21.900 miliardi di dollari, dieci volte il PIL dell’Italia.
È questa l’impressionante cifra spesa dagli Stati Uniti in contributi alla NATO dalla sua fondazione, secondo l’ultimo rapporto annuale Defense Expenditure of NATO Countries.
Il maxi-investimento, compiuto nell’arco di 75 anni, non si riferisce solamente ai trasferimenti diretti di denaro all’Alleanza Atlantica, ma più generalmente alle spese militari nazionali che sostengono le ambizioni strategiche globali della NATO e la preparazione operativa di quest’ultima. In sostanza, all’acquisto di attrezzature, al miglioramento delle infrastrutture e alle spese per il personale militare nazionale.
Solo lo scorso anno Washington ha speso in difesa circa 860 miliardi di dollari, equivalente al 3,49% del suo PIL nazionale e al 68% del budget complessivo dei Paesi NATO (che ammonta a 1.200 miliardi). A partire dallo scorso anno, peraltro, gli USA hanno perso lo storico primato di Paese che destina maggiori risorse del PIL in difesa – superata dalla Polonia, che impaurita dai venti di guerra in Ucraina ha investito in sicurezza il 3,9% del suo prodotto interno lordo.
Percentuali nettamente superiori alla soglia minima del 2% stabilita – come linea guida – dal Defense Investment Pledge firmato dai 30 alleati nel 2014. Oltre a Varsavia e Washington, a rispettare il parametro sono attualmente Grecia (3,01%), Estonia (2,73%), Lituania (2,54%), Finlandia (2,45%), Romania (2,44%), Ungheria (2,43%), Lettonia (2,27%), Regno Unito (2,07%) e Slovacchia (2,03%).
Rimangono invece di sotto dell’obiettivo minimo Francia (1,9%), Montenegro (1,87%), Macedonia del Nord (1,87%), Bulgaria (1,84%), Croazia (1,79%), Albania (1,76%), Paesi Bassi (1,7%), Norvegia (1,67%), Danimarca (1,65%), Germania (1,57%), Repubblica Ceca (1,5%), Portogallo (1,48%), Italia (1,46%), Canada (1,38%), Slovenia (1,35%), Turchia (1,31%), Spagna (1,26%), Belgio (1,26%), e Lussemburgo (0,72%).