Si conclude con un appello a “preservare l’integrità territoriale ucraina” la due-giorni di Bürgenstock, l’esclusivo resort svizzero con vista sul lago di Lucerna dove 91 Stati – la maggioranza dei quali diplomaticamente vicini a Kyiv – e otto organizzazioni internazionali hanno cercato di tracciare un percorso verso la pace dopo oltre due anni di guerra in Est Europa.
La dichiarazione conclusiva si è focalizzata su tre temi cruciali: minaccia nucleare, sicurezza alimentare, e scambio dei prigionieri di guerra.
Il documento ribadisce che le pietre angolari di qualsiasi tregua “giusta e duratura” debbano essere la Carta delle Nazioni Unite e il rispetto dell’integrità territoriale e della sovranità del Paese aggredito da Mosca lo scorso 24 febbraio 2022.
“La guerra in corso della Federazione Russa contro l’Ucraina continua a causare sofferenze e distruzioni umane su larga scala, e a creare rischi e crisi con ripercussioni globali”, si legge in una bozza consegnata alla stampa. “Abbiamo avuto uno scambio proficuo, completo e costruttivo di vari punti di vista sui percorsi verso un quadro per una pace globale, giusta e duratura, basata sul diritto internazionale, compresa la Carta delle Nazioni Unite”, continua il comunicato.
Tra i punti salienti del documento c’è innanzitutto la definizione dell’invasione russa: trattasi secondo i firmatari di “guerra” – e non di “operazione speciale”, come preferisce definirla Mosca. Viene inoltre chiesto inoltre il ripristino della sovranità di Kyiv sulla centrale nucleare di Zaporizhzhia e sui porti ucraini sul Mar Nero e sul Mar d’Azov (compresi quelli di Mariupol’ e Odessa).
La dichiarazione sottolinea la “inammissibilità” di qualsiasi minaccia o uso di armi nucleari nel presente contesto bellico, così come degli attacchi contro navi mercantili e porti civili. Viene quindi richiesta la liberazione di tutti i prigionieri di guerra e una “attiva partecipazione di tutte le parti al dialogo“.
Nella dichiarazione si chiede infine il ritorno in patria di tutti i bambini ucraini “deportati e sfollati illegalmente” da Mosca. Il Governo di Kyiv sostiene che 19.546 minori siano stati trasferiti con la forza in Russia dall’inizio del 2022 – come peraltro parzialmente confermato dalla Commissaria per i diritti dei bambini del Cremlino, Maria Lvova-Belova. Per questo motivo lo scorso anno Lvova-Belova e Putin sono stati raggiunti da un mandato di arresto della Corte penale internazionale in quanto presunti criminali di guerra.
Rimangono invece inevase le questioni più sensibili, dall’assetto post-bellico per l’Ucraina – inclusa la possibile adesione di Kyiv alla NATO – al futuro dei territori occupati dai russi, in primis Donbass e Crimea.
Secondo gli sherpa si tratterebbe di una precisa scelta del presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Il leader ucraino si auspicava una dichiarazione unanime che cristallizzasse il supporto internazionale dietro Kyiv. Così non è stato: a sottoscrivere il documento sono state infatti 80 nazioni e quattro istituzioni UE. Tante, ma non tutte. Non pervenuta la firma della Russia – assente al vertice svizzero in quanto non invitata – ma anche quelle di India, Brasile (che ha partecipato da osservatore), Sudafrica, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Thailandia, Indonesia, Messico, Armenia, Libia, Bahrain, e Colombia, che pur essendo presenti si sono defilate all’ultimo.
La Cina, alleata della Russia, ha deciso di non inviare alcun delegato a causa del mancato invito di Mosca, spingendo invece per la propria proposta di pace in 12 punti.

Il timore che il summit potesse risolversi in una inefficace camera d’eco delle richieste ucraine emerge anche dalle parole di Jake Sullivan, consigliere per la sicurezza nazionale USA. “Sarà necessario un impegno costante e la partecipazione di voci diverse, non solo dagli Stati Uniti o dall’Europa, per condannare le azioni della Russia e lavorare per il loro annullamento,” ha dichiarato Sullivan ai giornalisti.
Più ottimista il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba, secondo cui la conferenza ha fatto registrare progressi significativi. “Siamo sulla strada giusta”, ha dichiarato il capo-diplomatico di Kyiv. “Il testo è equilibrato, tutte le posizioni di principio su cui l’Ucraina aveva insistito sono state prese in considerazione”, ha aggiunto. “Comprendiamo perfettamente che arriverà un momento in cui sarà necessario parlare con la Russia (…) ma la nostra posizione è molto chiara: non permetteremo alla Russia di parlare con il linguaggio degli ultimatum come sta facendo ora”.
Anche Zelensky ha salutato i “primi passi verso la pace” compiuti durante l’incontro e ha affermato che il comunicato rimane “aperto all’adesione di tutti coloro che rispettano la Carta delle Nazioni Unite”. Il presidente ucraino ha dichiarato che dopo il summit saranno istituiti gruppi speciali con il compiuto di mettere nero su bianco “idee, proposte e sviluppi specifici che possano ripristinare la sicurezza in vari aspetti”, in vista di un secondo vertice da tenersi prossimamente, forse in Arabia Saudita.
Nelle scorse ore, il Cremlino ha presentato le sue condizioni per mettere fine al conflitto: ritiro completo delle truppe ucraine dalle regioni orientali di Donetsk, Luhansk, Cherson e Zaporizhzhia, in aggiunta all’impegno di Kyiv a non entrare nella NATO. Uno schema immediatamente bollato come “propaganda” tanto dall’Occidente quanto dalla leadership ucraina, che l’hanno rispedito al mittente.
Sprezzante il commento a caldo di Dmitrij Medvedev, ex presidente russo e attuale vicepresidente del Consiglio di Sicurezza di Mosca. “Nessuno dei partecipanti al ‘forum di pace’ sa cosa stia facendo lì e quale sia il suo ruolo”, ha commentato domenica il “falco” e fedelissimo di Putin.