L’ex presidente Donald Trump ha avuto un colloquio virtuale dalla sua residenza di Mar-A-Lago con un agente di sorveglianza del tribunale di New York prima della condanna dell’11 luglio da parte del giudice Juan Merchan.
Una prassi normale a conclusione del processo in cui è stato riconosciuto colpevole dei 34 capi di accusa per aver falsificato i bilanci finanziari della sua organizzazione, per nascondere il pagamento a una pornoattrice con cui aveva avuto una relazione anni prima e che voleva raccontare la vicenda a pochi giorni dalle elezioni del 2016. Un pagamento in nero per evitare uno scandalo politico che lo avrebbe danneggiato. Quindi un finanziamento illecito alla sua campagna elettorale.
La persona che ha condotto l’intervista era una donna che ha esplorato, secondo prassi, la storia sociale, finanziaria e criminale dell’imputato per valutare la libertà vigilata di cui potrebbe godere. Tra le domande che di solito vengono poste in questi colloqui gli è stato chiesto se frequenta persone con precedenti penali perché non può associarsi con loro e se si è pentito per le azioni commesse.
Per il colloquio è stata usata una speciale rete virtuale con misure di sicurezza aggiuntive ed era presente anche l’avvocato di Trump, Todd Blanche, che è un’anomalia per queste interviste.
La squadra di difesa di Trump dovrebbe presentare la propria raccomandazione sulla sentenza il 13 giugno. Il colloquio rientra nelle procedure giudiziarie. L’ex presidente è stato riconosciuto colpevole dalla corte di New York di tutti e 34 i reati legati alla falsificazione di documenti finanziari per nascondere uno scandalo sessuale.

Il funzionario ha fatto una serie di domande a Trump per compilare il rapporto da inviare al giudice.
Il rimorso – o la sua mancanza – gioca un fattore importante nel determinare la pena che gli verrà imposta. Trump non ha aiutato la sua causa dopo il verdetto di colpevolezza, scagliandosi con rinnovate offese contro il giudice e a volte apparendo come se stesse sfidando Merchan a condannarlo al carcere. Nel comizio di Las Vegas ha detto ai suoi sostenitori che sarebbe il suo “grande onore” andare in prigione per loro. E oltre alla mancanza di rimorso, il giudice dovrà anche prendere in considerazione le 10 volte in cui Trump è stato ammonito durante il processo per aver violato il suo ordine di silenzio.
Proprio sabato, la campagna elettorale dell’ex presidente ha rilasciato una nuova dichiarazione in cui insultava il magistrato, gli inquirenti e si impegnava a usare tutti i mezzi per ribaltare il verdetto.
Trump rischia fino a un massimo di quattro anni di carcere, ma considerata l’età, 77 anni, e la mancanza di precedenti penali, la pena potrebbe essere ridotta a un periodo di servizi sociali.
Per il giudice Merchan è anche difficile decidere come trattare l’ex presidente: un altro imputato non avrebbe mai ricevuto dieci ammonizioni in aula per non aver rispettato le sue direttive, ma sarebbe finito direttamente in prigione.
L’intervista pre-sentenza arriva circa un mese prima che Trump diventi il primo ex presidente degli Stati Uniti, e il primo candidato presidenziale di un grande partito, a essere mai stato condannato per un crimine.
L’intervista ha dato a Blanche la possibilità di evidenziare aspetti della vita di Trump, come la sua età, la mancanza di precedenti di arresto o i legami familiari, che potrebbero convincere il giudice Juan Merchan a pronunciare una sentenza più leggera.
Il rapporto pre-sentenza che il funzionario del tribunale presenta al giudice dopo il colloquio formulerà le raccomandazioni per la sentenza al giudice e potrebbe includere anche informazioni di altre persone coinvolte nel caso. Giovedì prossimo il District Attorney di Manhattan e gli avvocati difensori di Trump presenteranno le raccomandazioni al giudice per la condanna.
Esperti legali hanno espresso opinioni contrastanti sulla questione se i pubblici ministeri di Trump chiederanno una pena detentiva o se Merchan imporrà tale pena.
La condanna sta giocando un ruolo nella corsa per la Casa Bianca. Secondo l’ultimo sondaggio della Cbs, infatti, Joe Biden e Donald Trump sono testa a testa, sia a livello nazionale, dove il presidente ha il 49% contro il 50% dell’avversario, che negli Stati chiave dove le percentuali sono esattamente ribaltate. La rilevazione indica che la sentenza di colpevolezza nei confronti del dell’ex presidente non ha cambiato molto gli equilibri tra gli iscritti ai partiti, mentre ha reso gli indipendenti meno inclini, 57%, a votare per un candidato con una condanna penale. Per l’81% degli intervistati è l’economia la più grande priorità, seguita dall’inflazione, lo stato della democrazia, il crimine, il confine tra Messico e Stati Uniti. Per il 54% dei sostenitori di Biden, invece, la principale ragione per votare per lui è l’opposizione a Trump e non tanto la fiducia nei suoi confronti e soltanto il 27% dichiara di apprezzare il commander-in-chief.