Domenica 25 febbraio si aprono le urne in Sardegna per rinnovare presidente e consiglio regionale. Questo sarà il primo di una serie di test elettorali per il governo e la coalizione guidata da Giorgia Meloni. Primo di una serie di appuntamenti, il cui apice sarà raggiunto la prima settimana di giugno con le elezioni europee. A questa scadenza sarda il governo di destra-centro della Meloni è arrivato a fatica a causa del lungo braccio di ferro sulla scelta del candidato presidente: la Lega voleva confermare l’uscente Christian Solinas, ma alla fine Fratelli d’Italia ha imposto il suo candidato, Paolo Truzzu, sindaco di Cagliari.
Quest’ultima settimana di campagna elettorale sarà all’insegna della fibrillazione continua. La ragione? Il sito giornalistico Dagospia ha lanciato la notizia di un sondaggio riservato che invertirebbe tutti i precedenti test dando in testa (45 per cento circa) la candidata dell’alleanza Partito democratico-M5S-liste civiche e di sinistra, Alessandra Todde; al secondo posto Truzzu (42,5) e al terzo l’ex Pd Renato Soru (11). Ovviamente, essendo vietato dalla legge diffondere i sondaggi elettorali nelle due ultime settimane di campagna, nessuno ha confermato o smentito ufficialmente la notizia, perché farlo – in un senso o nell’altro – avrebbe comunque rivelato la tendenza degli elettori.
Se così fosse, Giorgia Meloni non sarebbe più sulla cresta dell’onda e il desiderio di fare man bassa di voti alle europee superando con Fratelli d’Italia la magica soglia del 30 per cento potrebbe rivelarsi un sogno che svanisce all’apertura delle urne. Così come, sfumerebbe l’idea di chiamare gli elettori al plebiscito sul nome di Giorgia Meloni se lei decidesse di presentarsi capolista in tutte le circoscrizioni alle elezioni europee.
Del resto, gli ultimi mesi di governo sono stati caratterizzati da tre elementi precisi: tanti annunci e pochi risultati; litigiosità crescente nella coalizione dei destra centro Fratelli d’Italia-Lega- Forza Italia; un interesse quasi morboso a occupare qualsiasi poltrona disponibile seguendo lo slogan “adesso tocca a noi”.
Inoltre, la pianificazione degli atti di governo sembra concentrarsi maggiormente su questioni divisive e non legate ai progetti di sviluppo dell’economia del paese. La Lega strilla per portare a compimento la cosiddetta autonomia differenziata, Fratelli d’Italia il progetto costituzionale secondo il quale il capo del governo sarebbe eletto direttamente e non nominato, sulla base dei risultati elettorali, dal presidente della Repubblica.
A fronte di questi obiettivi che sono fonte di aspre critiche e nette divisioni in Parlamento e nella società, ci sono le previsioni economiche, con in testa le ipotesi di crescita largamente sotto le aspettative e tali da non fare pensare a grandi possibilità di incidere sui problemi del Paese, a cominciare dallo stellare debito pubblico, la catena che impedisce ormai da troppo tempo di pensare a veri grandi progetti di sviluppo e costringe i governi a tamponare i problemi di bilancio sapendo bene che soldi per grandi progetti non ce ne sono.
Così, se fondato, il gossip di Dagospia sulla tendenza elettorale in Sardegna contraria al governo in carica, riapre gli scenari sulla competizione tra destra-centro da una parte, e dall’altra la litigiosa coalizione di forze che dovrebbe rappresentare l’opposizione. E sono una spina nel fianco ai sogni di gloria di Giorgia Meloni che fino a ieri non solo si considerava insostituibile sul ponte di comando della Nave Italia, ma anche in crescita inarrestabile.