Che batosta per la presidente del consiglio Giorgia Meloni e per il suo candidato a guidare la regione Sardegna, Paolo Truzzu. A fine spoglio il risultato è amaro e ribalta tutte le previsioni dell’inizio della campagna elettorale: la Sardegna sarà guidata per i prossimi cinque anni da Alessandra Todde del Movimento 5 Stelle, che è alla testa di una coalizione di cui fanno parte il Partito Democratico, Verdi, Sinistra e alcune liste civiche. È l’alleanza definita il Campo Largo.
Era appena cominciato lo scrutinio delle schede (è stato ancora una volta lentissimo per la disorganizzazione della Regione) che già da destra hanno cominciato a balbettare giustificazioni per addossare la sconfitta alle politiche sballate del governatore uscente, il leghista Christian Solinas, che aveva portato in dono alla Lega di Matteo Salvini il Partito Sardo d’Azione. È stato il deputato di Fratelli d’Italia Salvatore Deidda, considerato la longa manus di Giorgia Meloni in Sardegna, ad addossare la responsabilità della sconfitta sul presidente uscente: «Paghiamo il fatto che in 5 anni non abbiamo governato brillantemente».

Certo, la barriera di difesa di Fratelli d’Italia non potrà essere a lungo quella di scaricare ogni responsabilità sugli alleati. Perché è stata Giorgia Meloni in persona a volere a tutti i costi Paolo Truzzu a capo della coalizione di destra-centro opponendosi a Salvini che voleva la riconferma dello screditato Solinas. Ed è dunque lei a portare la responsabilità maggiore delle scelte fatte per questo voto che inaugura una serie di competizioni elettorali che avranno il culmine nelle elezioni europee di giugno. Ci saranno ripercussioni a livello nazionale del voto in Sardegna? Assolutamente sì, forse non saranno immediatamente visibili ma i problemi sollevati da questo risultato penetreranno profondamente nel corpo politico della maggioranza e potranno avere l’effetto della ruggine rendendo sempre più difficile il funzionamento della coalizione guidata dalla Meloni.
Innanzitutto, Giorgia Meloni dovrà pensare bene se presentarsi in futuro al tavolo delle trattative con la sfida o il mio candidato o vado da sola. Ha vissuto la tipica sindrome del Marchese del Grillo che s’affacciava alla finestra del suo palazzo e gridava al popolo “io so’ io e voi non siete un c….!” Ed alla fine ha raccolto una sconfitta che è tutta intitolata a lei. Un brutto passo falso per chi sogna di guidare il paese per i prossimi 4 anni e di far approvare una riforma costituzionale – il premierato – concepita e scritta per rinnovare in futuro la sua leadership.

Tutto da vedere, dunque, quali saranno le sue reazioni e se questa sconfitta le porterà consiglio oppure se accentuerà i difetti che ha mostrato in questa occasione. Molti problemi verranno poi da Matteo Salvini il segretario della Lega. Non solo ha perso la battaglia pre elettorale dovendo indietreggiare sul candidato Solinas che non vantava neanche decenti risultati di governo e che ha collezionato varie inchieste giudiziarie a suo carico. Ma essendo arrivato terzo nella sfida interna al centro-destra, vedrà sempre più in bilico la sua leadership.
Probabile reazione sarà quella di premere l’acceleratore su parole d’ordine sempre più estremiste e sovraniste. Ovviamente, appare impensabile che la sconfitta possa creare fibrillazioni così forti da mettere in discussione la tenuta del governo. Ma sicuramente vedremo tante piccole storie di dispetti, agguati e tranelli all’interno della coalizione governativa. A causa dei quali si può innescare un processo che, senza rendersene conto, porta dritto al corto circuito del governo intero. Il voto in Sardegna porta con sé anche dei possibili cambiamenti nell’area dell’opposizione. Intanto, conferma la inconsistenza politica dei piccoli partiti (Italia Viva e Azione) che sognano di ricostruire il grande centro, ma in realtà vivono per la sopravvivenza dei loro striminziti gruppi dirigenti dotati soprattutto di un super ego.
Così come, a livello locale, segna la fine politica di Renato Soru, imprenditore sardo che ha guidato la Regione all’inizio del Secolo con una giunta di sinistra e che si è intestardito a volersi comunque presentare non comprendendo che c’è un tempo per tutto e che su di lui pesa (nell’area della sinistra) l’aver distrutto quel che rimaneva dello storico quotidiano comunista L’Unità. La vittoria di Alessandra Todde, che dei 5 Stelle è stata parlamentare per due volte e vice ministra ed ha alle spalle una carriera da imprenditrice di successo in Italia e all’estero, mette il turbo al desiderio di Giuseppe Conte, il segretario del 5 Stelle, di presentarsi sulla scena dell’opposizione come il numero uno del Campo Largo.
Ma questa vittoria aiuta anche la segretaria del Partito Democratico Elly Schlein a presentarsi come colei che scegliendo l’alleanza con M5S ha tolto al destra-centro una regione nel risiko della potere politico. Questo risultato metterà sulla difensiva, sia le correnti del Pd che vedono come il fumo agli occhi l’alleanza con il M5S, sia gli estremisti del partito di Conte che vedono come primo degli avversari proprio il Pd. Ma aumenterà a dismisura il confronto Conte-Schlein. Che non è un buon segno!