Si aprirà il prossimo 26 giugno davanti al tribunale regionale di Sverdlovsk il processo penale a carico di Evan Gershkovich, inviato statunitense del Wall Street Journal detenuto da oltre un anno in Russia per presunto spionaggio. L’annuncio è arrivato lunedì ad opera della stessa corte che sovraintende il procedimento. Con una precisazione: tutte le udienze si terranno a porte chiuse.
Gershkovich, 32 anni, è stato arrestato nel marzo 2023 nella città uralica mentre raccoglieva materiale per un’inchiesta giornalistica. Da allora è rinchiuso nel carcere di Lefortovo, tradizionalmente riservato ai prigionieri politici e fino al recente passato sinonimo di purghe contro i dissidenti dei vari regimi moscoviti: dallo scrittore Alexander Solzhenitsyn, che vi passò una sola notte, al matematico ebreo Natan Sharansky. In tempi più recenti la struttura ha invece “accolto” l’ex marine americano Paul Whelan, poi trasferito in una colonia penale in Mordovia nel 2020.
Dopo quasi quindici mesi di detenzione preventiva, la scorsa settimana la procura generale russa ha finalmente formalizzato le accuse contro il reporter statunitense: per conto della CIA avrebbe “meticolosamente” raccolto informazioni segrete riguardanti il produttore di carri armati Uralvagonzavod nella regione di Sverdlovsk, dove è stato arrestato “in flagrante” dai servizi di sicurezza russi (FSB) mentre cenava in un ristorante nel centro di Ekaterinburg.
L’azienda su cui aveva messo gli occhi Gershkovich fa parte del conglomerato militare russo Rostec, il cui il direttore generale, Sergej Chemezov, è un fedelissimo di Putin fin dagli anni ’80 (i due si sono conosciuti nel KGB, quando erano entrambi agenti sotto copertura nella Germania dell’Est).
Gershkovich diventa così il primo giornalista straniero a essere accusato di spionaggio in Russia dalla fine della Guerra Fredda. Nato in New Jersey da una coppia di immigrati sovietici (Mikhail ed Ella), il 32enne si era trasferito a Mosca alla fine del 2017 collaborando con il quotidiano online in lingua inglese Moscow Times e in seguito per l’Agence France-Presse (AFP).
Il Dipartimento di Stato di Washington ha definito le accuse “prive di credibilità”, mentre il Wall Street Journal ha denunciato quello che suo avviso si preannuncia un “processo farsa“. Qualche dubbio pare effettivamente esserci: oltre alla decisione di tenere le udienze a porte chiuse, colpisce anche la scelta di assegnare il caso ad Andrej Mineev, magistrato-Dracone che nel 2021 si vantava di aver emesso solo quattro assoluzioni in oltre dieci anni di carriera.
Se condannato, Gershkovich rischia fino a 20 anni di prigione. Non è detto che li sconti tutti: l’ipotesi di Washington è che il Cremlino arresti sistematicamente cittadini statunitensi come pedine di scambio per rimpatriare criminali russi detenuti in Occidente. Dopotutto da mesi le autorità russe, compreso il presidente Vladimir Putin, segnalano un’apertura a uno scambio che riguardi Gershkovich – ma solo dopo che verrà emesso un verdetto nel suo caso. Grossomodo lo stesso modus operandi che ha portato alla liberazione della cestista Brittney Griner, scambiata nel 2022 con il trafficante d’armi Viktor But pochi mesi dopo la condanna della giovane texana a 9 anni per possesso di stupefacenti (all’aeroporto di Mosca le avevano trovato in valigia poco meno di un grammo di olio di cannabis).
Anche per il giornalista del Journal è pronta una potenziale contropartita: si tratta dell’agente russo Vadim Krasikov, condannato all’ergastolo nel 2019 per il brutale assassinio di Zelimkhan “Tornike” Khangoshvili, ex leader paramilitare anti-russo in Georgia e Cecenia e informatore dell’intelligence di Berlino.
Gershkovich non è il solo cittadino americano detenuto in Russia. La scure della giustizia russa continua tutt’ora ad abbattersi su Paul Whelan, veterano dei Marine accusato di spionaggio; Alsu Kurmasheva, collaboratrice di Radio Free Europe/Radio Liberty, che avrebbe operato come “agente straniera” senza registrarsi, e Marc Fogel, insegnante d’inglese alla Anglo-American School di Mosca, condannato a 14 anni di colonia penale per traffico di droga. La scorsa settimana un tribunale russo ha inoltre condannato un cittadino russo-americano, Yuri Malev, a tre anni e mezzo di detenzione dopo alcuni commenti critici sulla gestione russa della guerra in Ucraina pubblicati sui social.