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June 29, 2024
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Giorgia Meloni strepita ma gioca male la partita dei “top jobs” in UE

Invece di elaborare una strategia, ha agito da capo partito rivolta al suo elettorato

Antonio CarluccibyAntonio Carlucci

Italian Prime Minister Giorgia Meloni gestures during a report to the Chamber of Deputies, lower house of the Italian parliament, ahead of the EU summit, in Rome, Italy, EPA/RICCARDO ANTIMIANI

Time: 3 mins read

Giorgia Meloni ha perso il primo round del rinnovo di tutte le cariche nell’Unione Europea perché al consiglio dei capi di stato e di governo ha indossato gli abiti di capo partito e non di leader del governo dell’Italia. Ha sacrificato le poche carte sicure che poteva giocare, per affermare la sua identità di destra e di leader del partito che ha avuto il miglior risultato in Italia alle elezione europee (28,9 per cento), dimenticando però che quei numeri in Europa diventano briciole.

Così quando si è accorta di essere finita nella trappola dell’accordo tra il presidente francese Emmanuel Macron e il premier tedesco Olaf Scholz, ha cercato di mantenere aperta una piccola porta votando no ai nomi proposti per il ruolo di Presidente del Consiglio Europeo (il portoghese Antonio Costa) e per il responsabile della politica estera Ue (la estone Kaja Kallas), e poi astenendosi sulla proposta di dare un secondo mandato a Ursula von der Leyen alla guida della Commissione. Basterà questo a farla rientrare nei giochi al momento del voto parlamentare, dove c’è l’incognita dei franchi tiratori (il voto di conferma è a scrutinio segreto)?

Che Meloni avesse impostato male la partita europea è stato chiaro quando ha cominciato a strillare che all’Italia andava dato il giusto peso in Europa, e ha chiesto più poltrone a cominciare da un vice presidente esecutivo della Commissione con una delega economica. Aspirazione anche possibile, oltre che legittima, per un paese che è tra i fondatori della Ue. Poi però, quando si guarda alla realtà dei rapporti politici, ci si chiede come si può avanzare una simile richiesta quando solo pochi mesi fa il governo italiano ha rifiutato – unico in Europa – di ratificare il Mes (meccanismo di stabilità, ovvero quella serie di regole che attengono alla finanza pubblica di ogni membro). Ma come, reclami la vice presidenza esecutiva con delega economica e sei contro il Mes?

Questa è la sindrome che accompagna la presidente del consiglio italiano da sempre. È il suo mantra che la guida: è il grido “Io sono Giorgia” che può essere un punto di forza nelle attività di partito e nelle campagne elettorali, nelle promesse gridate nei comizi (e mai mantenute), ma quando sei un capo di governo e ti devi confrontare con i tuoi omologhi europei, la forza del partito importa poco rispetto ai numeri del continente.

E poi, come ha fatto a ignorare (e dunque a non preparare una giusta strategia) come si muovevano gli amici-rivali francesi tedeschi e polacchi? Il francese Macron sta giocando una partita vivo o morto con le elezioni anticipate, decise dopo la batosta europea, sperando di fermare la marea nera di Marine Le Pen. Il tedesco Olaf Scholz vede traballare la sua poltrona di premier, e tutto può fare tranne che andare incontro ai desideri della leader della destra italiana la quale ha sempre detto “con i socialisti mai”. E il polacco Donald Tusk non solo ha giocato per essere sempre più visibile in Europa, ma soprattutto deve evitare che il partito di destra che in patria ha sconfitto alle elezioni possa saldarsi con le altre destre europee creandogli problemi in casa. Era dunque chiaro da subito che fare il capo partito al Consiglio europeo avrebbe reso davvero poco in termini di risultati.

Riuscirà a questo punto Giorgia Meloni a raddrizzare la partita nelle prossime settimane? Purtroppo alla Presidente del consiglio restano poche carte. Certo un commissario italiano ci sarà nel prossimo governo europeo, ma con che peso e con quale incarico sarà tutto da vedere. E probabilmente Giorgia Meloni porterà a casa qualcosa soltanto attraverso accordi sottobanco o voti segreti a favore di chi ha osteggiato apertamente. Ma a Roma potrà continuare a fare quello che sembra davvero piacerle di più: la leader di partito, che si lamenta di essere stata esclusa dai caminetti dei potenti, proprio lei ha vinto le elezioni in Italia.

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Antonio Carlucci

Antonio Carlucci

Giornalista prima a Paese Sera, poi a Panorama, infine a L’Espresso, dove per 10 anni è stato il corrispondente da New York. Ha scritto reportage da tutti e cinque i continenti

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