Aviv ha autorizzato da mesi Amman al lancio di aiuti umanitari nella Striscia. Da un lato Abdullah ha condannato e condanna l’offensiva israeliana, dall’altro continua a comprare gas da Israele e in aprile la Giordania ha giocato un ruolo decisivo nell’aiutare lo Stato ebraico a bloccare l’offensiva dei droni iraniani – a loro volta rappresaglia per un altro assalto israeliano che aveva ucciso leader iraniani nel paese degli ayatollah.
Il lavoro della diplomazia però ha bloccato per ora la rappresaglia iraniana dopo l’assassinio di Haniyeh, mentre l’alto commissario Onu per i diritti umani, Volker Turk, per l’ennesima volta condanna l’offensiva a Gaza e accusa Israele di “palese disprezzo” delle leggi internazionali nei territori occupati palestinesi, inclusa la Cisgiordania dove lo Stato ebraico continua le incursioni contro presunti bersagli di lotta armata.
Ma il fronte interno israeliano non è affatto tranquillo. Le famiglie degli ostaggi ancora nelle mani di Hamas, e di quelli ritrovati morti la settimana scorsa, continuano ad accusare il premier e un’altra gigantesca manifestazione a Tel Aviv si è tenuta la sera di venerdì 6 settembre. Secondo il governo israeliano, gli ostaggi ancora nelle mani di Hamas dall’efferato attacco in terra israeliana del 7 ottobre scorso sono 97, fra cui almeno 33 confermati morti.
Il corpo di Ori, figlio di Elhanan Danino, è stato riportato in Israele la settimana scorsa. In una visita di Benjamin Netanyahu e della moglie Sara alla famiglia Danino, lo scambio fra il premier e il padre è stato acceso. Secondo la registrazione trasmessa dalla radio Kan, Elhanan ha detto “smetta queste sciocchezze, smetta di incitare al conflitto… questo disastro è colpa delle divisioni. Non so se ci fosse un accordo (con Hamas, ndr), ma mi scusi, è successo tutto mentre lei era al governo. Mio figlio è morto in un tunel costruito mentre lei era al governo. Lei è stato al potere molti anni, il cemento e i soldi sono entrati mentre lei era al governo”.
Oggi, lunedì, una israeliana è stata incriminata per aver tirato una palla di fango contro il ministro per la Sicurezza Nazionale, l’estremista Itamar Ben-Gvir, venerdì scorso su una spiaggia di Tel Aviv. Ben-Gvir è stato colpito alle spalle e alla testa. La donna ha 27 anni e si chiama Noa Goldenberg, sarà processata per assalto e pubblico ufficiale e resistenza a pubblico ufficiale, reati che comportano ciascuno una condanna al massimo di tre anni in carcere.