Connors è stato il primo nel 1974. Poi è toccato a Borg, Wilander, Edberg, Sampras, Djokovic e infine Murray nel 2016. Sette super campioni. Fino a oggi, quando alla lista si è aggiunto Sinner che mettendosi in tasca il torneo di Halle — categoria 500, che vuol dire appena due gradini sotto uno Slam, e un albo d’oro che luccica di nomi illustri — è diventato l’ottavo giocatore a vincere un trofeo alla prima uscita da leader della classifica mondiale.
Se non è un’impresa le somiglia molto. Tanto per dire: Lendl, Courier, Agassi, Ferrero, Federer, Nadal e Alcaraz ci hanno provato senza riuscire. Perché quel numero uno sulle spalle pesa tonnellate, perché rappresenta il mantello della visibilità universale e perché tutti quelli che affronti vogliono entrare almeno per un momento nella storia del tennis e raccontare un giorno ai nipoti: sai, quella volta ho castigato il più forte giocatore al mondo.
Jannik a neppure 23 anni ha dimostrato, se ce n’era ancora bisogno, di esser fatto di granito. “Il suo colpo migliore è la testa”, dice chi lo segue ogni giorno da vicinissimo. L’aspetto psicologico nel tennis supersonico di oggi è dominante, è l’arma in più che rende diverso un grande giocatore dal fuoriclasse. Prendiamo la finale tedesca di Halle: il nostro ragazzo ha superato l’amico-rivale Ubi Hurkacz, battitore da fantascienza, proprio sul suo terreno abituale di conquista. Ha messo uno sull’altro due tie break ineccepibili, portati a casa grazie alla lucidità e la tenacia che forse nel circuito nessun altro possiede in egual misura.
È giusto a questo punto mettere sul tavolo altri due semplici numeri che danno il senso di quel che Pel di carota sta combinando. Sinner ha vinto il suo torneo numero quattordici in carriera, il quarto dallo scorso gennaio. Ed è stata la sua prima volta sull’erba, risultato che fa il paio con la semifinale raggiunta l’anno scorso a Wimbledon. Vale a dire The Championships, il tempio dei gesti bianchi vietato agli italiani — una finale di Matteo Berrettini, una semifinale di Nicola Pietrangeli, un quarto di finale di Adriano Panatta ma zero titoli — dove il primo luglio si presenterà con tanta fiducia nello zainetto e l’etichetta di favorito, e questo è già un primato.
Intendiamoci: sarà difficilissimo vincere. Oggi non esiste la specializzazione, non c’è più la divisione tra erbivori e ratti del fango (copyright di Andre Agassi: l’espressione è riferita ai terraioli del mattone tritato). Chiunque può battere chiunque ovunque, il tennis si è livellato in alto ed è diventato un gioco al massacro tra cambi d’aereo, alternanza di superfici e raffiche di infortuni. Ma se i record sono fatti per essere battuti, Jannik è fatto per batterli. Grazie a quell’etica del sacrificio, dell’allenamento e della disciplina che l’accompagnano e lo distinguono senza spegnerne il sorriso. Doti uniche accanto alle stimmate del predestinato che sono apparse fin da bambino mentre sciava sulle montagne della Val Pusteria: il suo destino era però decisamente un altro sport, fortuna che se ne sia accorto per tempo prendendo una strada differente.
Asso in campo, Sinner è stato bravissimo nei ringraziamenti post partita, recitati anche in tedesco (la sua seconda lingua), che regalano l’ennesimo spaccato di vita non banale. Per esempio le frasi per il padre Hanspeter in tribuna, arrivato dal vicino Alto Adige — abbandonando la cucina del rifugio che gestisce con mamma Siglinde — per stare almeno qualche ora accanto al figliolo globetrotter, che a casa non si vede mai e non certo per sua colpa. “Mio papà mi ha sempre detto di lavorare, sia quando le cose vanno bene sia quando vanno male. Non c’è un segreto, lui e mia madre mi hanno dato questa mentalità”.
Capito? E poi, sorpresa sorpresa, il pensiero rivolto “alla mia ragazza Anna, che ha perso poco fa la finale di Berlino malgrado sei match point a favore, ma che comunque ha avuto una settimana fantastica”. A beneficio dei pochi non informati va spiegato che Anna è la signorina Kalinskaya, tennista russa numero 24 del ranking, segni particolari bellissima ed elegantissima, da qualche mese ufficialmente la fidanzata di Jannik. Per uno come lui straordinariamente attento alla privacy, alieno dai social, la dichiarazione pubblica è l’inedita dichiarazione d’amore di un ragazzo speciale che sa essere normale.
Resta però una domanda senza risposta: come faceva a conoscere tutto nei minimi particolari, se i due incontri si sono svolti in assoluta contemporanea? Mistero. Di fronte a Sinner e alla sua racchetta magica, il maghetto Harry Potter è un dilettante.