Polemiche sull’antisemitismo, tanta tecnologia e anche soldi dietro la visita di Elon Musk in Israele. Il magnate proprietario di X è arrivato a Tel Aviv per due giorni e sotto la pioggia, accanto al primo ministro Benjamin Netanyahu, ha effettuato un tour del kibbutz Kfar Aza, uno di quelli che ha subito le perdite più pesanti nell’attacco del 7 ottobre ad opera di Hamas.
Musk è stato bersagliato di accuse di antisemitismo nelle ultime settimane, dove aver avallato con il commento “È proprio così” il tweet di un utente di X che criticava Israele in quanto violento nella sua rappresaglia su Gaza, ma soprattutto adombrava la tesi della sostituzione etnica – che gli ebrei metterebbero in atto in Occidente tramite migranti.
Una visita dunque che avviene nel pieno di una bufera: in seguito a quel commento di Musk, numerose grandi aziende americane (da Apple a Disney a Coca Cola) hanno congelato le loro pubblicità sulla piattaforma (secondo documenti interni letti dal New York Times, potrebbe significare per X una perdita di 75 milioni di dollari di introiti pubblicitari entro fine anno).
Netanyahu già in settembre, in una visita in California alla fabbrica della Tesla, aveva invitato Musk a controllare l’antisemitismo sull’ex Twitter, e i leader israeliani, compreso il presidente Herzog, sottolineano che nei loro incontri con il mega imprenditore tecnologico solleveranno l’ostico tema. Il premier ha mostrato a Musk prove dell’efferata crudeltà dell’assalto di Hamas, e il magnate ha parlato con il leader del consiglio regionale di Shaar Hanegev e con un portavoce dell’esercito.
Una visita di redenzione, verrebbe da dire. Ci sono però anche faccende d’affari da sistemare, prima fra tutte l’uso in Israele di Starlink, la costellazione di satelliti che SpaceX, l’azienda aerospaziale di Musk, sta costruendo per l’accesso a internet satellitare globale in banda larga a bassa latenza.
Il mese scorso, Musk aveva dichiarato che Starlink avrebbe potuto fornire a Gaza l’accesso a Internet aiutando la Striscia a connettersi con “organizzazioni umanitarie internazionalmente riconosciute”. Il ministro per le Comunicazioni israeliano Shlomo Kahri aveva replicato che Hamas lo avrebbe usato per le sue attività terroristiche.
Ora Musk, a quanto pare, ha promesso che questi satelliti “potranno essere operati in Israele, inclusa la Striscia di Gaza, solo con l’approvazione del ministero israeliano per le Comunicazioni”: così recita il comunicato di Kahri, che si “congratula con Elon Musk per aver raggiunto questo accordo di principio”. In altri termini i satelliti saranno preclusi alla Striscia di Gaza e ai palestinesi.
Kahri ha aggiunto puntutamente di sperare che in questa visita Musk “ottenga utili informazioni” che servano “come trampolino per futuri progetti oltre a rafforzare la sua relazione con il popolo ebraico e coi valori che condividiamo col mondo intero”.
E Musk? In un post su X ha scritto “Le azioni sono più eloquenti delle parole” (presumibilmente, le azioni di Hamas) e in una conversazione su X Spaces (live chat della piattaforma) con Netanyahu, ha detto che è stato “molto scosso vedendo la scena del massacro”.