I dazi non saranno tutti uguali: SAIC, proprietaria di MG, dovrà fare i conti con la tariffa più alta (38,1%), mentre Geely, che possiede una partecipazione in Volvo, si limiterà a dover sborsare il 20%. BYD, con i suoi modelli Dolphin e Seal lanciati nell’UE l’anno scorso, avrà invece un onere del 17,4%.
I produttori che hanno cooperato con gli investigatori UE in 9 lunghi mesi di indagine saranno “graziati” con una tariffa forfettaria del 21%. Quelli che si sono rifiutati di farlo dovranno invece pagare il 38,1%. I dazi, beninteso, si aggiungono all’attuale imposizione erga omnes del 10% sulle auto importate nel mercato unico, portando i costi complessivi di importazione dei veicoli elettrici cinesi fino al 48%.
Le misure entreranno in vigore il 4 luglio. Tuttavia, le aziende cinesi hanno tempo fino a quella data per contestare i dati alla Commissione UE e potenzialmente far scendere la propria percentuale.
Secondo l’UE, il sostegno statale cinese copre ogni fase del processo di produzione dei veicoli elettrici, dall’estrazione del litio utilizzato nelle batterie fino alla spedizione delle auto ai porti di Rotterdam e Zeebrugge. L’inchiesta ha scoperto terreni concessi a prezzi irrisori o persino gratis alle fabbriche automobilistiche, sussidi specifici con fornitura di litio e batterie sotto i prezzi di mercato, esenzioni fiscali per il settore delle batterie e una serie di vantaggi finanziari come obbligazioni verdi emesse a tassi inferiori rispetto a quelli disponibili sui mercati internazionali e tassi di rifinanziamento preferenziali.
Nel 2023 la Cina ha rappresentato un quarto del mercato automobilistico dell’UE (25%), un aumento del 540% rispetto al 3,9% del 20222. L’UE è sicura che dietro il boom dell’elettrico cinese ci siano proprio i sussidi pubblici di Pechino, che oltre a provocare uno squilibrio competitivo starebbero rallentando la transizione dell’UE dai motori a combustione interna (ICE) ai veicoli elettrici (BEV) prevista entro il 2035, costringendo i produttori europei ad abbassare prezzi e investimenti.
La reazione dalla Cina non si è fatta attendere. Un portavoce del ministero degli Esteri cinese, Lin Jian, ha definito l’indagine dell’UE un “tipico caso di protezionismo” e ha affermato che le tariffe danneggeranno la cooperazione economica tra Cina e UE e la stabilità delle filiere produttive automobilistiche a livello globale. Pechino ha inoltre promesso di adottare tutte le misure necessarie per “difendere fermamente” i propri diritti e interessi.
A ribellarsi alla mossa di Bruxelles anche diversi giganti dell’automotive europei. Tedesche in primis, in virtù di numerosi accordi di collaborazione tra aziende di Berlino e partner cinesi nel settore. Il ministro dei Trasporti tedesco, Volker Wissing, ha affermato che “i dazi punitivi della Commissione Europea colpiscono le aziende tedesche e i loro prodotti di punta”.
Volkswagen, alleata della cinese SAIC, ha dichiarato che “gli effetti negativi di questa decisione superano i potenziali benefici per l’industria automobilistica europea e soprattutto tedesca”, mentre il CEO di Mercedes-Benz, Ola Källenius, ha aggiunto che “ciò di cui non abbiamo bisogno, come nazione esportatrice, sono barriere commerciali crescenti”.
La svedese Volvo ha dichiarato di “stare analizzando” gli sviluppi dell’indagine, mentre Stellantis ha dichiarato di “non supportare misure che contribuiscono alla frammentazione del mondo”.